Attorno al 2003 un gruppo di persone provenienti da esperienze diverse misero insieme le proprie abilità per dare vita a un progetto alquanto singolare: la creazione di un androide dotato di intelligenza artificiale con le sembianze di Philip K. Dick. I principali partecipanti al progetto erano lo scultore David Hanson e gli informatici Art Graesser e Peter Olney. Il primo era attivo nel campo della robotica antropomorfa, mentre gli altri due si occupavano di programmazione e intelligenza artificiale. Il risultato fu la creazione di un androide dal volto sinistramente identico a quello di Philip Dick, che poteva interagire con le persone, conversare e rispondere alle domande in puro stile dickiano. Al progetto venne dato un certo risalto sia in ambito scientifico che a livello puramente mediatico, tanto che la cosa attirò l’attenzione di Google. Proprio durante un viaggio in aereo con destinazione Mountain View, in California (la sede di Google), la “testa”, ossia la componente principale e tecnologicamente più evoluta dell’androide, venne misteriosamente e definitivamente smarrita, mettendo così la parola fine al progetto. Continua a leggere
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Extinction, di Ben Young, con Michael Peña e Lizzy Caplan
No, non definirò questo film l’ennesima fantamerda prodotta da Netflix. Primo, perché alla fine il film lo si vede tutto, e non è difficile resistere alla tentazione di cambiare canale (o, meglio, interrompere lo streaming). Secondo, perché cerco sempre di evitare i giudizi tranchat, anche se talvolta la tentazione è forte.
Extinction è un B-Movie di genere fanta-apocalittico, impreziosito dalla presenza di un paio di attori celebri: Michael Peña e Lizzy Caplan. Per quanto i due siano relativamente famosi, la loro prova risulta perlopiù anonima. Peña mantiene la stessa espressione per tutto il film, e benché ciò potrebbe avere un senso dal punto di vista della sceneggiatura, non credo lui lo faccia apposta. Pure la Caplan risulta abbastanza inespressiva, e sembra costantemente impegnata a farci notare i suoi occhioni perfettamente truccati, anche sotto le bombe. Ma si sa: Peña sa interpretare discretamente soltanto il ruolo di soldato/poliziotto latinoamericano, mentre alla Caplan vengono bene le commedie. Sconosciuto Ben Young, il regista.
La storia parrebbe l’ennesima riproposizione del tema dell’invasione aliena, condita con un pizzico di parapsicologia e ambientata in un poco originale contesto urbano/apocalittico. Continua a leggere
Margaret Atwood, Il Racconto Dell’Ancella
Il Racconto dell’Ancella è un grande romanzo, considerato da molti e a ragion veduta un classico del genere distopico di matrice novecentesca. Volendo tracciare una sequenza cronologica dei più importanti romanzi specificatemene distopici* del secolo scorso, Il Racconto dell’Ancella segue il solco tracciato da Il Mondo Nuovo, 1984, Fahrenheit 451, e Arancia Meccanica. Ripeto: sequenza cronologica. Ognuno poi si faccia la propria classifica.
Io purtroppo ho avuto la sventura di leggere questo capolavoro dopo aver visto l’omonima serie tv su Tim Vision, interpretata dalla bravissima Elisabeth Moss, di conseguenza conoscevo fin troppo bene tutta la storia. La serie infatti rimane abbastanza fedele al romanzo originale, seppur con qualche “aggiunta”.
Poco male: leggere Il Racconto dell’Ancella rimane comunque un’esperienza appagante. Rispetto agli altri romanzi SF di Margaret Atwood che mi è capitato di leggere, nel Racconto dell’Ancella manca l’ironia, caratteristica importante della cifra stilistica della Atwood, anche se a volte sembra trapelare tra le righe un sottile sarcasmo, soprattutto quando pare evidente che l’autrice canadese parli della società futura con l’intento di muovere una forte critica ai costumi contemporanei. A parte questo, si tratta di un romanzo visivamente potente, scritto alla perfezione e ottimamente tradotto in italiano. Continua a leggere
Ernest Cline, Ready Player One
Articolo scritto originariamente il 24 settembre 2014 e oggi, 20 marzo 2018, rivisto, attualizzato e riproposto.
