Ok, forse sto esagerando nel dar retta ai consigli di Amanzon. Attirato dalla sinossi, dal basso costo e dal fatto d’essermelo visto proporre diverse volte per email, mi sono lasciato convincere a comprare la versione ebook di questo romanzo dell’esordiente (e quindi sconosciuto) Aron Karo.
Chuck è il nome del protagonista, giovane americano all’ultimo anno di liceo. Chuck è uno sfigato, il tipico esempio di ragazzo “non-mi-si-fila-nessuno” protagonista di migliaia di filmetti made in USA, e in quanto tale viene snobbato da cheerleader e ragazze “popolari” (tra le quali sua sorella, che detesta), e vessato dai bulletti/atleti con il Q.I. prossimo allo zero ma con le ragazze di cui sopra prostrate in adorazione. Il miglior amico di Chuck è anch’esso un emarginato sparaballe con quale passare pomeriggi interi pomeriggi a giocare ai videogame. Insomma: tutti i classici luoghi comuni di quel tipo di cinema, al netto di sesso, sbronze, canne e droghe varie che invece in questo romanzo non compaiono mai, o quasi.
Per quale motivo allora mi sono convinto a leggere e (MIODDIO) finire questo libro? Perché Chuck, nella sua sfiga cosmica, è affetto da sindrome da disturbo ossessivo compulsivo, e per tanti motivi le storie che vedono per protagonisti adolescenti con problematiche psico fisiche hanno sempre catturato la mia attenzione.
Il disturbo costringe Chuck a comportarsi in modo bizzarro, il che non si esaurisce soltanto nel lavarsi le mani compulsivamente (tipico sintomo del disturbo OC). Come veniamo a sapere fin dalle prime righe, Chuck ha un quaderno dove tiene il conto delle pippe che si spara, e lo dice esattamente in questi termini. Controlla il gas una quindicina di volte prima di prendere sonno, anche se a casa sua in cucina hanno le piastre elettriche. Indossa soltanto All Star di colori diversi, uno per ogni stato d’animo. I sintomi, esposi sempre in tono fin troppo leggero e mai melodrammatico, si aggravano a tal punto per cui si renderà necessario l’intervento di una psichiatra. Nel frattempo Chuck si innamora follemente di una nuova compagna di scuola (altro luogo comune tipico di quei film: quello della famiglia errante che costringe i figli a cambiare scuola e amici), che cercherà di conquistare senza rivelarle le sue imbarazzanti manie. Riuscirà nel suo intento?
Il libro l’ho letto in pochissimo tempo, e se ci si fa piacere il linguaggio da teenager, i luoghi comuni abusati e la banalizzazione delle situazioni drammatiche, bè (sorpresa!): alla fine si rivela una lettura piacevole. Non scherzo.
Archivi categoria: Letture
Nicolò Ammaniti, Anna
Chiariamolo subito: questa è Fantascienza. Dico questo perché sia l’Autore (comprensibilmente, poi spiego perché), sia tutti i recensori con la puzza sotto il naso hanno fatto di tutto per evitare di includere questo romanzo in quel genere narrativo che in Italia uccide sul nascere ogni speranza di successo commerciale: la Fantascienza, appunto. E mentre a uno scrittore che campa dalle vendite dei propri libri tale rimozione – più o meno inconscia – può essergli perdonata, non si capisce perché chi recensisce sui grandi quotidiani nazionali e in TV eviti di pronunciare la parola Fantascienza, quasi come una bestemmia in chiesa. Tipico atteggiamento marchettaro italiota, immagino. In aggiunta, qui da noi la SF, a parte quella nobile anglosassone, non se la fila nessuno, salvo qualche rara eccezione generalmente rappresentata dai soliti finti-intellettualoidi, quelli che citano Dick senza averlo mai letto.
Fine dell’introduzione polemica.
