Sono passati grossomodo cinque anni da quando, dopo aver visto in TV il film omonimo, mi ripromisi di leggere il romanzo Non Lasciarmi, dello scrittore britannico di origine giapponese Kazuo Ishiguro, pubblicato originariamente nel 2005. Trovai il film bellissimo, commuovente e malinconico, oltreché ben diretto e interpretato. E, ora posso dirlo, estremamente fedele all’originale.
Nonostante da un po’ di tempo abbia perso l’abitudine, oltreché il piacere (qualcuno inorridirà), nel leggere libri cartacei, il film mi piacque così tanto che decisi di acquistare proprio la versione cartacea del romanzo, vista l’indisponibilità del formato ebook. Pur conoscendone già la trama, speravo di trovare nel libro quegli approfondimenti, rispetto alle tematiche fantascientifiche, che nel film vengono soltanto sfiorate.
Caratterizzato da una bellissima immagine di copertina, purtroppo l’edizione del romanzo in mio possesso è stata stampata con un font particolarmente piccolo. È una caratteristica che mi dà tremendamente fastidio, nonostante non abbia seri problemi di vista. Complice la relativa lentezza che contraddistingue la narrazione nelle prime pagine, decisi a un certo punto di sospenderne la lettura per dedicarmi ad altro, finendo poi per dimenticarmene completamente. Sennonché quest’anno Kazuo ha accidentalmente vinto – se l’aspettavano in pochi – il premio Nobel per la letteratura, e quasi contemporaneamente Einaudi decide di ripubblicare il romanzo anche in formato elettronico. Incurante della doppia spesa (tra i tanti pregi degli ebook, c’è quello per nulla trascurabile di costare poco), decido di scaricare il romanzo sul Kindle e ricominciarne la lettura daccapo. Lettura per la quale, devo dirlo, ho impiegato veramente troppo tempo, nonostante le dimensioni dell’opera siano contenute in meno di trecento pagine (forse un centinaio in più se avessero utilizzato un font normale).
Scritto benissimo e raccontato in prima persona da Kathy, protagonista principale insieme a Tommy e Ruth, Non Lasciarmi racconta le loro vicende fin dagli anni della prima infanzia a Hailsham, sorta di scuola/orfanotrofio dove i bambini vengono cresciuti, accuditi e istruiti in un clima di spensierata tranquillità, e le cui attitudini, soprattutto artistiche, vengono incentivate e assecondate da amorevoli insegnanti. Kathy è una ragazza introversa e riflessiva, dotata di forte empatia, mentre Ruth è una leader. Carismatica e intelligente, è capace di comportamenti protettivi e altruistici, ma con una decisa propensione alla prevaricazione ogni qual volta senta minacciata la propria influenza sugli altri studenti di Hailsham. Tommy al contrario è un bambino problematico, estremamente sensibile e che necessita del sostegno di figure forti come Ruth, con la quale instaurerà una lunga e fragile relazione sentimentale, o comprensive e compassionevoli come Kathy, per la quale invece nutre un intenso sentimento di amicizia e stima. Sentimenti che anche Kathy prova nei confronti di Tommy, e che fatica a non far evolvere in qualcosa di più difficile da gestire, soprattutto per non ferire Ruth. Kathy infatti la considera a tutti gli effetti la sua migliore amica, pur dovendone subire la forte personalità. Le dinamiche relazionali tra i tre protagonisti e le altre figure secondarie si svilupperanno durante tutta la permanenza a Hailsham, e quella successiva nei Cottages, residenze sparse nelle campagne inglesi dove gli studenti si trasferiranno una volta superata la fase adolescenziale. Li impareranno a fare a meno degli insegnanti e trascorreranno un breve periodo di libertà, anche sessuale, in attesa delle “donazioni”.
Ora, cosa siano in realtà gli studenti lo sanno un po’ tutti quelli che hanno sentito parlare del romanzo di Kazuo, o del film che ne è stato tratto, ma per evitare spoiler a quei pochi che ne ignorano la trama, posso aggiungere soltanto che abbiamo a che fare con una società distopica ambientata in una realtà alternativa collocata temporalmente durante gli anni 80/90 del ventesimo secolo, il cui POD (Point Of Divergence) trae origine da un improvviso sviluppo scientifico avvenuto immediatamente dopo la seconda guerra mondiale. Sviluppo che è alla base dell’esistenza stessa degli studenti di Hailsham, e che ne determinerà il loro destino, nonostante l’intervento di un personaggio ambiguo, una donna fredda e silenziosa che gli studenti chiamano Madame, e che periodicamente si presenta ad Hailsham con l’intento di selezionare le migliori opere d’arte da loro realizzate.
La storia è davvero molto bella, anche se non particolarmente originale in ambito fantascientifico. Peraltro, le tematiche fantascientifiche vengono utilizzate soltanto come pretesto per sviluppare il sistema di relazioni e sentimenti che ci vengono raccontate nel romanzo, senza l’approfondimento che mi sarei aspettato in un’opera scritta. Al contrario le relazioni tra i personaggi vengono approfondite anche troppo dettagliatamente, a mio modo di vedere, ragion per cui ogni tanto dovevo prendermi una pausa senza che sentissi l’impellente urgenza di riprendere la lettura. E fin qui si tratta di gusti, più che di difetti. Un difetto per me evidente è invece il ricorso all’infodump (che non ti aspetteresti da un futuro premio Nobel) che viene fatto verso la fine del libro con lo scopo di tirare le fila di tutta la vicenda, come se Kazuo avesse deciso di punto in bianco di darci un taglio. L’effetto che tale accelerazione ha avuto su di me è stato quello di rovinarmi in parte un finale che pur tuttavia rimane davvero commuovente, e che ti lascia dentro una sensazione di nostalgica malinconia.
Forse il film, che rivedrò alla prima occasione, mi è piaciuto più del libro, ma è possibile che ciò dipenda dal fatto di averlo visto per primo. Difficile dimenticare qui cieli grigi, il vento, e la costante rassegnazione dei protagonisti verso un destino che qualcun altro ha scelto per loro.