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Nicola Skert, Hitorizumo

Provo una certa difficoltà a recensire questo romanzo. Primo: perché mi è capitato di scambiare qualche parola con Nicola Skert via Facebook, e questa seppur risicatissima conoscenza rischia di compromettere il mio giudizio (sono fatto così…). Secondo: perché ho fatto una gran fatica ad arrivare alla fine del romanzo, ma gli ultimi capitoli valgono da soli l’intera lettura. Terzo: perché l’idea alla base della storia è ottima, e alcune trovate sono davvero geniali. Purtroppo però devo dire che alcuni difetti (o quelli che io soggettivamente reputo tali) rischiano di rovinare il tutto.
E parliamo subito di questi difetti, che poi stringi stringi è uno soltanto: i dialoghi. Troppo innaturali, artificiosamente brillanti, ricchi di battute spiritose ma che non fanno ridere, che vorrebbero essere cinici o sarcastici, senza riuscirci, anzi, che sembrano presi dalle pubblicità alla TV per quanto paiono forzati.
Peccato, perché al netto di questo grave difetto (e di qualche refuso qua e la), il romanzo è scritto davvero bene, e molte descrizioni vengono rese in maniera magistrale, anche se la soglia tra il racconto e lo spiegone viene lambita in più di un’occasione (senza peraltro mai tracimare in infodump logorroici).
La storia: improvvisamente la Terra piomba nel buio. Un buio impenetrabile e apocalittico, per il quale non esiste apparentemente una spiegazione scientifica. Un’oscurità sinistramente preannunciata da misteriose ombre che furtivamente, senza mai rivelarsi del tutto, sfiorano il campo visivo dei protagonisti.
Presto l’umanità si troverà a combattere contro il gelo polare dovuto al brusco calo termico, la totale assenza di luce e energia, gli incendi, i fumi tossici e le bande di gente comune in preda al panico o, peggio, a una incontrollabile follia omicida.
Paolo, un giovane meteorologo accompagnato dal suo amico Mirco, cercherà di raggiungere sua moglie Angela e il loro figlio Giulio, barricati tra le mura domestiche insieme a Luca, un amico e vicino di casa reso psicologicamente instabile dall’improvvisa scomparsa della luce. Sarà un viaggio difficile, pericoloso e drammatico, ma dopo il ricongiungimento qualcosa cambierà…
Basta, il rischio di rovinare la sorpresa nel lettore che si appresta a leggere Hitorizumo è alta, pertanto mi limito a dire che la trama non è soltanto quella da me sommariamente riportata. È altro, molto altro.
Un romanzo da leggere, e soprattutto da finire. Fidatevi.

PS: In appendice al romanzo vengono riportati alcuni studi scientifici che sviluppano l’ipotesi alla base del racconto, ossia l’improvviso spegnimento (o oscuramento) del sole. Purtroppo non si tratta di articoli divulgativi, e alla seconda equazione ho iniziato a perdere il filo. Peccato, perché l’argomento è interessante, ma per come viene trattato sembra rivolto a studiosi e accademici, non a appassionati di narrativa fantastica.

The Master (film 2012)