Ricominciamo daccapo: Anna è un romanzo di fantascienza distopica… molto bello, giudizio a bruciapelo che mi sento di spendere subito. La storia è ambientata in Sicilia, un futuro indistinguibile dal nostro presente. Una variante del virus dell’influenza, che causa una malattia mortale chiamata la Febbre Rossa, ha apparentemente sterminato l’intera popolazione adulta del pianeta. Dico apparentemente perché i sopravvissuti, tutti giovani ragazzi e bambini, immuni al contagio fino alla pubertà, ignorano cosa ci sia dall’altra parte dello stretto. Ciò che è certo è non esiste più l’energia elettrica e di conseguenza non funziona qualsiasi forma di comunicazione basato sulla tecnologia. La protagonista, Anna, insieme a suo fratello Astor e all’amico Pietro, cercheranno di attraversare la Sicilia, evitando le comunità di violenti ragazzini adoratori della Picciridduna, sorta di divinità feticcio dai poteri miracolosi, e il branco di bambini cacciatori ancora più piccoli e dal linguaggio primitivo.
Nel lungo viaggio on the road attraverso l’isola sicula, Anna, coraggiosa e determinata come la quasi omonima Hanna cinematografica interpretata da Saorsie Ronan, dovrà ricorrere a tutte le sue forze per sopravvivere in un modo di macerie e violenza, difendere il fratello psicologicamente debole, e cercare di sbarcare in terra di Calabria, alla ricerca di qualche “adulto” o di quello che, rivelatole segretamente, potrebbe essere il bizzarro antidoto alla Febbre Rossa.
Il libro è lungo il giusto e si legge bene, e non viene mai voglia di interrompere la lettura. Un certo umorismo fa da sfondo alla vicenda, a tratti drammatica e mai volgare. Il finale è molto bello, da pelle d’oca. Infine, l’hanno detto tutti e lo dico anch’io, evidenti sono i riferimenti al Signore delle Mosche di Golding e a The Road di McCharty. Aggiungo una curiosità: a un certo punto c’è un passaggio nel romanzo che sembra copiato spudoratamente da una scena del film The Signs, di M. Night Shyamalan. Ma credo di averlo notato soltanto io…
Paolo Zardi, XXI Secolo
Da qualche tempo mi sto dedicando alla ricerca e alla lettura di quei romanzi distopici che prevedono un’evoluzione più o meno apocalittica dell’attuale crisi economica. Ne ho letto diversi: Nina dei Lupi, di Alessandro Bertante, Metropoli, di Massimiliano Santarossa, La Caduta, di Giovanni Cocco (il più realista del lotto), La Fine del Mondo Storto, di Mauro Corona, e per certi versi Sottomissione di Houellebecq. E ne sto dimenticando qualcuno. Ma il migliore in assoluto rimane per me L’Uomo Verticale, di Davide Longo, letto prima di tutti gli altri.
Una banale ricerca su Google mi ha portato alla recensione pubblicata sul Fatto Quotidiano di questo XXI Secolo, di Paolo Zardi, scrittore che non conoscevo, nonostante proprio con questo romanzo sia stato candidato allo Strega (ammetto di non seguire le kermesse letterarie con particolare attenzione, comunque).
Il romanzo di Zardi è ambientato in un futuro non molto lontano dal nostro presente, anche se si accenna ad alcune evoluzioni geopolitiche secondo me abbastanza improbabili nell’immediato (Brasile potenza imperialista e nucleare, Cina e Russia ai ferri corti e sull’orlo di una guerra, Stati Uniti ridimensionati al ruolo di comprimari).
L’economia, manco a dirlo, è allo sfascio totale, tanto che improvvisi e pericolosi black out della durata di qualche giorno colpiscono a caso intere regioni, gettandole nottetempo in preda alla barbarie.
In questo paesaggio dipinto a tinte fosche, caratterizzato da periferie urbane decadenti, senso di pericolo costante, ritorno alla pena di morte e gatti che spariscono chissà perché, si muove l’anonimo protagonista del racconto: un venditore porta a porta di depuratori d’acqua, sposato con Eleonore, una bella donna di origine austriaca, e padre di due figli, un bambino e una ragazza poco più che adolescente.
