Ieri, mentre guardavo Juventus – Lecce, dopo l’unico errore di Grygera ho pensato che sicuramente oggi qualcuno avrebbe fatto riferimento ai “Soliti svarioni difensivi”. Ho sbagliato: non è stato necessario aspettare oggi. Già ieri qualcuno nelle TV del biscione ha fatto riferimento agli SSD, Soliti Svarioni Difensivi (divenuti ormai luogo comune). Ma dico io: in una partita dove si fanno quattro goal; si gioca costantemente all’attacco; si tiene il pallino del gioco (a proposito di luoghi comuni…); si creano occasioni da goal a ripetizione… in una partita del genere c’è qualcuno che ricorda i “Soliti Svarioni Difenisivi”? E basta! Se usiamo questo criterio, l’Inter vincitrice per 1 – 0 ieri a Cagliari ha una difesa colabrodo, viste le numerose azioni degli isolani! I luoghi comuni sono duri a morire. Così come i pregiudizi e la malafede.
Archivi categoria: Politica, economia e varie
Chiediamoci ancora: “Che fine ha fatto Second Life?”
Infastidito dall’enorme successo riscosso da quella macchina perditempo che è facebook (300.000 utenti in meno in Italia nell’ultimo bimestre: si iniziano a intravvedere i primi segni di rallentamento), ho ripensato ai tanti fenomeni della rete “esplosi” qualche anno fa e poi scomparsi dalle cronache quotidiane. Il più clamoroso è quello legato al mondo virtuale “Second Life”. Provate oggi a digitare su un qualsiasi motore di ricerca “Che fine ha fatto second life?”. Decine di articoli che riprendono la stessa, identica, domanda. Così mi ci metto anch’io e scrivo le mie considerazioni al riguardo.
Due anni fa non si parlava d’altro: Second Life qui, Second Life la, Second Life ovunque. Importanti aziende compravano terreni e aprivano sedi in Second Life. Qualche Milione di utenti registrati in meno di un anno. Prezzi dei terreni in Linden Dollar (moneta virtuale su Second Life, ma molto reale su questa Terra, quando si tratta di agganciarla alla propria carta di credito) letteralmente alle stelle. Eventi Live trasmessi in esclusiva… Ma soprattutto giornali e TV che non parlava d’altro.
Due anni dopo, Second Life è scomparso dalle cronache. Sparito, volatilizzato. Eppure esiste ancora. Dodici milioni di utenti registrati che, chi più, chi meno, continuano a frequentare il mondo virtuale 3D.
Prima ancora di Second Life era scoppiato il fenomeno “Portali”. Decine di “Portali” aperti. La parola “Portale” era diventata sinonimo stesso di sito internet, tanto che in molti chiedevano “ma tu non hai un portale?”. Erano i tempi della bolla delle dotcom. Ricordo anche gli entusiasmi per la “Realtà Virtuale”, quando tutte le aziende creavano strumenti per la VR, quando nacquero riviste monotematiche sulla VR.
Oggi si parla soprattutto di Facebook (che ha un po’ rotto i maroni, a me perlomeno fa questo effetto), twitter e, fateci caso, dei Blogger! Il mondo dei Blogger! Salta fuori una notizie e “nel mondo dei blogger impazza la polemica”.
Studio Aperto, su Italia 1, cita in continuazione “il mondo dei blogger”, come se si trattasse di una casta organizzata.
Passerà. Passa tutto a questo mondo.
La verità di Delneri
L’anno scorso mi incazzavo come una bestia ogni volta che in conferenza stampa il giocatore di turno, o l’allenatore, dichiaravano “siamo ancora in lizza per lo scudetto”, “non dobbiamo mollare”, “la champions non è persa”, “scenderemo in campo per vincere”, “possiamo vincere l’europa league”, “possiamo vincere la coppa italia”. Proclami su proclami.
E poi sappiamo come è andata a finire: settimi in campionato e fuori da tutte le competizioni nazionali e internazionali. Ma a guardar bene già dal girone d’andata si poteva intuire quale sarebbe stata la sorte della Juventus. Una squadra spompata, senza stimoli, dominata dalla paura e zeppa d’infortuni.
