Mettendo da parte le ovvie considerazioni politiche (in molti questi giorni stanno esprimendo, con cognizione di causa, la propria opinione, e questo blog non aggiungerebbe niente alla verità che finalmente sta emergendo), vorrei soffermarmi sulla performance di Daniele Luttazzi a Raiperunanotte.
Ebbene, ci voleva proprio.
Erano anni, otto per la precisione, che a causa di un suo presunto uso criminoso del mezzo televisivo era stato relegato ai margini dell’arena mediatica. Luttazzi è uno dei più grandi autori di satira in circolazione, dotato com’è di un eloquio brillante, di un’intelligenza pungente e di una cultura enciclopedica. Tenerlo lontano dalla televisione è stato un vero delitto, uno dei tanti. Come lo è per Sabina e Corrado Guzzanti. Come lo è per Beppe Grillo prima di loro. Si vede che Daniele Luttazzi ha sofferto e ancora soffre questa situazione. Soffermarsi sul fatto che abbia, per così dire, incitato all’odio è fuorviante, nonché pretestuoso. Per quale motivo non dovrebbe farlo? Lasciando perdere il fatto che sia giusto o sbagliato (forse è sbagliato, forse il destinatario dei suoi attacchi trae forza da queste posizioni), quali sentimenti dovrebbe avere uno a cui da otto vengono sbarrate le porte della TV generalista. Uno il cui unico delitto (o per lo meno il più grave) è quello di aver intervistato in tempi non sospetti un ancora pressoché sconosciuto Marco Travaglio. Dovrebbe Amare?