A inizio racconto, con una tipica apertura in media res, veniamo a sapere che Eleonore è stata colpita da un ictus fulminante, che la riduce in un coma profondo apparentemente non definitivo. Il protagonista si trova pertanto ad dover gestire, oltre alla sofferenza dovuta alla situazione drammatica della moglie, che indubbiamente ama, tutte le problematiche connesse al dover portare avanti il lavoro, prendersi cura dei figli e seguire da vicino la situazione clinica della consorte.
Tragedia nella tragedia, irrompono nella scena un mazzo di chiavi di provenienza sconosciuta e un cellulare nascosto nel cassetto della biancheria. Dentro la memory card del cellulare, reso inaccessibile dalla presenza di un codice pin, si trovano una serie di foto pornografiche che ritraggono Eleonore in compagnia di uno sconosciuto. La tragedia si fa dramma, umano e sentimentale, e da qui inizierà la ricerca di una verità nascosta, e di un viaggio in parte on the road e in parte interiore, dove degrado, situazioni pericolose e un’opprimente senso d’angoscia metteranno a dura prova la salute fisica e mentale del protagonista.
Gran bel romanzo, scritto benissimo e con un finale commuovente. Da leggere, per amanti del genere e non.
Michel Houellebecq, Sottomissione
Gran bel libro, non c’è che dire.
Come tutti quelli che leggono e s’informano, anche soltanto su internet, anch’io avevo abbondantemente sentito parlare di Michel Houellebecq, soprattutto per il romanzo Le Particelle Elementari, dal quale è stato tratto l’omonimo film di successo, e per la polemica sorta attorno a questo Sottomissione, uscito in Francia nello stesso giorno degli attentati a Charlie Hebdo.
Si, perché il tema principale di questa distopia (o possibile utopia?), ambientata in un futuro molto vicino al nostro presente, è quello della possibile islamizzazione della Francia e dell’intera Europa.
Il punto di vista è quello di François, docente universitario nonché massimo studioso di Huysmans, scrittore proto-decadente poi convertitosi al cattolicesimo. Per quanto poco sappia di Houellebecq mi sembra di poterlo considerare un’alter ego del protagonista, che narra la propria vicenda in prima persona. François vive la sua vita con un certo disincanto e con una moralità non particolarmente attenta alle istanze che religione, società civile e politica vorrebbero imporgli nell’epoca del politicamente corretto. Un quarantenne andante verso i cinquanta, sessualmente goloso e attivo, fondamentalmente maschilista, e che non si fa scrupoli a sfruttare la sua posizione e il suo fascino per sedurre ragazze con la metà dei suoi anni. Tra queste, l’unica per la quale ha provato dei sentimenti prossimi all’amore è stata la ventiduenne Myriam, ebrea dal nome (volutamente?) cristiano, tanto brava a letto quanto caritatevole nei confronti del suo amante. Ma l’amore di Myriam non può essere per sempre e in preda alla solitudine e lontano dalla grazia di Dio, François si ritroverà a fare delle scelte in una Francia retta da un Musulmano, un’Europa destinata al cambiamento, una civiltà votata alla Sottomissione. Trovandovi, a suo modo, l’opportunità di assecondare il proprio ego.
E qui mi fermo altrimenti rivelo troppo, la qual cosa non mi piace per nulla. Leggetelo.
Giampietro Stocco, Nero Italiano
Finalmente mi sono deciso a leggere Nero Italiano, di Giampietro Stocco, libro che tenevo da un po’ di tempo nella lista dei desideri di Amazon e che, subito dopo l’acquisto, ha scavalcato la pila di letture arretrate che continuano a prendere polvere virtuale nella memoria del mio tablet.