Ho apprezzato la lezione di sano realismo che Del Neri ci ha propinato qualche settimana fa. “La Juve non è da scudetto”. Vero, giusto. Fa male, ma è così. Come possiamo considerarci una squadra da scudetto con i terzini che ci ritroviamo (e dire che ci credevo in Marco Motta, mentre De Ceglie è dall’anno scorso che non mi sembra all’altezza). Come possiamo cercare di competere con Inter, Milan, e forse anche Roma (nonostante le recenti batoste), quando dobbiamo affidarci a San Del Piero, sperare che Quagliarella impari a fare i gol facili, Amauri torni definitivamente dalla crociera e Iaquinta riesca a fare bene tre partite consecutive?
Con un Felipe Melo che un giorno sembra un fenomeno e l’altro rischia l’espulsione o l’assist all’attaccante avversario. Con un Marchisio spaventato e un Acquilani che “ancora non si sa”.
Bravo Del Neri, hai detto bene. Non siamo da scudetto e vadano a quel paese tutti quelli che dicono che la Juve deve giocare sempre per vincere. A forza di sottolineare l’ovvio l’anno scorso siamo arrivati settimi. E anche se può sembrare una parolaccia, iniziamo ad imparare un po’ umiltà. Poi, non è detto che i miracoli non accadano (e Krasic, dopo la tripletta di ieri, inizio a consideralo tale), ma questa è un’altra storia.
La retorica del tifoso
Basta, non ne posso più. Non sopporto più la disapprovazione dei tifosi Juventini nei confronti della nuova dirigenza. Ogni acquisto viene bocciato, ogni cessione giudicata, ogni azione analizzata.
Questo e quello non sarebbero “giocatori da Juve”. Mi spiegate chi sarebbe un giocatore da Juve? Facile dirlo, uno dei tanti campioni che non si muovono se non gli dai 7 milioni di euro di ingaggio. Guardate in faccia la realtà: questi campioni la Juve non se li può permettere, e non se li potrà più permettere finché non metterà nuovamente piede in champions league, possibilmente in pianta stabile. Dzeko è da Juve? Certo che lo è, ma è promesso al Bayern di Monaco, e c’è di mezzo la Volkswagen, che qualcosa in più della Fiat conta.
Sbagliato vendere Diego? Ma se l’hanno scorso ha fatto vedere a malapena il broncio. Il Diego visto fino ad oggi vale un Miccoli qualsiasi, e con certi campioncini non si va lontano. Così come è inutile e penoso continuare a rimpiangere Giovinco, che ha avuto due anni di tempo e tre allenatori diversi per dimostrare di meritare una maglia da titolare, senza riuscirci. Addirittura si rimpiangono Candreva e Caceres, il primo riserva nell’udinese e il secondo nel Barcellona, che poi lo ha svenduto.
Tra un po’ inizieranno le barricate per Momo Sissoko, che da quando è alla Juve ha giocato decentemente nei primi quattro mesi, per poi smarrirsi.
In molti invocano il ritiro della maglia 17, quella di David Trezeguet. E allora perché non ritirare quella di Ciro Ferrara, o quella Zidane, oppure quella di Boniperti o Bettega, o quella di Nedved?
Ecco, Nedved, appunto. Allora si che c’era motivo di invocare un prolungamento del contratto, invece ho visto più gente mobilitarsi per Giovinco piuttosto che per la furia ceca.
E poi: Quagliarella non è da Juve (lo è Borriello, forse?, o Pazzini?). Bonucci è troppo leggero…
E Del Neri. Non sarebbe un vincente. Lippi lo era prima di arrivare alla Juve? Lo era Trapattoni? Lo era Capello quando iniziò ad allenare il Milan? o Sacchi?
Insomma, basta. Basta lamentarsi.
La situazione è questa: abbiamo una nuova dirigenza e un nuovo staff tecnico. Tornare a vincere sarà fin troppo difficile. L’Inter ci ha messo venti anni e tutti sappiamo come. La Juve speriamo ci metta meno tempo, ma qualcuno si ricorda i 10 anni senza scudetto? Quando avevamo Boniperti presidente e l’Avvocato impegnato in prima persona.
Quando si parte da zero, è difficile risalire. Abbiamo già fatto fuori una dirigenza incompetente, non bocciamo subito questi nuovi. Diamogli almeno il tempo di ambientarsi.
Alla Juve l’unico obiettivo è la vittoria. Siamo la Juve. Ci vuole gente da Juve. Tutta retorica. Tutti slogan da tifosi.
Guardiamo alla realtà delle cose. E che diamine!
Pensieri di mezza estate sulla Juventus
A un mese dall’inizio del raduno della nuova Juventus targata Del Neri/Marotta, rimango sempre più convito del fatto che la prossima sarà l’ennesima stagione di transizione. Sicuramente le cose andranno meglio dell’anno scorso, ma sarà difficile non chiudere la stagione con “zeru tituli”.
