Finalmente mi sono deciso a leggere Nero Italiano, di Giampietro Stocco, libro che tenevo da un po’ di tempo nella lista dei desideri di Amazon e che, subito dopo l’acquisto, ha scavalcato la pila di letture arretrate che continuano a prendere polvere virtuale nella memoria del mio tablet.
In questo romanzo stazioniamo dalle parti dell’Ucronia “classica”, ossia quella che prevede la morte/sopravvivenza di questo o quel personaggio storico, o l’alterazione un determinato avvenimento cruciale. In Nero Italiano la storia si biforca a seguito di due avvenimento storici che prendono una piega diversa rispetto a come sono andate le cose nel “nostro” universo. La prima è la riuscita dell’attentato a Hitler da parte di Claus von Stauffenberg (e in effetti, visto come il dittatore tedesco sia riuscito a farla franca, ho come l’impressione che sia il nostro l’universo alternativo…), e la seconda è la mancata partecipazione dell’Italia al secondo conflitto mondiale.
Si tratta di POD (acronimo di Point of Divergence) già ampiamente utilizzati in ambito storico/divulgativo – quello di von Stauffenberg – e narrativo. Numerosi sono infatti i romanzi, soprattutto italiani, che prevedono il mancato coinvolgimento italiano nel secondo conflitto mondiale. Così, a memoria, mi vengono in mente i due scritti da Enrico Brizzi (quelli della trilogia inaugurata con L’Inattesa Piega degli Eventi), il ciclo Occidente di Mario Farneti, e il romanzo 1943. Come l’Italia Vinse La Guerra di Giovanni Orfei.
Tuttavia, del romanzo di Stocco è interessante l’analisi che fa l’autore dell’evoluzione del regime fascista a seguito della morte di Benito Mussolini nel 46 (evidentemente era comunque quello il suo destino…) e la designazione di Galeazzo Ciano quale suo successore. Spostando quindi di trent’anni in avanti l’ambientazione della storia rispetto alla fine del conflitto, siamo alle prese con un’Italia ancora sotto dittatura e governata da Ciano, ma senza il pugno di ferro del suocero e dei suoi gerarchi. In più, iniziano a prendere piede quei turbamenti politico sociali che nella nostra realtà sfoceranno poi nei sanguinari anni di piombo. Non solo: la situazione economica del paese, il livello di arretratezza tecnologico e l’emarginazione dallo scacchiere internazionale (in piena guerra fredda ma con la Germania governata da Albert Speer nel ruolo – molto attuale – di potenza continentale), e le rivolte scoppiate nelle colonie ai margini dell’Impero, rendono l’Italia un paese fragile, e vacillante il regime che la governa. Serve un cambio di rotta, una graduale apertura alla democrazia e ai rapporti internazionali, di cui si farà carico l’ambiziosa e ambigua Maria De Carli, unico ministro donna dell’esecutivo.
La narrazione si srotola tra un buon numero di personaggi, tra i quali spiccano – oltre a quelli già menzionati – il giornalista televisivo Marco Diletti (alter ego dell’autore?) e la giovane ribelle Silvia. Nonostante questo il romanzo rimane abbastanza breve, decisamente scorrevole e scritto alla perfezione.
Nei romanzi Ucronici è molto facile cadere nella tentazione di ricorrere all’infodump, e Giampietro Stocco non n’è esente. Purtroppo, nel creare un universo che non cada a pezzi (citazione…) dopo poche pagine, o si infilano le informazioni dove viene più comodo, o si fanno crescere a dismisura le dimensioni del romanzo. Questo lo so perché anch’io sto provando a scrivere qualcosa di ucronico che superi le dieci pagine, e rinunciare all’infodump e agli spiegoni non è per nulla semplice. Philip Dick c’è riuscito in The Man in the Hight Clastle, ma… era Philip Dick, e quel capolavoro rimane complesso per molti lettori. E poi basta con questa storia. Ok, siamo d’accordo che l’infodump sia il male, ma spesso è un male necessario, che per quanto mi riguarda, purché non se ne abusi, incide al massimo per mezza stella nella valutazione da uno a cinque di Amazon. E con Nero Italiano siamo a tre e mezzo abbondati 🙂
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Enrico Brizzi – L’inattesa piega degli eventi
Dopo la delusione Alan D. Altieri per fortuna è arrivato questo romanzo. Scritto decisamente bene, con uno stile semplice e spiritoso, “L’inattesa piega degli eventi” di Brizzi può essere considerato un’ottima lettura estiva per chiunque, e una vera e propria sorpresa per gli amanti del genere ucronico. Nonostante le oltre 500 pagine (forse un po’ troppe…) il libro scorre via bene sino al finale, in fin dei conti non così banale come ci si sarebbe potuti aspettare. Il personaggio che narra la storia in prima persona è a tratti un po’ troppo caricaturale, e mai emerge un qualche tipo di spessore drammatico. Ma trattandosi di un lettura leggera, come detto all’inizio, non ci si aspettano particolari introspezioni o laceranti conflitti interiori.
La trama è apparentemente semplice: la solita ucronia dove l’Italia fascista ha vinto la seconda guerra mondiale prendendo le distanze dalla Germania di Hitler, Mussolini è rimasto al potere mentre gerarchi e ribelli si scontrano per gestirne l’imminente dipartita. In questo romanzo tuttavia la ricostruzione fanta storiografica lascia il passo alle vicende del protagonista, giornalista sportivo donnaiolo, “esiliato” dal proprio editore nelle colonie italiane del Corno D’Africa per seguire il campionato di calcio della Serie Africa e accompagnare la squadra vincente al torneo delle sette nazioni che si terrà a Roma. E alla fine si parla soprattutto di questo, delle squadre di soli bianchi appoggiate dai fascisti, del razzismo di alcuni e dell’integrazione di molti, degli equilibri e della miseria.
Dopo aver iniziato e non finito secoli fa la lettura di “Jack Frusciante è uscito dal Gruppo”, posso dire con piacere di aver scoperto un nuovo Enrico Brizzi, che con la sua incursione in un genere non facile, anche se molto in voga, è riuscito a non cadere mai nel banale. E scusate se è poco…