In questo romanzo stazioniamo dalle parti dell’Ucronia “classica”, ossia quella che prevede la morte/sopravvivenza di questo o quel personaggio storico, o l’alterazione un determinato avvenimento cruciale. In Nero Italiano la storia si biforca a seguito di due avvenimento storici che prendono una piega diversa rispetto a come sono andate le cose nel “nostro” universo. La prima è la riuscita dell’attentato a Hitler da parte di Claus von Stauffenberg (e in effetti, visto come il dittatore tedesco sia riuscito a farla franca, ho come l’impressione che sia il nostro l’universo alternativo…), e la seconda è la mancata partecipazione dell’Italia al secondo conflitto mondiale.
Si tratta di POD (acronimo di Point of Divergence) già ampiamente utilizzati in ambito storico/divulgativo – quello di von Stauffenberg – e narrativo. Numerosi sono infatti i romanzi, soprattutto italiani, che prevedono il mancato coinvolgimento italiano nel secondo conflitto mondiale. Così, a memoria, mi vengono in mente i due scritti da Enrico Brizzi (quelli della trilogia inaugurata con L’Inattesa Piega degli Eventi), il ciclo Occidente di Mario Farneti, e il romanzo 1943. Come l’Italia Vinse La Guerra di Giovanni Orfei.
Tuttavia, del romanzo di Stocco è interessante l’analisi che fa l’autore dell’evoluzione del regime fascista a seguito della morte di Benito Mussolini nel 46 (evidentemente era comunque quello il suo destino…) e la designazione di Galeazzo Ciano quale suo successore. Spostando quindi di trent’anni in avanti l’ambientazione della storia rispetto alla fine del conflitto, siamo alle prese con un’Italia ancora sotto dittatura e governata da Ciano, ma senza il pugno di ferro del suocero e dei suoi gerarchi. In più, iniziano a prendere piede quei turbamenti politico sociali che nella nostra realtà sfoceranno poi nei sanguinari anni di piombo. Non solo: la situazione economica del paese, il livello di arretratezza tecnologico e l’emarginazione dallo scacchiere internazionale (in piena guerra fredda ma con la Germania governata da Albert Speer nel ruolo – molto attuale – di potenza continentale), e le rivolte scoppiate nelle colonie ai margini dell’Impero, rendono l’Italia un paese fragile, e vacillante il regime che la governa. Serve un cambio di rotta, una graduale apertura alla democrazia e ai rapporti internazionali, di cui si farà carico l’ambiziosa e ambigua Maria De Carli, unico ministro donna dell’esecutivo.
La narrazione si srotola tra un buon numero di personaggi, tra i quali spiccano – oltre a quelli già menzionati – il giornalista televisivo Marco Diletti (alter ego dell’autore?) e la giovane ribelle Silvia. Nonostante questo il romanzo rimane abbastanza breve, decisamente scorrevole e scritto alla perfezione.
Nei romanzi Ucronici è molto facile cadere nella tentazione di ricorrere all’infodump, e Giampietro Stocco non n’è esente. Purtroppo, nel creare un universo che non cada a pezzi (citazione…) dopo poche pagine, o si infilano le informazioni dove viene più comodo, o si fanno crescere a dismisura le dimensioni del romanzo. Questo lo so perché anch’io sto provando a scrivere qualcosa di ucronico che superi le dieci pagine, e rinunciare all’infodump e agli spiegoni non è per nulla semplice. Philip Dick c’è riuscito in The Man in the Hight Clastle, ma… era Philip Dick, e quel capolavoro rimane complesso per molti lettori. E poi basta con questa storia. Ok, siamo d’accordo che l’infodump sia il male, ma spesso è un male necessario, che per quanto mi riguarda, purché non se ne abusi, incide al massimo per mezza stella nella valutazione da uno a cinque di Amazon. E con Nero Italiano siamo a tre e mezzo abbondati 🙂
Umberto Eco, Il Cimitero di Praga
Dico subito che la lettura di questo libro mi ha preso molto, troppo tempo. Più volte mi sono trovato sul punto di cedere, metterlo da parte e ripromettermi di finirlo “più in la” (mentendo spudoratamente a me stesso). E invece no: da buon sardo – tanto per citare un abusato luogo comune – mi ci sono intestardito, e finalmente sono arrivato all’ultima pagina, col fiatone. Ne è valsa la pena? Vediamo.