L’Inter rimane su un altro pianeta. Roma e Milan non si sono rafforzate ma neanche indebolite. Sampdoria, Palermo e Napoli sono li, sempre competitive.
Sulla carta la Juve è quella che in questa sessione di mercato ha fatto più di tutti. Ma partiva da una situazione disastrosa: giocatori mediocri da sostituire; ex giocatori a fine carriera; campioni pagati a peso d’oro e che si sono poi rivelati dei bidoni.
Quest’anno non è ancora arrivato nessun vero campione. C’è da dire che un giocatore può diventare campione alla Juve. E’ successo con Chiellini e Camoranesi, per esempio. Chi dice che non possa succedere con Bonucci e Martinez, o Pepe? O Motta, che tra i nuovi arrivati mi sembra il più promettente. Sono pochi in Italia i difensori che sanno saltare l’avversario in dribbling, come fa lui.
Detto questo, non si può sperare di rimanere competitivi schierando un Grygera sulla fascia destra, o senza un vero centrocampista di quantità/qualità a centrocampo. Non lo è Marchisio, buon gregario ma difficilmente determinante (vero Lippi?). E non lo sono Felipe Melo e Sissoko, salvo miracoli.
Veniamo a Diego. Per quello che ha fatto vedere l’anno scorso, anche nelle migliori occasioni, e in questo scorcio di inizio stagione 2010, non vale più di un Miccoli o di un Di Natale qualsiasi. Buoni giocatori, a volte ottimi, ma non veri campioni. Anche qui salvo miracoli.
Si può fare ancora qualcosa? Certo, il mercato è ancora aperto, e Marotta lo ha detto chiaramente. Ma sarà difficile vedere realizzati uno dei tanti obiettivi top, di quelli che servono a far vendere copie ai giornali.
Dzeko costa uno sproposito, e se per caso arrivasse (per intervento divino) vorrà dire che non potremmo permetterci l’altro rinforzo di qualità che la difesa reclama. E che non può essere Burdisso. In quel reparto abbiamo già Chiellini, Bonucci e Legrottaglie. In quel ruolo serve una riserva, non un altro titolare, altrimenti rischiamo di bruciare Bonucci, il che non avrebbe senso. Non è stato preso per farlo accomodare in panca.
Serve come il pane, invece, un altro terzino sinistro. Uno buono. Purtroppo Kolarov, il migliore disponibile in quel ruolo, è sfumato definitivamente. Drenthe è un altro Felipe Melo, caratterialmente parlando. Già ne dobbiamo psicanalizzare uno, due sarebbero troppi. Se ci teniamo Sissoko e Melo, inutile andare a cercare un altro centrocampista centrale. Ne Mascherano, ne D’Agostino, ne Xabi Alonso, ne Palombo possono arrivare alla Juve. C’è qualche centrocampista disponibile a buon prezzo e migliore di quelli che abbiamo già? Risposta: no.
Krasic invece lo prenderei, sempre che non arrivi Dzeko, altrimenti la norma/dispetto varata da Abete sugli extracomunitari ci obbliga a fare una scelta. E, dovendo scegliere, Dzeko vince.
Le cessioni. Io un Poulsen lo terrei, nonostante l’ingaggio da manibucate regalato da Secco. E’ pur sempre un buon rincalzo. Farei di tutto invece per liberarmi di Grosso, Camoranesi e Zebina. Sarei perfino disposto a rimetterci. Guadagnano troppo e ormai rendono troppo poco. In più mettono in agitazione la tifoseria e rompono le scatole nello spogliatoio (tranne Grosso, forse). Mentre valuterei bene la posizione di Trezeguet, specie se non si riesce ad arrivare a Dzeko.
Amauri ci tocca tenercelo. A meno che qualche benefattore non decida di rilevarne l’ingaggio e pagarne il residuo da ammortizzare (altrimenti diventa una minusvalenza sicura in bilancio, e non possiamo permettercelo). Ma la vedo dura. Speriamo, se non altro, che possa tornare definitivamente dalla crociera. Giusto il tanto da garantire una quindicina di gol. Rispetto all’anno scorso sarebbe un successo.
Maurizio Torrealta, Emilio Del Giudice – Il segreto delle tre pallottole
Oggi, 6 settembre 2015, ho rieditato la recensione di questo libro, pubblicata originariamente il 13 luglio 2010. Nella prima recensione infatti mi ero lasciato catturare troppo dalla fiction, e non ho lasciato intendere che le teorie esposte sono lungi dall’essere scientificamente dimostrate.
