Quello di Umberto Rossi è un nome affermato nel panorama fantascientifico nazionale, e non solo. Critico, studioso, traduttore e, con questo L’uomo che ricordava troppo, anche autore, il Professor Rossi è uno dei massimi conoscitori internazionali della figura e dell’opera di Philip K. Dick, autore al quale chiaramente di ispira, per sua stessa ammissione, nella stesura di questo romanzo dal titolo hitchcockiano.
Tanti sono infatti i riferimenti e gli spunti che riprendono direttamente le tematiche care al celebre scrittore californiano, dall’impossibilità di definire chiaramente una realtà oggettiva, alla presenza di universi paralleli e “ortogonali”; dalla programmazione mnemonica alla costante paranoia dietro la quale personaggi del tutto anonimi si tramutano in anti eroi sui quali far gravare il destino di un universo pronto a cadere a pezzi dal un momento all’altro… Boooooom!!!
Mettendo da parte i toni enfatici che, sono sicuro, il Proff. NON apprezzerà, posso dire che l’Uomo che ricordava troppo s’è rivelata una lettura divertente, semplice, lineare… fino a un certo punto. Molto bella la prima parte, nella quale il protagonista, Johann Hagenström, cerca di far riemergere quei ricordi appartenenti a un passato che sente non appartenergli. O quanto meno non sembrano appartenere all’universo nel quale vive. Aiutato da uno psichiatra dai modi ambigui, Hagenström tenterà di mettere ordine nel proprio passato e proverà a dare una spiegazione a quei ricordi che lo vedono protagonista di situazioni impossibili: combattente nella Guerra Civile Italiana che vede affrontarsi comunisti e fascisti; agente segreto in libano; sperduto in una Puglia desertica insieme a una donna che sente di amare; artista ebreo rinchiuso in un campo di concentramento, sottoposto a terribili esperimenti per mano di uno scienziato folle.
Andando avanti con la lettura le cose si complicano, non poco. Nella seconda metà del romanzo tante, forse troppe, sono le parti in cui il protagonista tenta di spiegare quanto sta succedendo a lui e al mondo che lo circonda, e i dialoghi con gli altri attori della vicenda diventano eccessivamente lunghi, a mio modo di vedere, tanto che alcune pagine credo di averle lette senza la dovuta attenzione. Poco male. La storia rimane comunque godibile, impossibile interromperne la lettura. Cosa si vuole di più?