Anche il racconto Un regalo inatteso è stato selezionato per la racconta antologica BreviAutori. Purtroppo non l’ho presentato in tempo utile per la pubblicazione nel primo volume. Verrà pertanto incluso nel secondo volume, se e quando vedrà la luce.
Stessa sorte, in caso di giudizio positivo (meno probabile, visto che mi sono cimentato con un genere a me poco congeniale: l’horror), potrebbe capitare al racconto Ritorno a casa.
Archivi autore: Thomas M. Pitt
Davide Longo – L’Uomo Verticale
Questo articolo è stato scritto originariamente il 21 maggio 2010 e oggi – aprile 2016 – ripreso, rivisto e ampliato per la rivista online Adromeda.
Ho letto L’Uomo Verticale nel maggio del 2010. All’epoca ancora non conoscevo l’opera di Davide Longo, bravo e giovane scrittore che aveva già ottenuto un discreto successo col romanzo storico Un Mattino a Irgalem e con il giallo “bucolico” Il Mangiatore di Pietre.
La scoperta de L’uomo Verticale la devo invece a una tempestiva recensione pubblicata da Giuseppe Genna nel suo Blog.
A costo di sembrare banale, non posso esimermi anch’io dal far notare, come hanno fatto tutti i recensori di quest’opera, che il romanzo di Longo somiglia a una sorta di prequel italico di The Road, il celebre capolavoro apocalittico scritto da Cormac McCarthy. Anche ne L’Uomo Verticale il protagonista è un padre che cerca di proteggere i figli dalle insidie di un mondo post apocalittico in preda alla barbarie. Come in The Road non si forniscono informazioni precise su quale catastrofe o quale sconvolgimento politico, economico o sociale abbia fatto precipitare gli eventi, chi o che cosa abbiano condotto l’Italia a diventare una terra in preda alla violenza, alla disperazione e al degrado. Qualcosa tuttavia s’intuisce: ad esempio sono chiari i riferimenti – una vera e propria profezia, considerato l’anno di pubblicazione – a un qualche evento catastrofico accaduto tra le repubbliche caucasiche, evento che ha determinato un’incontrollata migrazione via terra delle popolazioni originarie di quei luoghi. Nel romanzo sono chiamati Gli Esterni, denominazione che ricorda il retorico e politicamente corretto Migranti, termine da pochi anni utilizzato al posto dell’evidentemente pericoloso Profughi. Insieme a questo tragico evento, assistiamo all’evolversi di una crisi economica che affonda le proprie radici nei giorni nostri e che sfocia in un totale tracollo della società occidentale: Internet e le comunicazioni telefoniche smettono di funzionare, mentre tv e radio prima riducono i programmi per poi interrompere del tutto le trasmissioni. È sospesa l’erogazione di energia elettrica e interrotta la distribuzione dei carburanti. Bancomat e sportelli bancari non erogano più denaro contante. Le forze di polizia e l’esercito confluiscono in un unico corpo denominato Guardia Nazionale, chiamato a presidiare l’ordine pubblico e i confini territoriali. Continua a leggere
Giovanni Cocco – La Promessa
Con La Promessa, Giovanni Cocco riprende il progetto inaugurato con La Caduta, romanzo pubblicato nel 2013 e finalista del Premio Campiello. La Caduta è una sorta di romanzo apocalittico contemporaneo, che partendo dalle tante piccole apocalissi che hanno caratterizzato queste prime due decadi del ventunesimo secolo (tsunami, uragani, incidenti, rivolte, scandali) disegna uno scenario che vede nella complessa decadenza della civiltà umana – in particolare di quella occidentale – il prodromo di una fine dei tempi sempre più vicina.
La Promessa è il secondo di quattro romanzi rientranti in questo progetto work in progress denominato Genesi. Come ci informa Cocco nella sua nota finale, a quanto pare una sorta di crisi di ispirazione ha fatto si che un bel po’ di materiale, inerente ben altri temi, sia stato alla fine scartato dall’autore in favore di un quasi istant book sulla vicenda del Volo 4U9525 della Germanwings, partito da Barcellona con destinazione Düsseldorf, e fatto schiantare dal copilota Andreas Lubitz sul massiccio dei Trois-Évêchés, nel versante francese delle Alpi.