Tanto per mettere subito le cose in chiaro: dopo aver letto Ready Player One si ha l’impressione di aver avuto a che fare con un megaspiegone galattico di 640 pagine. Per gli addetti ai lavori (non che io lo sia) lo spiegone è Il MALE, e lo è sia in ambito narrativo, dove può non essere semplice farne a meno, sia in ambito cinematografico, dove invece le immagini dovrebbero raccontare tutto, o quanto basta. Come avrebbe detto il buon Villaggio, dicesi spiegone o infodump quella spiegazione, solitamente lunga e pedante, che molti scrittori non molto attenti alla tecnica (indipendentemente dal fatto che riescano o meno ad avere successo) usano per illustrare senza troppe complicazioni sia il contesto storico, sociale e culturale nel quale è ambientata la storia, sia l’antefatto dal quale prendono il via le vicende narrate. Questo è il difetto numero uno di Ready Player One. Continua a leggere
Andy Weir, Artemis
Con L’Uomo di Marte/Sopravvissuto, l’allora sconosciuto Andy Weir fece il botto, trasformando un divertente romanzo di hard science fiction auto pubblicato, in un best seller assoluto tradotto in tutte le lingue, con tanto di trasposizione cinematografica a opera di (niente po’ po’ di meno che) Ridley Scott. Difficile bissare quel successo, anche perché, parafrasando una vecchia hit di Caparezza, il secondo romanzo è sempre il più difficile nella carriera di uno scrittore che sale alla ribalta con la sua opera prima. Ebbene, per quanto mi riguarda, a livello qualitativo, Weir è rimasto abbondantemente sui livelli di The Martian, anche se… Continua a leggere
Kazuo Ishiguro, Non Lasciarmi
Sono passati grossomodo cinque anni da quando, dopo aver visto in TV il film omonimo, mi ripromisi di leggere il romanzo Non Lasciarmi, dello scrittore britannico di origine giapponese Kazuo Ishiguro, pubblicato originariamente nel 2005. Trovai il film bellissimo, commuovente e malinconico, oltreché ben diretto e interpretato. E, ora posso dirlo, estremamente fedele all’originale.
Nonostante da un po’ di tempo abbia perso l’abitudine, oltreché il piacere (qualcuno inorridirà), nel leggere libri cartacei, il film mi piacque così tanto che decisi di acquistare proprio la versione cartacea del romanzo, vista l’indisponibilità del formato ebook. Pur conoscendone già la trama, speravo di trovare nel libro quegli approfondimenti, rispetto alle tematiche fantascientifiche, che nel film vengono soltanto sfiorate.
Caratterizzato da una bellissima immagine di copertina, purtroppo l’edizione del romanzo in mio possesso è stata stampata con un font particolarmente piccolo. È una caratteristica che mi dà tremendamente fastidio, nonostante non abbia seri problemi di vista. Continua a leggere
Fabio Lastrucci, Utopia Morbida
Riproposto da Delos Digital nella collana Robotica, Utopia Morbida dell’artista napoletano Fabio Lastrucci è un racconto lungo, tipicamente distopico, ben scritto, veloce e originale, che forse avrebbe meritato qualche pagina in più, se non addirittura lo sviluppo in forma di romanzo.
