La mia generazione ha visto nascere il fenomeno Videogames. Ho iniziato a frequentare le sale giochi in tenera età, accompagnato da mio padre. Introducevo le monete da 100 o 200 lire, o i gettoni, e mi immergevo in quei giochi che i miei coetanei sicuramente ricordano: Space Invaders, Pacman, Snake, Poleposition.
Ho assistito attivamente alla nascita del fenomeno home computer. Gli home computer erano quelle macchine che i genitori regalavano ai propri figli “per studiare”. Allora si diceva così, ma in che modo gli home computer potessero essere utilizzati “per studiare”, in assenza di internet e di software apposito, nessuno l’ha mai capito. In realtà qualcuno, tra i quali il sottoscritto, alla fine il computer lo usava davvero per crearci qualcosa di utile a livello didattico. A 12 anni programmai in MSX-BASIC (sono uno dei rari freack a NON aver avuto un commodore 64 o uno ZX Spectrum) un software con “dentro” tutte le formule della geometria solida che un bambino di 12 anni poteva conoscere. Per il resto, decine di cassette (quali CD?, quali Floppy?) con dentro intere compilation di videogames. Il 3D ancora non esisteva, se non in fase embrionale. Qualcosa di simile al 3D erano la grafica “isometrica” e quella “vettoriale”. I giochi erano fatti di sprite, ed erano molto simili a quelli dei primi cellulari java, quando erano fatti bene.
Compiuti i 15 anni, per uno strano gioco del destino, persi interesse nell’informatica (proprio quando iniziavano ad affermarsi le interfacce grafiche, i processori multi task e i colori visualizzabili non erano più soltanto 16, 64 o, per pochi fortunati, 256) e spostai la mia attenzione verso “altre cose”…
Per quanto mi riguarda il capitolo Videogames era quasi del tutto chiuso. Ogni tanto accendevo il Sega Master System o il Game Gear, ma l’adolescenza era andata via del tutto e così mi ritrovai negli anni 90 con la passione per l’informatica che si faceva nuovamente sentire.
A 20 anni comprai il mio primo PC, un 486 sx della packar bell con scheda grafica integrata della cirrus logic. Non disdegnavo qualche partita con questo o quel videogame rigorosamente piratato, ma non si trattava di passione vera e propria. Un passatempo e niente più. Fino a che non mi capitò Doom tra le mani. Doom non era un videogioco, era un’esperienza. Per un po’ la passione si riaccese, toccando l’apice con i vari Tomb Raider, Max Payne e War Games Assortiti, fino ad affievolirsi e sparire del tutto nei primi anni dello scorso decennio.
Nel frattempo l’informatica era diventata il mio lavoro. Nella mia lista delle passioni preferite internet e cellulari avevano preso il posto dei videogames. Di conseguenza i computer super pompati con scheda grafica ultra potente e overclock vari vennero sostituiti da innocui notebook da lavoro.
All’uscita della Playstation 3 pensai che se mai avessi deciso di spendere un po’ del mio tempo con i videogames, quella sarebbe stata la mia console… Tuttavia lasciare passare del tempo. La mia vita privata era, ed è, piena di altre priorità.
L’anno scorso compro un televisione full HD, l’impianto Dolby DTS già ce l’avevo, ed entro nel modo dell’alta definizione grazie a Sky (sottoscrivo tra l’altro il servizio my sky). L’HD riesce a entusiasmarmi. Penso che anche i videogames in full hd devono essere qualcosa di spettacolare. Un parente mi fa giocare alcune partite con una Xbox 360 e, siamo a natale 2009, mio figlio vede in un ipermercato il gioco Wall-e per PS3 in offerta. Babbo mi compri quello?
E così mi ritrovo con una playstation 3 slim collegata al resto del mio impianto multimediale. E mi ritrovo a passare ore a uccidere nemici (virtualmente parlando, ovvio) risolvere enigmi e immergermi in quelle sempre più coinvolgenti realtà virtuali.
A 36 anni.
Che c’è di male?