Questo tragico evento ha fatto scattare in Cocco quella “molla” che l’ha convinto a mettere da parte quanto scritto fino a quel momento e ad occuparsi di Andreas Lubitz e del suo drammatico gesto. Il protagonista, evidente alter ego dello scrittore, è un maturo giornalista francese – prestatosi temporaneamente all’insegnamento – dalla complicata vita sentimentale e alle prese con una strisciante depressione, che gli causa tra l’altro devastanti attacchi di panico.
Attratto dalle ipotetiche ragioni che hanno spinto Andreas Lubitz a causare la morte di 150 vittime innocenti, decide di trasferirsi dalle parti del disastro (come ha fatto nella realtà lo stesso Cocco) e da lì provare a indagare sulla storia personale del giovane pilota tedesco.
Un po’ romanzo narrato in prima persona, un po’ indagine giornalistica, La Promessa si legge velocemente, senza cadute di ritmo. Scritto bene, con precisione quasi artigianale, non viene mai meno la voglia di proseguire nella lettura, anche se, bisogna dirlo, alla fine si rimane con l’amaro in bocca. Come se il romanzo, di punto in bianco, sia stato frettolosamente chiuso dall’autore per mancanza di idee, o per stanchezza. Alla fine, quindi, pur trattandosi di una buona lettura, rimane la delusione dovuta alle aspettative create dall’ottimo La caduta. Una sorta di deviazione dal percorso tracciato dallo stesso Cocco, che nel portare avanti questo ambizioso progetto spero possa ritrovare la strada maestra.
Tommaso Pincio – Cinacittà
Questo articolo è stato scritto il 4 settembre 2009 e oggi – marzo 2016 – ripreso, rivisto e ampliato per la rivista online Adromeda.
La storia è ambientata nella Roma di un futuro non troppo lontano dal nostro presente, riarsa da un sole infuocato, in preda a una spietata crisi economica e invasa da immigrati cinesi, nuovi padroni della città e unico popolo che è riuscito ad adattarsi ai catastrofici sconvolgimenti economici e sociali.
Il protagonista è un disoccupato quarantenne che vive centellinando un piccolo patrimonio messo da parte con la liquidazione. Vinto dall’accidia, passa le notti in un locale di spogliarelliste asiatiche, bevendo un numero fisso di birre e lasciando che il tempo gli scorra davanti. Fino a quando un incontro con un affascinante cinese, personaggio oscuro dai modi occidentali, interrompe quella che il protagonista vive come una piacevole routine, e ce lo racconta lui stesso, in prima persona, mentre sconta in carcere una condanna a trent’anni per omicidio.
Quando scrissi la recensione di Cinancittà di Tommaso Pincio, nel settembre del 2009, fui colto da una sorta di “blocco del recensore”. Arrivato all’ultima pagina, mi trovai nella sgradevole situazione di non riuscire a capire se avevo avuto a che fare con una buona lettura o con qualcosa di facilmente dimenticabile.
Ricordo tra l’altro che impiegai un po’ di tempo prima di decidermi se acquistare questo libro. Dopo aver letto la sinossi, infatti, la storia mi sembrava poco interessante: generalmente non amo le vicende che hanno a che fare con omicidi passionali (motivo per il quale il protagonista si trova rinchiuso a Regina Coeli), e se vogliamo dirla tutta, il titolo alle mie orecchie suonava cacofonico.
L’unico motivo per cui mi decisi a leggere quello che era allora l’ultimo romanzo di Tommaso Pincio, era che, appunto, l’aveva scritto Tommaso Pincio, autore che avevo apprezzato con La ragazza che non era lei, e che ho amato dopo aver letto quello che considero uno dei migliori libri in lingua italiana pubblicati nel ventunesimo secolo: il bellissimo Un amore dell’altro mondo.
Ciò che più mi piace di Tommaso Pincio è il suo stile di scrittura: semplice, lineare, per nulla auto celebrativo, amaramente ironico. Sembra di leggere Kurt Vonneghut, più che Thomas Pynchon (lo so: Pincio ha già detto che il cognome che s’è dato ha a più che fare col colle romano, che col celebre scrittore postmoderno, ma non me la sento di credergli sulla parola).
Nel corso della lettura è facile intuire che molte delle vicende raccontate nel libro hanno un’origine autobiografica. Estrapolata dal contesto distopico, la monotona quotidianità del protagonista pare simile a quella di molti ex giovani italiani: intellettualmente dotati ma privi di stimoli. Sognatori ai margini di una società dove altre qualità rendono una persona interessante: l’aspetto fisico, la ricchezza, il carisma, la popolarità.