L’idea di fondo è decisamente interessante: in un’Italia governata da un regime dispotico con evidenti richiami al ventennio, in un’ambientazione che potrebbe essere considerata vagamente ucronica, alcuni gruppi di ribelli entrano in clandestinità in un modo alquanto singolare, che ha a che fare con le teorie metafisiche e psichedeliche del celebre scrittore inglese Aldous Huxley. Continua a leggere
Alessandro De Roma, La Fine dei Giorni
Alessandro De Roma è un giovane autore Sardo, già tradotto all’estero, i cui ultimi lavori sono stati pubblicati da Einaudi. La Fine dei Giorni è la sua seconda opera, pubblicata da Il Maestrale nel 2008, che segue di un anno Vita e Morte di Ludovico Lauter, ottimo esordio apprezzato dalla critica.
Romanzo distopico e apocalittico al tempo stesso, ne La Fine Dei Giorni De Roma racconta una storia sicuramente fantascientifica ma con solide basi nel nostro presente, proiettato in un futuro non troppo distante dai nostri giorni.
Il protagonista e io narrante è Giovanni Ceresa, un insegnate quarantenne dal carattere riflessivo, a tratti pavido e incline alla malinconia. Le vicende prendono il via dall’improvvisa sparizione del signor Baratti, un pensionato che abita nel condominio in cui risiede lo stesso Ceresa. Gli abitanti del condominio non sembrano aver fatto caso alla strana sparizione, e molti addirittura non ricordano l’anziano signore. Lo stesso Ceresa, col passare dei giorni, si rende conto di non riuscire a mantenere vivo il ricordo del suo vissuto quotidiano. Inizia così a tenere un diario, dove registra tutto quello che gli capita e che vale la pena ricordare, nella speranza di riuscire a dare un senso agli eventi di cui non sa di essere ignaro protagonista. Quella di Baratti infatti non è l’unica sparizione dimenticata, mentre in una Torino sapientemente descritta si moltiplicano le persone in preda alla demenza, gruppi di senzatetto più o meno lucidi vagano per le strade, orde di cannibali abitano i cimiteri e bande di delinquenti militarizzati si barricano nei centri commerciali. Continua a leggere
Margaret Atwood, Per Ultimo il Cuore
Lettura leggera e divertente, quest’ultimo romanzo distopico della Atwood può essere sfogliato tranquillamente sotto l’ombrellone, in metropolitana, una pagina al giorno, mollato e ripreso. Scritto ottimamente e tradotto molto bene, senza inutili virtuosismi e pesanti approfondimenti, di questo libro si apprezzano in primo luogo l’ironia – a volte macabra – e il sense of humor della celebre scrittrice canadese, che ricordo è stata più volte candidata al Nobel, messi a disposizione di una trama semplice e lineare, con colpi di scena non troppo a effetto, e che qua e la pecca in verosimiglianza. Ma questo è voler spaccare il capello in quattro. Il romanzo risulta comunque godibile, capace – se non di stupire – almeno di strapparci qualche sorriso.
In in futuro abbastanza vicino al nostro presente, la crisi economica globale precipita vaste aree degli Stati Uniti d’America, soprattutto il Nord Est, in una situazione di degrado, pericolo costante e povertà estrema. Continua a leggere
Kim Stanley Robinson – Il Rosso di Marte
Ho già scritto altre volte che i miei ritmi di lettura negli ultimi anni sono calati vertiginosamente, ragion per cui preferisco dedicarmi alla lettura di romanzi dalle dimensioni “umane”. Ciò non vuol dire che non possa capitarmi di affrontare la lettura di mattoni da mezzo chilo (virtuale, visto che leggo ormai soltanto ebook), ma deve trattarsi di una lettura quantomeno doverosa, di cui non posso proprio fare a meno.
Il Rosso di Marte, di Kim Stanley Robinson è un romanzo di circa 600 pagine nella versione cartacea. Nulla di insormontabile, per un lettore medio, ma abbastanza pesante se non si tiene un ritmo di lettura adeguato. Anche perché, bisogna dirlo, l’autore spesso si dilunga in interminabili descrizioni di paesaggi, percorsi, trasferimenti che mal si adattano a una lettura discontinua: e questo è il difetto n.1.