Trovandoselo tra le mani in concomitanza del tragico decesso di Philip Seymour Hoffman, Sky ha mandato in onda in questi giorni il film The Master, scritto, diretto e prodotto da Paul Thomas Anderson e con protagonista, oltre al già citato PSH, Joaquin Phoenix.
Il Film “dovrebbe” essere ispirato alla vita del fondatore di scientology L. Ron Hubbard. Dico “dovrebbe” perché se questa cosa non la sai o non te l’ha detta nessuno, è sicuro che da solo non ci arrivi. Ora, pur non conoscendo per filo e per segno la biografia del santone/scienziato/scrittore di SF americano, è chiaro che nel film manca qualcosa che dovrebbe farti capire dove si vuole andare a parare. Sembra si parli di uno psicanalista mezzo schizzato, e della sua famiglia altrettanto sbrindellata, che se ne va in giro per il mondo a fare proseliti, senza poi ottenere chissà quale successo.
Nessuno riferimento alla dyanetica (se non in modo molto indiretto, laddove vengono esposte delle pratiche psicoterapeutiche completamente fuori di testa), o alle sue teorie pseudo scientifiche/fantascientifiche, ne tantometo alla rigida struttura gerarchica della “chiesa” di scietology…
Altrettanto ambigua, priva di spessore e totalmente campata per aria la figura di un Joaquin Phoenix con paresi facciale permanente. Una sorta di troglodita fissato per il sesso che sviluppa una dipendenza morbosa nei confronti Lancaster Dodd (l’alter ego di Hubbard), fondatore de “La Causa”.
Insomma, non sto a tirarla per le lunghe perché il film sembra più che altro una raccolta di “spunti e appunti”: impressione già avuta prima ancora di leggere su wikipedia che la trama è “stata parzialmente ispirata dal personaggio di Lafayette Ron Hubbard, fondatore di Scientology, ma anche da scene inutilizzate della prima stesura de Il petroliere, da storie che l’attore Jason Robards aveva raccontato ad Anderson riguardo ai suoi giorni in marina durante la guerra, e dalla vita di John Steinbeck”.
Ho apprezzato tutti gli altri film di P. T. Anderson, da Boogie Nights a Il petroliere, passando per Magnolia e per il bellissimo Ubriaco d’Amore, ma l’impressione rimasta dopo aver assistito a questo The Master è quella d’essermi sorbito per più i due ore una boiata pazzesca come non ne vedevo da anni.
Cocente delusione.

Tullio Avoledo – L’Ultimo Giorno Felice

Opera minore di Tullio Avoledo, L’Ultimo Giorno Felice è un breve romanzo noir incentrato sulle vicende di un tipico personaggio “avolediano”.
In questa storia Avoledo mette da parte la fantascienza per concentrarsi su un tema ecologico dalla scottante attualità: quello delle ecomafie.
Il protagonista è il solito piccolo borghese che attratto da facili guadagni mette da parte la propria coscienza “di sinistra”. Ma le conseguenze dei suoi gesti avranno un risvolto estremo e drammatico.
Come in tutti i romanzi di Avoledo è presente il tema del tradimento coniugale, anche questa volta consumato non per disinteresse nei confronti della moglie, seppur l’autore tenda a dare questa giustificazione, ma per dar sfogo ad una palese voglia di rincorrere una giovinezza ormai perduta.
Altre figure tipiche sono quelle del “Guru” anziano, in questo caso sdoppiato tra la figura del padre e dello zio, e del cattivo di turno, prima affascinante e poi senza scrupoli.
Con Avoledo si ha l’impressione di leggere sempre lo stesso romanzo. Ma questo non è necessariamente un problema, anzi: si tratta pur sempre di un’ottima lettura.

Cormac McCarthy – Figlio di Dio

Lester Ballard non è il “solito” serial killer. Niente a che vedere con i tanti Hannibal Lecter colti, intelligenti, e diabolicamente affascinanti che troppo spesso caratterizzano i romanzi di genere. Lester Ballard è, molto semplicemente, un miserabile reietto, un rifiuto della società dalle pulsioni aberranti. Lester Ballard è un necrofilo, stupratore, assassino e cacciatore.
Non c’è niente di eroico in lui, niente di epico.
In questo romanzo McCarthy affronta ancora una volta un argomento a lui caro, quello della violenza senza senso, gratuita, immotivata, e per certi versi “filosofica”. Tra le pagine del libro emerge chiaramente il degrado di una certa provincia americana dove ignoranza, istinto e miseria regolano i rapporti umani… o disumani. Sembra quasi di avere a che fare con un romanzo apocalittico.
Facile da leggere, e anche per questo bellissimo, Figlio di Dio si regge su dialoghi scarni e intelligenti, resi bene dall’ottima traduzione.
È un romanzo di McCarthy, quindi consigliato.
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Stephen Webb – Se l’universo brulica di alieni… dove sono tutti quanti? Cinquanta soluzioni al paradosso di Fermi e al problema della vita extraterrestre