Tommaso Pincio è riuscito a emergere, a venirne fuori, perché lui è un vero artista. Ma quanti sono, quanti siamo, quelli rassegnati, quelli che non ce l’hanno fatta?
Umberto Rossi – L’uomo che ricordava troppo
Quello di Umberto Rossi è un nome affermato nel panorama fantascientifico nazionale, e non solo. Critico, studioso, traduttore e, con questo L’uomo che ricordava troppo, anche autore, il Professor Rossi è uno dei massimi conoscitori internazionali della figura e dell’opera di Philip K. Dick, autore al quale chiaramente di ispira, per sua stessa ammissione, nella stesura di questo romanzo dal titolo hitchcockiano.
Tanti sono infatti i riferimenti e gli spunti che riprendono direttamente le tematiche care al celebre scrittore californiano, dall’impossibilità di definire chiaramente una realtà oggettiva, alla presenza di universi paralleli e “ortogonali”; dalla programmazione mnemonica alla costante paranoia dietro la quale personaggi del tutto anonimi si tramutano in anti eroi sui quali far gravare il destino di un universo pronto a cadere a pezzi dal un momento all’altro… Boooooom!!!
Mettendo da parte i toni enfatici che, sono sicuro, il Proff. NON apprezzerà, posso dire che l’Uomo che ricordava troppo s’è rivelata una lettura divertente, semplice, lineare… fino a un certo punto. Molto bella la prima parte, nella quale il protagonista, Johann Hagenström, cerca di far riemergere quei ricordi appartenenti a un passato che sente non appartenergli. O quanto meno non sembrano appartenere all’universo nel quale vive. Aiutato da uno psichiatra dai modi ambigui, Hagenström tenterà di mettere ordine nel proprio passato e proverà a dare una spiegazione a quei ricordi che lo vedono protagonista di situazioni impossibili: combattente nella Guerra Civile Italiana che vede affrontarsi comunisti e fascisti; agente segreto in libano; sperduto in una Puglia desertica insieme a una donna che sente di amare; artista ebreo rinchiuso in un campo di concentramento, sottoposto a terribili esperimenti per mano di uno scienziato folle.
Andando avanti con la lettura le cose si complicano, non poco. Nella seconda metà del romanzo tante, forse troppe, sono le parti in cui il protagonista tenta di spiegare quanto sta succedendo a lui e al mondo che lo circonda, e i dialoghi con gli altri attori della vicenda diventano eccessivamente lunghi, a mio modo di vedere, tanto che alcune pagine credo di averle lette senza la dovuta attenzione. Poco male. La storia rimane comunque godibile, impossibile interromperne la lettura. Cosa si vuole di più?
Tullio Avoledo, La Ragazza di Vajont
Questo articolo è stato scritto nel novembre 2008 e oggi – marzo 2016 – ripreso, rivisto e ampliato per la rivista online Adromeda.
Probabilmente non è il più originale, né il più diverte, tantomeno il più letto. Tuttavia, considero La Ragazza di Vajont il miglior romanzo scritto da Tullio Avoledo.
Seguendo un registro sottilmente cupo e poetico, Avoledo mette da parte il tipico e divertente cinismo che ha caratterizzato i personaggi delle sue opere precedenti, per raccontare la storia di un complice, un debole che sacrifica i propri ideali nella ricerca di un riscatto personale e di un appagamento delle proprie ambizioni, frustrate da una serie di eventi nefasti che la sua memoria non riesce a incasellare in un passato nebuloso. Una persona disposta a rinnegare le proprie idee e i propri valori al punto di vendere metaforicamente la propria anima al “diavolo”: il leader di un’Italia in rovina travolta dalla deriva reazionaria e xenofoba.