Il segreto delle tre pallottole è una sorta di romanzo/ inchiesta, o inchiesta romanzata, scritta dal giornalista Maurizio Torrealta in collaborazione con il fisico Emilio Del Giudice. I temi presi in esame sono la Fusione Fredda e le armi all’Uranio Impoverito.
Dopo la stroncatura iniziale da parte della comunità scientifica a danno dei chimici Martin Fleischmann e Stanley Pons, scopritori della fusione fredda su cella elettrolitica, vari esperimenti sono stati condotti in tutto il mondo, e soprattutto in Italia è stato verificato che, date determinate condizioni, la Cold Fusion pare funzionare. In questi esperimenti viene prodotto calore in quantità superiore rispetto all’energia immessa nel circuito, e pare vi siano evidenze della trasmudi parte strong> di parte degli elementi coinvolti.
Allora perché non sfruttare commercialmente questa scoperta? la risposta che traspare dalla lettura di questo libro è che [inizio spoiler] i fenomeni di fusione fredda potrebbero spiegare il funzionamento di una nuova generazione di armi, in particolare quelle al cosiddetto Uranio Impoverito, che in realtà sarebbe Uranio Arricchito, all’interno del quale fenomeni di fusione fredda innescano la fissione degli atomi di uranio, con produzione di energia, nano particelle e isotopi radioattivi. E questo senza necessità di ricorrere alla massa critica, ossia la quantità di materiale fissile minima necessaria per produrre un ordigno nucleare. In questo modo possono essere fabbricati “proiettili nucleari” grandi quanto pallottole di fucile in grado di radere al suolo interi palazzi. Cosa che potrebbe essere stata già sperimentata in vari teatri di guerra: Kuwait, Iraq, Kosovo, Striscia di Gaza. Ipotesi a quanto pare ben documentate [fine spoiler].
Aggiungo soltanto che non mi è piaciuta la scelta degli autori di trasformare alcune inchieste andate in onda su Rainews 24 in un thriller da poche pagine. Avrei preferito un libro ben documentato, senza fiction e con molti fatti, numeri, formule. E ben spiegato, ovviamente. Tuttavia la lettura alla fine si è rivelata piacevole. Il tema è importante, e andrebbe approfondito ulteriormente, anche perché la semplice lettura di questo libro non è che dimostri inequivocabilmente la bontà delle teorie proposte. Lettura consigliata.
Abbiamo trovato il nuovo Di Livio?
Lo vedo salire e scendere lungo la fascia, sia destra che sinistra, è in questo mi ricorda un certo Soldatino, giocatore umile che qualche anno fa contribuì alla costruzione di una delle squadre di calcio più forti di tutti i tempi.
La squadra era la Juventus dei Montero, Zidane, Del Piero, Jugovic, Torricelli, Ravanelli, Conte… e il Soldatino era quell’Angelo Di Livio, infaticabile corridore, padrone della fascia, dispensatore di cross e prezioso elemento di raccordo tra i reparti.
Simone Pepe mi ricorda Angelo Di Livio. Certo, non sono uguali, e anche la juventus di allora era diversa da quella di adesso. Di Livio era più veloce, le sue partenze da fermo erano brucianti e i suoi recuperi puntuali e precisi. Simone Pepe vince in progressione, potenza fisica e senso del gol. Ma l’impressione di possedere la forza e i polmoni per dominare la fascia è la stessa.
Di Livio non era un fuoriclasse, ma era un grande. Nei commenti dei tifosi Juventini si sente dire fino alla nausea che Simone Pepe non è un fuoriclasse, ma soltanto un buon giocatore. Se è quello visto ieri sera contro il Paraguay, Pepe è un ottimo giocatore. Non sarà un fuoriclasse, ma la Juve vinse la Champions con Torricelli milgiore in campo.
Non dimentichiamolo.
Juventus: non aspettiamoci i fuoriclasse…
Inutili, totalmente inutili, le lamentele di molti, troppi tifosi Juventini i quali, prima ancora di bocciare le prime mosse della nuova dirigenza bianconera riguardo le strategie di mercato, dovrebbero affidarsi a un po’ di sano realismo (vedi articolo precedente).
Dimentichiamo nomi altisonanti e pezzi da novanta. E smettiamo di dire in continuazione “Non è un giocatore da Juve”. In questo momento i giocatori da Juve sono i Palombo, i Pazzini, i Bonucci (e sarebbe già grasso che cola) e qualche altro straniero di seconda fascia.