Il Cimitero di Praga narra le vicende di tal Simone Simonini: una sorta di notaio, truffatore, falsario e agente segreto piemontese poi trapiantato in Francia, transitoriamente schizofrenico e vagamente psicopatico, coinvolto in tutta una serie di fatti storici realmente accaduti. Si va dalla caduta di Napoleone III, alla Spedizione dei Mille, alla Comune Parigina, alle trame della Chiesa, dei Gesuiti, dei Prussiani, della Polizia Zarista; si finisce col narrare le vicende legate ai falsi storici dei Protocolli dei Savi di Sion e dei culti Palladiani, Luciferini e della Massoneria più o meno coperta, fino al crescente antisemitismo, quello che pochi decenni dopo sfocerà nella Soluzione Finale. Questo in estrema sintesi.
Il romanzo è narrato in prima persona da Simone Simonini e dal coprotagonista Abate dalla Piccola, in buona parte in forma di diario e scambio epistolare (i due sono “strettamente” legati), e dalla terza figura del narratore anonimo.
Simone Simonini e l’Abate sono personaggi inventati, ma ispirati a figure realmente esistite, che soltanto uno studioso risorgimentale può sperare di riuscire a individuare. Sempre che di personaggi risorgimentali si tratti. In realtà Simone Somonini pare l’alter ego di alcuni personaggi assolutamente attuali, almeno nei modi e nell’intendere potere e politica.
Se non si è, come già detto, studiosi risorgimentali, conviene leggere il Cimitero di Praga di fianco al computer. Si potrà così scoprire che tutti gli altri personaggi citati nell’opera sono realmente esistiti. A parte quelli famosi (Garibaldi, Ippolito Nievo, Bixio, Freud, Dreyfus, ecc.), faremo la conoscenza di personaggi storici alquanto singolari, quali ad esempio gli scrittori Leo Taxil e Hermann Goedsche, e il satanista Joseph-Antoine Boullan.
Oltre all’impeccabile ricostruzione storica, Eco si diverte a inserire nel suo romanzo numerosi riferimenti alla cucina francese dell’epoca, interessanti digressioni sulla scienza degli esplosivi, e scampoli dell’imminente irruzione della modernità (la metropolitana, la posta pneumatica, le navi a vapore…). Ad arricchire e inframezzare il tutto, una ricca serie d’illustrazioni e stampe d’epoca.
Insomma, un’opera quasi enciclopedica condensata, si fa per dire, in poco più più di 500 pagine che, come dicevo in apertura, non è stato facile portare a termine. Primo perché 520 pagine non sono poche (il Pendolo di Focault superava le 700 pagine, e lo lessi in una settimana, ma erano altri tempi); secondo perché le citazioni e i fatti narrati sono davvero tanti, e una ripassatina di storia ogni tanto s’è resa necessaria; terzo, perché come negli altri romanzi di Eco, i dialoghi la fanno da padrone, e leggere pagine e pagine di botta e risposta alla fine stanca (a me fa questo effetto).
Quindi, tornando alla domanda iniziale, ne è valsa la pena? Se si parte dal presupposto che ogni libro letto rappresenta un arricchimento, diretto o indiretto, allora la risposta non può che essere affermativa. Se invece ci limitiamo a valutare la godibilità dell’opera, bè, che vi devo dire? Ne è valsa comunque la pena: alla fine è un bel romanzo. Sinceramente.
Ma che fatica, però!
Link al racconto Migrante
Ho pubblicato qui l’incipit e l’estratto del mio ultimo racconto, intitolato Migrante. In realtà il racconto, benché completo, necessita di una serie revisione, che cercherò di fare nei prossimi giorni. L’obiettivo è quello di proporlo per la pubblicazione come racconto breve o, se riuscirò a farlo crescere, di media lunghezza.
