Sarò poco originale, ma anch’io non posso fare a meno di sostenere, come hanno fatto altri recensori, che questo romanzo deve molto, moltissimo, alle distopie della prima metà del secolo scorso: Orwell, Huxley, Bradbury e Zamjatin. Non solo, durante la lettura ho colto evidenti rimandi alla fantascienza sociologica degli anni 60/70, alla Herry Harrison per intenderci, con chiari riferimenti ad alcune tematiche del romanzo Largo! Largo!, dal quale è stato tratto il cult con Charlton Heston “2022: I sopravvissuti“.
La storia.
A seguito di un catastrofico collasso produttivo, usa sorta di evoluzione iperbolica dell’attuale crisi economica, il mondo è piombato in un’irreversibile dissesto ambientale e sociale. La temperatura media del pianeta è crollata, gli stati e le istituzioni sono collassati, la maggior parte delle specie viventi estinte. Sopravvivono nella miseria e nella barbarie pochi esseri umani, tormentati dal freddo e dalla fame.
Unica speranza per chi tenta di sopravvivere è quella di raggiungere la città fortificata di Metropoli. Continua a leggere
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Nicola Skert, Hitorizumo
Provo una certa difficoltà a recensire questo romanzo. Primo: perché mi è capitato di scambiare qualche parola con Nicola Skert via Facebook, e questa seppur risicatissima conoscenza rischia di compromettere il mio giudizio (sono fatto così…). Secondo: perché ho fatto una gran fatica ad arrivare alla fine del romanzo, ma gli ultimi capitoli valgono da soli l’intera lettura. Terzo: perché l’idea alla base della storia è ottima, e alcune trovate sono davvero geniali. Purtroppo però devo dire che alcuni difetti (o quelli che io soggettivamente reputo tali) rischiano di rovinare il tutto.
E parliamo subito di questi difetti, che poi stringi stringi è uno soltanto: i dialoghi. Troppo innaturali, artificiosamente brillanti, ricchi di battute spiritose ma che non fanno ridere, che vorrebbero essere cinici o sarcastici, senza riuscirci, anzi, che sembrano presi dalle pubblicità alla TV per quanto paiono forzati.
Peccato, perché al netto di questo grave difetto (e di qualche refuso qua e la), il romanzo è scritto davvero bene, e molte descrizioni vengono rese in maniera magistrale, anche se la soglia tra il racconto e lo spiegone viene lambita in più di un’occasione (senza peraltro mai tracimare in infodump logorroici).
La storia: improvvisamente la Terra piomba nel buio. Un buio impenetrabile e apocalittico, per il quale non esiste apparentemente una spiegazione scientifica. Un’oscurità sinistramente preannunciata da misteriose ombre che furtivamente, senza mai rivelarsi del tutto, sfiorano il campo visivo dei protagonisti.
Presto l’umanità si troverà a combattere contro il gelo polare dovuto al brusco calo termico, la totale assenza di luce e energia, gli incendi, i fumi tossici e le bande di gente comune in preda al panico o, peggio, a una incontrollabile follia omicida.
Paolo, un giovane meteorologo accompagnato dal suo amico Mirco, cercherà di raggiungere sua moglie Angela e il loro figlio Giulio, barricati tra le mura domestiche insieme a Luca, un amico e vicino di casa reso psicologicamente instabile dall’improvvisa scomparsa della luce. Sarà un viaggio difficile, pericoloso e drammatico, ma dopo il ricongiungimento qualcosa cambierà…
Basta, il rischio di rovinare la sorpresa nel lettore che si appresta a leggere Hitorizumo è alta, pertanto mi limito a dire che la trama non è soltanto quella da me sommariamente riportata. È altro, molto altro.
Un romanzo da leggere, e soprattutto da finire. Fidatevi.
PS: In appendice al romanzo vengono riportati alcuni studi scientifici che sviluppano l’ipotesi alla base del racconto, ossia l’improvviso spegnimento (o oscuramento) del sole. Purtroppo non si tratta di articoli divulgativi, e alla seconda equazione ho iniziato a perdere il filo. Peccato, perché l’argomento è interessante, ma per come viene trattato sembra rivolto a studiosi e accademici, non a appassionati di narrativa fantastica.
Giovanni Cocco, La Caduta
Autore scovato per caso su Amazon, Giovanni Cocco ha scritto un romanzo apocalittico, nel vero senso della parola, pur descrivendo eventi presenti e passati, ed accennando soltanto di squincio a un paio scenari ambientati in un futuro che può essere l’oggi. Apocalittico perché il libro delle rivelazioni viene citato e utilizzato quale fonte di ispirazione per questo imponente affresco contemporaneo, dove eventi e cataclismi già avvenuti introducono e caratterizzano quella che sarà/è la fine dei nostri tempi.
Romanzo ricco di personaggi e punti di vista, narrati in prima o in terza persona, sullo sfondo le tragedie planetarie e simboliche che hanno caratterizzato l’inizio di questo ventunesimo secolo: tsunami nell’oceano indiano, primavere arabe, crisi globale, uragano Katrina, naufragio della Costa Concordia, attentati a Londra e strage nell’isola di Utoya, giusto per citarne alcune.
Libro che si legge tutto d’un fiato, senza mai un calo di ritmo, una pausa, una caduta di stile.
Lettura consigliata e autore da tenere sott’occhio.
Alessandro Bertante – Nina dei Lupi
Devo ancora decidere quale considerare il migliore dei due: questo “Nina dei Lupi” di Bertante, o “L’Uomo Verticale” di “Davide Longo”. Prenderò una decisione entro la fine della recensione.