I pezzi da novanta non vanno a giocare l’Europa League, e non vanno a prendere 3,5 € di ingaggio.
Quando anche un “normale” Krasic (che sarebbe un buon sostituto di Nedved) dice che se dovesse cambiare squadra vorrà comunque giocare la Champions, mettiamoci il cuore in pace e dimentichiamo i Riberì, i Robben, Fabregas… ma anche Dzeko, Benzema.
Ed anche pretendere di arrivare a qualche giovane di belle speranze, alla Di Maria per intenderci, sarà molto, troppo difficile avendo alle porte un mondiale di calcio che farà inevitabilmente lievitare i prezzi di quelli che riusciranno a far vedere qualcosa di buono.
Sarebbe da pazzi infatti cedere ora un giovane talentuoso di 22 anni, sapendo che se dovesse comportarsi bene al mondiale (e magari far parte della compagine vincente), vedrebbe crescere a dismisura il suo valore di mercato.
Mettiamoci il cuore in pace.
Juventus – un po’ di sano realismo
Argomenti di cui scrivere ce ne sarebbero parecchi: l’esultanza volgare di qualche giocatore interista, l’oblio mediatico sui fatti di calciopoli 2, il tifoso Guido Rossi in tribuna a Madrid, un commosso Abete (segretario FIGC) che abbraccia Moratti, il litigio degenerato in omicidio tra un tifoso interista e uno juventino.
Ciò che invece da qualche tempo occupa costantemente i miei pensieri, e di cui ho una gran voglia di scrivere, ha a che fare con uno spiacevole parallelismo: la Juve sta rivivendo il decennio senza gloria 1986/1995. Periodo infausto nel quale vincemmo un paio di coppe uefa, una coppa italia, in mezzo a una serie infinita di terzi e quarti posti.
Certo, la genesi di quel periodo di magra fu totalmente diversa da quella attuale. Allora un folto gruppo di campioni aveva raggiunto i propri limiti fisici, mentre gli avversari potevano disporre di giocatori maturi e determinanti (il Napoli dei Maradona, Careca, Giordano, De Napoli, Carnevale e la Sampdoria dei Vialli, Mancini, Cerezo, Vierkowood), o di un nuovo modo di intendere il calcio (il Milan dei miliari a profusione versati da Berlusconi). Ci si doveva misurare con compagini fortissime che, scudetto dei rekord a parte, hanno poi raccolto molto poco (l’inter di Zenga, Bergomi, Brehme, Matthaus, Diaz, Serena, Berti…).
La Juve in quegli anni sembrava non azzeccarne una. Si passava dagli stranieri “esotici” Zavarov e Aleinikov, ai mezzi bidoni alla Ruy Barros, Ian Rush, Moeller, alle eterne promesse alla Michael Laudrup. Ci si svenava per comprare campioni “problematici” quali il primo Baggio, Di Canio, Schillaci, per poi svenderli o non dargli adeguato supporto. Si imbastivano rivoluzioni assurde come la Juve di Montezemolo e Maifredi, con i suoi 70 miliardi spesi per la campagna acquisti: oggi fanno ridere, ma allora fu un rekord. Si mandavano via allenatori come Zoff, che portarono nuovamente la Juve alla vittoria (una coppa Uefa e una coppa Italia vinte nello stesso anno), senza dargli il tempo di costruire qualcosa di concreto.
Bene, ora facciamo un gioco: prediamo le ultime frasi da me scritte e attualizziamole.
Ieri i miliardi a profusione li versava Berlusconi, oggi Moratti fa lo stesso, anche se un po’ a casaccio: spende di più e compra un po’ a naso. Certo è che dopo una quindicina d’anni (ed aver speso quanto il pil di un piccolo stato) gli sono rimasti dei giocatori veramente forti.
Allora, in quel famoso decennio, riuscimmo a trovare in Zoff un allenatore valido, motivato e che riusciva a far rendere al massimo con il poco che gli veniva messo a disposizione (gente buona alla Marocchi, De Agostini – forse il miglior giocatore di quegli anni -, Galia, Bruno, ma nessun vero campione), per poi mandarlo via e rischiare il tutto e per tutto con Maifredi, dopo aver speso decine di miliardi per rafforzare la squadra. In pratica la stessa cosa che è stata fatta con Ranieri, Ferrara, Felipe Melo e Diego. L’unica differenza è che dopo Maifredi arrivarono Trapattoni e Vialli, e lentamente, dopo tre anni, iniziammo nuovamente a vincere. Oggi è arrivato Del Neri, e di grandi campioni in arrivo non c’è nemmeno l’ombra. Allora si spendevano miliardi per giocatori sbagliati, per autentiche scommesse: ieri Zavarov, oggi Tiago; ieri Ruy Barros, oggi Diego; ieri Aleinikov, oggi Felipe Melo.