Il secondo difetto l’ho trovato nelle tante sotto trame fuori genere, dal romanzetto rosa alla spy story da discount, che seppur ben integrate rispetto alla tematica fantascientifica principale, a me sono sembrate scritte da un dilettante alle prime armi.
Peccato, perché per il resto Il Rosso di Marte è in buona parte un gran bel romanzo di vera Fantascienza, con la effe maiuscola. Temi quali la speculazione scientifica, sociale, politica e perfino economica vengono ampiamente trattati, e anche se con qualche forzatura qua e la, il tutto pare rigorosamente plausibile.
La caratterizzazione dei personaggi invece, benché sufficientemente dettagliata, a volte sembra di stampo fumettistico, tanto da cadere spesso in una vera e propria stereotipizzazione.
Il Rosso di Marte è un romanzo corale, con tanti protagonisti e altrettanti punti di vista: a volte è difficile tenerli a mente tutti quanti. Non siamo ai livelli dei 400 personaggi di un romanzo di Pynchon, ma neanche della decina di protagonisti di Noi Marziani (per rimanere sullo stesso pianeta), di Dick. Forse sarebbe stato utile poter contare in un’appendice contenente l’elenco dettagliato di protagonisti e comprimari, accompagnato da una cartina di Marte con indicate la posizione di tutti gli insediamenti di cui si parla nel libro.
Il romanzo è parecchio descrittivo, quasi un saggio romanzato, e i dialoghi sono ridotti allo stretto necessario.
Le vicende partono dal viaggio dei primi cento coloni marziani, in gran parte russi e americani (è stato pubblicato pochi anni dopo la caduta del muro di Berlino) a bordo di un’astronave tecnologicamente del tutto plausibile rispetto a quanto si ipotizzava nei primi anni 90*. I primi capitoli sono dedicati al lungo viaggio Terra-Marte e alla presentazione dei personaggi principali. Personaggi che dopo lo sbarco si dedicheranno alla costruzione dei primi insediamenti e alla risoluzione dei problemi dovuti all’ambiente ostile. Seguiranno gli inevitabili scontri politici e ideologici tra chi vede in Marte un mondo da esplorare, capire e preservare, e chi invece punta a una vera e propria colonizzazione massiva con tanto di terraformazione e sfruttamento economico delle risorse minerarie.
Seguiranno nuovi sbarchi, la formazione di nuovi gruppi culturalmente e etnicamente distinti, fino ai primi inevitabili scontri, che sfoceranno in… E qui mi fermo, altrimenti rischio di spoilerare troppo.
Se il libro mi è piaciuto? Arrivato a fine lettura nel Kindle è subito comparsa la pubblicità de Il Verde di Marte (secondo tomo della trilogia, che comprende anche Blue Mars, inedito in Italia), e io non ho esitato a finalizzare l’acquisto, anche per via del prezzo in promo di 1.99€…
Quindi si, m’è piaciuto. Molto? No, il giusto, quel tanto che basta farmi andare avanti nella lettura della trilogia, il che non è poco visto che io non amo le serie.
PS: Il Rosso di Marte è stato scritto nei primi anni 90, quindi non troppo tempo fa. Purtroppo, nonostante si tratti di un romanzo relativamente moderno, riporta degli anacronismi tecnologici abbastanza fuori tempo. Ad esempio, si usano le videocassette, non esiste internet (per come lo conosciamo oggi), non esistono comunicazioni cellulari diverse da normali contatti radio. Premesso che non si possono prevedere tutte le evoluzioni tecnologiche, faccio notare che le tecnologie del mio esempio sono state adottate massivamente pochi anni dopo, se non addirittura mesi, rispetto al periodo in cui è stato scritto il romanzo.
Sono dell’idea che alcune correzioni l’autore stesso (che è in vita e gode, immagino, di buona salute) le avrebbe potute includere in una edizione “modernizzata”, visto che la trilogia continua ad essere letta e stampata in tutto il mondo.