I temi trattati dallo scrittore pordenonese ricalcano più o meno quelli degli altri romanzi. In questo però le tematiche fantascientifiche (e più specificatamente quelle ucroniche) non vengono soltanto accennate come nei quattro precedenti (L’elenco telefonico di Atlantide, Mare di Bering, Lo Stato dell’Unione, Breve Storia di Lunghi Tradimenti) ma si integrano alla perfezione con la descrizione di una vicenda umana che vede il protagonista sedotto e ammaliato dalla femme fatale di turno; come negli altri romanzi troviamo infatti una sorta di Black Hair Girl di Dickiana memoria, anche se con i capelli biondi, meno cattiva e questa volta vittima – e non strumento – del potere. Ritroviamo un mondo dove le dittature fasciste hanno preso il sopravvento, come in una specie di seguito ideale de Lo Stato Dell’Unione, in un futuro alternativo nel quale fanno capolino alcuni elementi del nostro presente (e qui paiono nuovamente evidenti i riferimenti a P.K. Dick, scrittore letto e apprezzato da Avoledo). Continua a leggere
Racconto “Il Campo” selezionato per l’antologia Brevi Autori
Il mio racconto Il Campo è stato approvato per la selezione antologica Brevi Autori, categoria “racconto drammatico”. Si tratta di un concorso per racconti brevissimi suddivisi per categorie, che vedrà la pubblicazione non appena si raggiungerà un numero di racconti congruo.
Eva, di Kike Maíllo
Film del 2011 decisamente interessante, forse leggermente scontato nella trama ma ben diretto e ben interpretato. E malinconinco il giusto. La storia è ambientata in un futuro dove i robot umanoidi fanno ormai parte del vivere quotidiano. Protagonista è Alex, ingegnere cibernetico tornato nella sua città natale dopo una lunga assenza e convocato dalla direzione del locale istituto di robotica. Lo scopo è quello di proporgli un progetto inerente la creazione di un bambino robot alternativo, dal carattere più “umano”. Compito non facile, visto che gli esperimenti in tal senso effettuati fino a quel momento avevano portato alla creazione di androidi potenzialmente “pericolosi”. Alex accetta l’incarico, prosecuzione di un suo vecchio lavoro, e decide di usare come modello umano Eva, figlia di Lana, sua ex collega e fidanzata.
Produzione Ispanico/Tedesca per un film dal budget umano e dal cast totalmente europeo: n’è venuto fuori un ottimo prodotto, superiore a molti altri film di provenienza statunitense dello stesso genere, dove si bada più agli effetti speciali che al risultato d’insieme.
Ora, mi preme parlare di questo film per un altro motivo: uno spende centinaia di euro all’anno per pagarsi un abbonamento a Sky o a Mediaset, poi scopre che nei canali gratuiti del digitale terrestre vengono trasmessi autentici capolavori, anche in prima visione. Eva infatti è stato trasmesso da Rai Movie, e non è la prima volta che le emittenti televisive gratutite con contenuti prettamente cinematografici mi sorprendono con la trasmissione di film inediti e di qualità assoluta. Vale la pena tenere ben presente questa cosa…
Mauro Baldrati – Fuga
Da anni seguo con interesse il sito carmillaonline.com, sito dedicato a “Letteratura, Immaginario e Cultura d’Opposizione“. Lo seguo soprattutto per gli articoli dedicati, appunto, a Letteratura e Immaginario, e per i graffianti racconti satirici di Alessandra Daniele, mentre non condivido buona parte dell’ideologia politica di fondo, appartenente all’area antagonista. Ma questo è secondario.
Il romanzo breve intitolato Fuga, di cui parlo in questa breve rencesione, è stato scritto da Mauro Bladrati, redattore di Carmilla. È liberamente scaricabile dal sito, e questa è cosa buona. Si tratta, per loro stessa definizione, di un “thriller avventuroso di fantapolitica“. Molto fanta, direi: il Partito Democratico, al potere in Italia ormai da molti anni, ha subito un’evoluzione dispotica, diventando partito unico e gettando l’italia in una feroce dittatura alla Salò e le 120 giornate di Sodoma. L’opposizione clandestina, più o meno organizzata, è composta dagli ex NoTAV, indetificati come fuorilegge e criminali, e sottoposti – quando catturati – a terribili e sadiche pene detentive.
A rigor di logica, se si considera che in Italia abbiamo avuto un ex socialista a capo di una feroce dittatura fascista, non possiamo escludere che l’attuale sinistra al potete possa incappare in tentazioni autoritarie, ma la piega presa dagli eventi narrati nel racconto di Baldarati pare eccessivamente caricaturale, enfatica e inverosimile. D’accordo che si tratta di satira sconfinante nell’allegoria, ma il risultato m’è parso poco convincente.
Se non altro, si legge velocemente.
Link al racconto Ritorno a casa
Ho pubblicato in questa pagina l’incipit del mio racconto Ritorno a casa. Si tratta di un racconto scritto qualche tempo fa, e che non ricordavo di aver completato.