Allora ci vollero quasi dieci anni per tornare a vincere trofei importanti. Qualcosa in meno per vincere trofei minori. Oggi i trofei minori li prendono gli altri, e quelli importanti li guardiamo da lontano, senza prospettive.
Ci vorrebbe un miracolo.
Un allenatore per la Juve
Leggo in questi giorni un bel po’ di commenti da parte dei tifosi juventini che, a quanto pare, schifano Del Neri. Personalmente ho sempre ammirato l’attuale allenatore sampdoriano, anche se riconosco che portarlo alla Juve sarebbe un bel rischio. Lo si poteva fare qualche anno fa, quando la Juve vinceva, i campioni c’erano e venivano da noi volentieri (pur senza pretendere ingaggi stratosferici) e la società era guidata da persone competenti che sapevano affiancare e supportare il tecnico nella gestione del parco giocatori.
Farlo oggi, con la rosa che ci troviamo, con la difficoltà a convincere giocatori di rango a trasferirsi a Torino, con il rinnovamento dei vertici ancora in corso, potrebbe rappresentare un rischio eccessivo per una società che tenterà di tirarsi fori dai guai e, possibilmente, imparare nuovamente a vincere.
Detto questo, bisogna scontrarsi con la dura realtà.
Inutile prendersela con la società se, invece di Benitez, Wenger, Capello dovrà accontentarsi di un Del Neri (o un Allegri) qualsiasi. Non ci sono i soldi, non c’è la champions, non ci sono prospettive certe. Tutte cose che appartengono a un passato glorioso. Tutte cose che farebbero muovere un tecnico quotato.
Per quale motivo un allenatore top dovrebbe aver voglia di trasferirsi a Torino? Sono loro a rifiutare la Juve, che pure li ha cercati e corteggiati a lungo. Possibilità di convincerli con la forza del denaro non ce ne sono. Voi dareste, chessò, 8 milioni a Benitez per accettare di andar via dal Liverpool e non pretendere di portarsi dietro staff tecnico e metodi di lavoro inglesi (sarebbe un rischio eccessivo imporre un metodo di lavoro alternativo in una Italia pallonara in cui il peso politico di DG e DS viaggia di pari passo ai risultati ottenuti…). Magari glieli dareste anche, ma la Juve, semplicemente, non ce li ha. Mettiamo che il progetto fallisce, quello poi vuole l’intero malloppo, come sta cercando di ottenere dal Liverpool.
La Juve non è l’Inter, grazie a Dio. Non invidio chi può vomitare miliardi di tasca propria, salvo poi ricapitalizzare all’infinito, vendere il marchio a se stessi per ripianare le perdite (se l’avesse fatto il Bologna, o un’altra piccola qualsiasi, gli avrebbero impedito di iscriversi al campionato) e attingere a piene mani dall’azienda di famiglia. La Fiat non è la Saras, che fino all’altro giorno non era neanche quotata in borsa (salvo poi quotarsi con qualche patema d’animo… staremo a vedere). Nella Fiat c’è gente in cassa integrazione, che non sopporterebbe lo sperpero di denaro (in parte già avvenuto) per operazioni alla Mourinho (apro l’ennesima parentesi: indovinate dove andrà Benitez, e dove verrà ricoperto d’oro, se Mourinho andrà al Real…).
Non ci resterà che accontentarci e incrociare le dita.
Dimenticavo. In questa mia breve riflessione non ho contemplato l’ipotesi Prandelli, giusta via di mezzo tra obiettivi medi alla Del Neri e Allegri, e allenatori di rango alla Benitez, Capello, ecc.
Prandelli verrebbe alla Juve, non pretenderebbe ingaggi faraonici, ci si potrebbe fare affidamento con maggior tranquillità. Ed è un ex juventino, il che non guasta. Purtroppo intorno alla sua candidatura gravitano dichiarazioni d’amore per i colori viola, posizioni intransigenti dei Della Valle, umori delle tifoserie, orgogli e impuntamenti vari. Se venisse alla Juve sarebbe per una serie di combinazioni fortuite. Ma la fortuna ultimamente non passa per Torino…