Argomento affascinante, affrontato senza nessuna concessione ad ipotesi pseudoscientifiche, cospirazioni o teorie del complotto.
Il titolo fa riferimento al celebre Paradosso di Fermi. Durante una conversazione tra scienziati riguardo alla possibilità che nell’universo altre civiltà abbiano sviluppato una tecnologia evoluta, Fermi avrebbe esclamato “Dove sono tutti quanti?”. Di fatto, considerando l’età dell’universo e l’inimmaginabile quantità di stelle e galassie, sembra impossibile non riuscire a scorgere la presenza di civiltà sufficientemente evolute da palesare la loro esistenza.
Qualcosa non torna.
Sthepen Webb illustra le 50 migliori soluzioni al paradosso di Fermi, tutte perlopiù di facile comprensione, utilizzando uno stile di scrittura leggero e divertente, da vero divulgatore. Avrei voglia di svelare la cinquantesima soluzione, formulata dallo stesso autore, e che condivido appieno. Ma nonostante non si tratti di un romanzo, ho la sensazione che commetterei un peccato, uno spoiler che toglierebbe al potenziale lettore il piacere di arrivare alla fine del libro.
Dico soltanto che si tratta della soluzione [attenzione: mezzo spoiler] più plausibile, e forse anche la più triste [fine spoiler]. E questa è scienza, non fantascienza…

Massimo Carlotto e Mama Sabot – Perdas de Fogu

Perdas de Fogu, Romanzo inchiesta scritto da Massimo Carlotto insieme al collettivo Mama Sabot, alla fine ti lascia con l’amaro in bocca. Tanto per iniziare, per essere un romanzo d’inchiesta sembra poco documentato. Si sa che al poligono militare di Perdas de Fogu, in Sardegna, si sperimentano armamenti di tutti i tipi. Si sa che intorno a questo poligono vengono conclusi un bel po’ di affari, leciti e illeciti. Si sa che molte persone hanno accusato patologie, a volte mortali, legate alla presenza del poligono.
Queste cose si sanno già, soprattutto in Sardegna, e da un romanzo d’inchiesta ci si aspetta un approfondimento, una qualche rivelazione scottante. Invece l’argomento sembra essere trattato superficialmente.
Un esempio concreto: nel romanzo viene coinvolto un certo politico, di cui non si fa il nome ma che è facilmente identificabile. Questo politico, parlamentare ed ex ministro con attuali incarichi istituzionali, ha un certo peso nella politica Sarda e, a quanto si dice nel romanzo di Carlotto e Mama Sabot, fa da garante per un comitato di industrie, aziende e militari (che viene definito il “combinat”) che fanno affari intorno al poligono di Perdas de Fogu. Un minimo di approfondimento avrebbe voluto che di questo politico si menzionasse la vecchia appartenenza alla P2 e gli strani rapporti con faccendieri sardi, membri della Banda della Magliana, portavoce di mafiosi di spicco e coinvolgimenti ambigui nel fallimento del Banco Ambrosiano e dell’omicidio Calvi. Di tutto ciò nel romanzo non se ne fa menzione.
Per il resto il romanzo si legge tutto d’un fiato, è ben scritto (si nota lo stile asciutto e cinico di Carlotto) e avvincente. I personaggi sono le solite “carogne” di Carlotto e non ci sono eroi e santi.
Una buona lettura dalla quale non bisogna spettarsi più di tanto.

Videoprova dell'HTC Touch HD

Il sito Telefonino.net pubblica la videoprova, suddivisa in due parti, del nuovissimo HTC Touch HD, distribuito in Italia da TIM. Ciò che questa recensione fa emergere in maniera abbastanza chiara è la relativa assenza di difetti nell’ultimo nato della multinazionale taiwanese. Molto buono lo schermo (non sarebbe male poter valutare una comparazione “all’aperto” con quello dell’iPhone), nonostante la limitazione del 65.000 colori imposta dal sistema operativo. Esteticamente ci troviamo di fronte a quanto di meglio possa trovarsi oggi sul mercato. Il sistema operativo, infine, sembra sufficientemente veloce e reattivo.
Quindi nessun difetto. A meno che non si voglia considerare tale la presenza di windows mobile 6.1, che nonostante l’interfaccia personalizzata in modo da favorire l’interazione con le dita, non permette ancora una user experience simile a quella di un iPhone o di un HTC Dream.

