Questo racconto istantaneo è stato scritto durante l’offensiva russa in Ucraina, nella seconda metà di marzo 2022.
Il nemico pensava di poter vincere la guerra in pochi giorni. Gli avversari al contrario avevano opposto una strenua resistenza, grazie anche all’utilizzo delle armi fornite dai paesi non belligeranti, e alle tante milizie, più o meno regolari, più o meno mercenarie, che si erano trasferite in forze nel paese amico.
Tutto bene quindi? Non proprio…
Il motivo per cui il nemico non era riuscito a espugnare le forze avversarie dipendeva dall’aver mobilitato un numero esiguo di risorse rispetto a quelle di cui in realtà poteva disporre. Mezzi e uomini se ne stavano in attesa nelle retrovie, insieme a un ricco arsenale di armi di distruzione di massa. Armi che, se messo alle strette, il pericoloso capo delle forze occupanti avrebbe potuto autorizzarne il dispiegamento, con calcolato cinismo. D’altra parte avevano già fatto ricorso alle armi termobariche e ai missili ipersonici, mentre il passo successivo poteva consistere nell’utilizzo di ordigni nucleari tattici, rispetto ai quali le armi convenzionali non erano altro che dei petardi bagnati.
L’anziano Presidente, in posizione eretta dietro la massiccia scrivania in quercia, appoggiò le mani sul piano, guardò in basso per qualche secondo e poi tirò su il capo, fissando a uno a uno tutti i suoi collaboratori.
– Dobbiamo fare una scelta, – disse in tono solenne e rassegnato. Tossì brevemente, si schiarì la voce e riprese: – Non possiamo continuare a supportare indirettamente il nostro alleato. È vero: sembra si stiano difendendo con coraggio e determinazione, ma se iniziassero a riconquistare i territori persi, il nemico reagirebbe schierando sempre più truppe, sempre più mezzi e intensificando pesantemente le incursioni dei cacciabombardieri. Sarebbe una carneficina. A quel punto noi dovremmo intervenire direttamente, proclamando una No Fly Zone, come ci hanno già chiesto più volte, e intensificare le operazioni sotto copertura, col rischio di un’escalation inarrestabile. Dobbiamo chiedere ai nostri amici di arrendersi e provare a negoziare la sconfitta, cercando di ottenere il massimo.
– Non si arrenderanno mai, – Intervenne un consigliere: – e la popolazione si dividerà tra profughi in uscita dal paese e combattenti pronti a ingrossare le file della resistenza.
– Allora dobbiamo essere più cinici. Dovremmo far capire al nemico che non interverremo nel caso decidessero di radere al suolo una delle città occupate, dove la resistenza è più attiva. A quel punto gli occupati potrebbero iniziare a considerare la resa, e noi ci impegneremo a favorire i negoziati. Non abbiamo altra scelta.
– E se il nemico travisasse il messaggio e si sentisse autorizzato a usare un numero limitato di ordini nucleari? – Chiese uno dei consiglieri.
– Purtroppo non potremmo impedirglielo militarmente: le conseguenze sarebbero devastanti. D’altra parte, per loro sarebbe facile accusarci di averlo già fatto, una volta…
I consiglieri obiettarono che il nemico a quel punto avrebbe impiegato le armi nucleari ogni volta che si fosse trovato in difficoltà, non una soltanto, e sarebbe stato impossibile impedirglielo, se non intervenendo direttamente nel conflitto.
Avrebbero trovato un accordo, rispose il Presidente, che avrebbe impedito all’alleanza di continuare ad allargarsi a Est: uno dei motivi principali per cui il nemico si era sentito autorizzato a iniziare le operazioni belliche. Inoltre, le sanzioni sarebbero state rese facilmente aggirabili grazie all’intermediazione dei loro alleati orientali. Infine, al cessare delle ostilità si sarebbero seduti tutti al tavolo della pace e discusso le regole per impedire in futuro qualsiasi tipo di escalation.
Non ci fu bisogno di mettere la decisione ai voti.
La proposta fu recapitata al nemico, che nel frattempo aveva perso altri uomini e mezzi, e come reazione aveva fatto avanzare pesantemente le retrovie e intensificato i bombardamenti.
La risposta arrivò poco dopo, a stretto giro, tramite un messaggio testuale sullo schermo del terminale adibito alle comunicazioni dirette tra le due superpotenze.
L’allarme risuonò pochi secondi dopo. Nella sala irruppero gli uomini della sicurezza. In due afferrarono di peso l’anziano Presidente, mentre lui allibito continuava a ripetere quelle due parole, lette sullo schermo: – Troppo tardi… troppo tardi…