Il raffronto nasce dal fatto che i due romanzi, benché diversi, sembrano costruiti lungo la stessa linea temporale. Nina dei Lupi può essere letto infatti come il seguito de L’Uomo Verticale.
Il romanzo di Longo è ambientato nel mezzo della prima ondata di barbarie seguita ad uno sconvolgimento sociale che ha di fatto annichilito istituzioni e forze dell’ordine. Le vicende narrate da Bertante invece si svolgono qualche anno dopo ed ha per protagonisti alcuni abitanti di un paesino di montagna volutamente isolati dal resto del mondo. Un mondo ormai in rovina.
In entrambi i romanzi i sopravvissuti dovranno difendersi dalle bande di violenti, scendendo a compromessi con la loro natura pacifica.
Quello di Longo è in gran parte un romanzo “on the road”, mentre Bertante concentra l’ambientazione in mezzo alla natura, tra le montane, con le sue leggende e i suoi riti ancestrali.
Il protagonista de “L’Uomo Verticale” è una persona qualsiasi, un intellettuale, che durante lo svolgersi degli eventi dovrà imparare a sopravvivere, abdicando alla propria natura pacifica e passiva. I personaggi di Bertante invece hanno qualcosa di eroico e mitologico.
In breve la trama de “Nina dei Lupi”: a seguito di un cataclisma che ha sprofondato il pianeta (o quantomeno l’Italia) nell’anarchia e nella barbarie, alcuni abitanti di un paese di montagna vivono in perfetto isolamento dal resto del mondo. Tra questi una bambina in procinto di diventare donna; una sorta di eremita della montagna con passato cittadino; una sopravvissuta che si farà plasmare dalla natura; una banda di predoni inclini alla violenza estrema; e i lupi, i padroni della montagna.
Due bei romanzi, due letture consigliate. Ma quello di Longo mi è piaciuto di più…
Davide Longo – L’Uomo Verticale
Gran bel romanzo questo L’Uomo Verticale di Davide Longo, giovane scrittore italiano che – devo ammetterlo – non avevo mai sentito nominare, e di cui sono venuto a conoscenza grazie a una breve recensione pubblicata da Giuseppe Genna nel suo Blog.
L’Uomo Verticale somiglia a una sorta di prequel italico de La Strada, il capolavoro apocalittico scritto da Cormac McCarthy. Anche qui non si capisce quale catastrofe o quale sconvolgimento politico o sociale abbia fatto precipitare gli eventi, chi o che cosa abbiano condotto l’Italia a diventare una terra in preda alla barbarie, alla disperazione e al degrado. Qualcosa si intuisce, ma da’altra parte come in La Strada, non è importante cosa sia successo prima, ma come abbiano reagito dopo i personaggi sui quali è costruita la storia.
Il protagonista del romanzo è uno scrittore e docente universitario, una persona mite la cui esistenza è stata macchiata da uno scandalo che ha distrutto la sua famiglia. Dopo alcuni anni passati in solitudine nel suo piccolo paese d’origine, Leonardo, antieroe per antonomasia, si troverà ad affrontare situazioni terribili. Ritroverà una figlia dalla quale si era allontanato anni prima, e dovrà cercare di proteggere lei e il suo ambiguo fratellastro preadolescente, costretti ad affrontare situazioni di violenza estrema, in una escalation continua che accompagnerà il lettore verso un finale poetico e commuovente.
Se La Strada di McCarthy è un capolavoro, e lo è, L’Uomo Verticale di Davide Longo è un piccolo/grande gioiello della narrativa italiana contemporanea, al quale auguro un meritato successo internazionale.
Bellissimo.
Aggiornamento
Il successo internazionale alla fine è arrivato. Sono infatti disponibili su Amazon le edizioni Inglese (Last Man Standing), Francese (L’homme vertical:Traduit de l’italien par Dominique Vittoz (La cosmopolite)) e tedesca (Der aufrechte Mann) de “L’uomo verticale”. Sono stato un buon profeta.
Tommaso Pincio – Cinacittà
Per la prima volta vengo colto dal “blocco del recensore”. Arrivato all’ultima pagina di Cinacittà mi trovo nella sgradevole situazione di non riuscire a capire se ho avuto ad che fare con una buona lettura o con qualcosa di facilmente dimenticabile.
Ci ho messo un po’ di tempo prima di decidermi ad acquistare questo libro. La storia mi sembrava poco interessante. Mi importa poco della Roma del prossimo futuro, riarsa da un sole infuocato e invasa dai cinesi. Non amo le storie che parlano di omicidi passionali. E se vogliamo dirla tutta, anche il titolo non mi piaceva per niente.
L’unico motivo per cui mi sono deciso a leggere l’ultima fatica di Tommaso Pincio è che, appunto, è di Tommaso Pincio, l’autore di uno dei pochi capolavori che la narrativa italiana sia riuscita a produrre in questo inizio di secolo, il bellissimo Un amore dell’altro mondo.
Con Cinacittà siamo sui livelli di La ragazza che non era lei, quest’ultimo forse un tantino più originale.
Ciò che più mi piace di Tommaso Pincio è il suo stile di scrittura: semplice, lineare, poco auto celebrativo, ironico. Sembra di leggere Kurt Vonneghut, più che Thomas Pynchon.
E’ facile intuire che molte pagine del libro hanno un’origine autobiografica. Se così fosse, la biografia di Pincio e simile a quella di molti giovani italiani: intellettualmente dotati ma privi di stimoli. Sognatori ai margini di una società dove altre qualità rendono una persona interessante: l’aspetto fisico, la ricchezza, il carisma, la popolarità.
Tommaso Pincio è riuscito a emergere, a venirne fuori. Ma quanti sono, quanti siamo, quelli rassegnati, quelli che non ce l’hanno fatta?