Recensione dell'HTC G1 Dream


Il sito Cellulari.it pubblica una lunga recensione del terminale di fascia alta HTC G1 Dream, universalmente conosciuto come il primo dispositivo ad utilizzare Android, il sistema operativo open source di casa Google.
L’articolo, benché dettagliato, aggiunge poco rispetto a quanto già si sapeva, e giunge a una conclusione simile all’idea che anche noi ci siamo fatti di questo dispositivo: è uscito troppo presto. Se HTC e Google avessero aspettato qualche mese, alcuni difetti sarebbero stati corretti e altre caratteristiche implementate (il player video ora assente, il bluetooth stereo, tecnologia d’insieme più evoluta). Per concludere: ottimo dispositivo, ma se ad uscire con Andorid fossero stati l’HTC Touch Pro o HD, bè, l’esito della guerra con l’iPhone sarebbe stato molto più incerto.

Unboxing e videoprova dell'HTC Touch HD

Il sito technophone.it ha pubblicato l’unboxing dell’HTC Touch HD brandizzato TIM. Tante le immagini pubblicate, pertanto vi consigliamo di dare uno sguardo all’articolo (qui). Dello stesso autore la videoprova sotto riportata, mentre ciò che ci sembra interessante segnalare sono le pesanti personalizzazioni derivanti dalla brandizzazione TIM, segnalate anch’esse dall’autore di technophone.it (qui l’articolo completo):

  • La mancanza del player standalone YouTube
  • L’ impossibilità di impostare una home page personalizzata del browser
  • La mancanza di un Wizard per le impostazioni di rete
  • L’ impossibilità di eliminare nel TAB programmi le applicazioni TIM
  • La non rotazione della tastiera QWERTY durante la scrittura dei messaggi ed Email

Inspiegabile l’ultimo punto, e abbastanza criticabili le altre scelte dell’operatore di telefonia mobile nostrano. Siamo sicuri che con un po’ di smanettamenti non sarà particolarmente difficile bypassare le pesanti personalizzazioni di TIM…

[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=jZ4LYsh4Hr8&rel=0&color1=0x402061&color2=0x9461ca&hl=it&fs=1]

Recensione e videoprova del Sony Ericsson C905

Il sito Telefonino.net pubblica recensione e video prova del C905, cameraphone con sensore da 8 Mpx di Sony Ericsson. Video e recensione sono completi e ben realizzati, come da tradizione di Telefonino.net, pertanto ci limitiamo ad aggiungere le nostre considerazioni.
Il dispositivo risulta buono un po’ in tutti i suoi aspetti. Ovviamente molto buona la fotocamera da 8 Mpx. Sarebbe interessante una comparazione con il Samsung Innov8, che sembra leggermente superiore nella qualità degli scatti.
Pregio è difetto di questo cellulare è l’assenza, rumorosa, di un sistema operativo evoluto. Tuttavia Sony Ericsson ha pensato bene di dotare il dispositivo di tutte le funzioni e i software necessari: GPS, Radio, lettori multimediali vari, giochi, interazione con l’accelerometro, ecc.
Insomma, un prodotto top di gamma costruito intorno a un sensore fotografico evoluto. Aggiungiamo che, finalmente, Sony Ericsson è riuscita a commercializzare un dispositivo evoluto in tempi brevi, a pochi mesi dalle prime indiscrezioni e spy shot. Speriamo che questo sia un buon viatico per il futuro e che non si debbano ripetere le infinite alle quali la casa nippo svedese ci ha abituato (come per l’Xperia X1 e per il fantomatico P5i Paris).

Fonte: Telefonino.net