È presto detto: perché è uno di quei (pochi) allenatori che riescono a imporre alla società i giocatori da acquistare, come sapeva fare Capello e, in parte, Marcello Lippi.
In questi tremendi anni post calciopoli abbiamo avuto soltanto allenatori “aziendalisti”, autoproclamatisi tali. Unica eccezione Deschamps, che infatti è stato fatto fuori. Gli altri pur di allenare alla Juve avrebbero accettato qualsiasi imposizione. Una di queste era, per l’appunto, non rompere le scatole durante le campagne di rafforzamento.
Mancini è uno di quelli che dice: “Io vengo da voi se mi comprate Dzeko, Ribery, Tevez, Neymar… altrimenti me ne sto qui a spendere i pertroldollari degli sceicchi.”
Antonio Conte, che verrebbe alla Juve a piedi e scalzo, si accontenterebbe di tre o quattro parametri zero decenti, un paio di giovani e un altro Krasic qualsiasi.
Mazzarri magari spunterebbe qualcosa in più (altrimenti chi glielo fa fare a lasciare Napoli), forse riuscendo a convincere la società a procurargli qualche suo pupillo. Da questo punto di vista, e non solo, mi ricorda il primo Lippi.
Mancini invece è una specie di Fabio Capello. Si muove soltanto con la garanzia di riuscire ad ottenere i campioni di cui ha bisogno.
Il cuore mi dice Conte. La ragione mi fa pensare a Mazzarri. Ma se si vuole avere una squadra veramente competitiva, attrezzata in ogni reparto, allora apriamo le porte a Mancini, uno che sa farsi ascoltare.