Strano esperimento questo Furland®, di Tullio Avoledo. Mi è piaciuto? Direi che si lascia leggere. Ha dei difetti? Alcuni, a mio modo di vedere, ma trascurabili. Allora da cosa deriva questa mia perplessità? Forse dal fatto che dall’autore de La Ragazza di Vajont, Mare di Bering, L’Elenco Telefonico di Atlantide, Lo Stato dell’Unione e Chiedi alla Luce mi aspetto soltanto dei capolavori, e non dei divertissement di altro tipo. Tuttavia, a ben vedere, anche in Furland® troviamo alcuni ingredienti tipici della produzione Avolediana. La distopia, la tendenza a immaginare società totalitarie, la deriva fascista, personaggi forti e cinici e dalla moralità ambigua. Ingredienti che nel caso di Furland® virano verso il grottesco, la satira, l’invenzione letteraria.
La trama in breve: grazie a una sorta di colpo di stato indipendentista, organizzato da Vittorio Volpatti, un politico tanto visionario quanto reazionario, il Friuli ottiene l’indipendenza dall’Italia. Continua a leggere
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Tullio Avoledo – Chiedi alla Luce
Chiedi alla Luce, di Tullio Avoledo, è un romanzo bellissimo, giudizio che ho maturato gradualmente, soprattutto dopo aver superato le prime cento pagine, quelle che mi sono servite per metabolizzare una storia dalle tematiche che di primo acchito potevano sembrare vagamente fantasy. Chiedi alla Luce – titolo stupendo mutuato da un verso del poeta Ovidio, uno dei tanti personaggi che affollano il romanzo – invece parla d’altro.
Parla del male che alberga nell’animo delle persone, e di quella scintilla di umanità che a volte si può nascondere nel cuore del più spietato dei carnefici, per quanto tale concetto sia difficile da accettare. E di autori di carneficine, in questo romanzo, ce ne sono tanti: dalla manovalanza nazista dei campi di concentramento, ai boia seriali delle purghe staliniane. Dalle atrocità commesse durante l’assedio di Budapest, all’eccidio di Minsk e alla strage degli insorti della Comune di Parigi.
Il viaggio dell’Arcangelo Gabriele, l’Angelo Sterminatore incarnato tra fine del ventesimo e inizio del ventunesimo secolo nel corpo, nel cervello eroso dal cancro e nella psiche dell’archistar Gabriel, si snoda tra i luoghi delle carneficine di cui sopra. Viaggio geografico e temporale, tra Europa, Russia, Turchia e Penisola Arabica, e che finisce tra Pordenone e Venezia, in un continuo spostarsi tra i luoghi della memoria ormai compromessa di Gabriel, alla ricerca di una donna di cui soltanto alla fine conosceremo storia e destino, alle soglie di una fine del mondo che aleggia tra le pagine del libro come l’immagine di un evento incombente, mai del tutto a fuoco.
Romanzo caleidoscopico, ricco di rimandi, amnesie e situazioni grottesche: cani e gatti che parlano, zingari millenari dalle origine classiche, angeli nascosti tra i mortali, cantanti uxoricidi, compagni di viaggio logorroici, oggetti e opere d’arte che attraversano il tempo e lo spazio. E poi le donne, donne fatali, bellissime e sensuali come tutte le donne dei romanzi Avoledo, nelle quali in qualche modo si rispecchia e cerca conforto tutta la fragilità del protagonista.
Quasi cinquecento pagine velate da malinconia e pessimismo, di tanto in tanto intervallate da quel sottile e cinico umorismo che fa capolino tra i dialoghi, brillanti e veri, dei protagonisti.
Non mancano infine incursioni su tematiche care allo scrittore di Pordenone: l’amore per la musica, la tecnologia, la poesia, l’arte. Il tutto condito in salsa vagamente postmoderna.
La sparo grossa: Avoledo è uno dei migliori scrittori italiani, e spiace che in tanti ancora non se ne siano resi conto.