Carlo Rovelli, Sette brevi lezioni di fisica
Dico la verità: da questo libro, letto il titolo e trascurata la sinossi, mi aspettavo una sorta di ripasso delle lezioni di fisica delle superiori, tipo il moto rettilineo uniforme, l’accelerazione centripeta e le tre leggi della dinamica. No, niente di tutto ciò. Qui le cose si fanno serie, e nelle sette lezioni, oggetto di altrettanti articoli pubblicati nel domenicale del Sole 24 Ore, si affrontano argomenti complessi, apparentemente non alla portata di tutti. Allora come mai, mi sono chiesto, questo libro svetta tra le classifiche dei libri più venduti di Amazon?
Mettendo da parte le prime due risposte abbastanza ovvie (perché è lungo soltanto 84 pagine nella versione cartacea e costa poco, soprattutto se si colgono le offerte Kindle), il successo di questo libro è da ricercare nell’ottimo stile di scrittura dell’autore, nella semplicità dell’esposizione, e nel fatto che gli argomenti trattati, seppur a carattere rigorosamente scientifico, solleticano in modo quasi subliminale certe corde sensibili al trascendente.
E poi, finalmente direi, non si parla dei soliti buchi neri (non soltanto), della solita materia oscura (non solo), o dello scontatissimo Bosone di Higgs (anche di quello, ma a margine). Si affrontano argomenti abbastanza inediti nel panorama della divulgazione scientifica a larga diffusione. Personalmente, mi hanno colpito alcune riflessione sui geni che hanno rivoluzionato la fisica a cavallo tra il diciannovesimo e il ventesimo secolo e, venendo al sodo, l’illustrazione di alcune particolari teorie riguardanti il fluire del tempo e la composizione dell’universo basata su grani di spazio.
Ammetto tuttavia di non aver propriamente capito tutto, e in questo non hanno certo aiutato le mie abitudini di lettura (la sera sul divano con la TV accesa; a letto prima di dormire e la mattina… insomma, avete capito). Oltre a ciò, devo ammetterlo, ho come l’impressione che per la lettura di tematiche così complesse sia preferibile il supporto cartaceo a quello digitale. Non chiedetemi il motivo, però. Urge comunque una seconda e più attenta lettura.
Libro consigliato se siete appassionati di scienza & fantascienza, e anche se non lo siete ma vi piacciono la filosofia e siete sufficientemente curiosi. E, tra l’altro, non è certo indispensabile una preparazione accademica.
Massimiliano Santarossa, Metropoli
Sarò poco originale, ma anch’io non posso fare a meno di sostenere, come hanno fatto altri recensori, che questo romanzo deve molto, moltissimo, alle distopie della prima metà del secolo scorso: Orwell, Huxley, Bradbury e Zamjatin. Non solo, durante la lettura ho colto evidenti rimandi alla fantascienza sociologica degli anni 60/70, alla Herry Harrison per intenderci, con chiari riferimenti ad alcune tematiche del romanzo Largo! Largo!, dal quale è stato tratto il cult con Charlton Heston “2022: I sopravvissuti“.
La storia.
A seguito di un catastrofico collasso produttivo, usa sorta di evoluzione iperbolica dell’attuale crisi economica, il mondo è piombato in un’irreversibile dissesto ambientale e sociale. La temperatura media del pianeta è crollata, gli stati e le istituzioni sono collassati, la maggior parte delle specie viventi estinte. Sopravvivono nella miseria e nella barbarie pochi esseri umani, tormentati dal freddo e dalla fame.
Unica speranza per chi tenta di sopravvivere è quella di raggiungere la città fortificata di Metropoli. Continua a leggere
Il Canile
Ho pubblicato qui l’incipit un nuovo racconto. Si tratta di un racconto breve, e mia moglie dopo averlo letto è inorridita…