Il mio racconto Migrante è stato selezionato per il concorso L’Altro, antologia sulle diversità del Genere umano, bandito dal Sito Visual Letterario Bravi Autori.
Finalmente sono riuscito a farmi pubblicare un racconto più lungo di una/due pagine. La strada che mi porterà alla pubblicazione di un romanzo è ancora lunga…
Archivi autore: Thomas M. Pitt
Alessandra Daniele – L’Era del Cazzaro
Su facebook mi è capitato più volte di condividere i graffianti articoli di satira e gli “attualissimi” racconti di fantapolitica che Alessandra Daniele pubblica sul sito di “letteratura, immaginario e cultura d’opposizione” Carmillaonline.com. Più volte ho affermato, e qui lo ribadisco, che Alessandra Daniele meriterebbe di scrivere nei tre o quattro principali quotidiani nazionali, ma in Italia queste cose non accadono: preferiscono continuare a propinarci Amache & Buongiorni sempre più scontati, ovvi e stracciapalle.
L’Era del Cazzaro contiene una raccolta di racconti e articoli di satira al vetriolo dedicati, appunto, al Cazzaro per antonomasia. No, non Berlusconi… Per lo meno non quello vecchio… Quell’altro, suo degno erede, più giovane, e anche peggiore dell’originale.
La scrittura di Alessadra Daniele è pulita, veloce, tagliente. I suoi articoli fanno, ridere, sorridere e riflettere. In più, Alessandra Daniele è una grande appassionata di fantascienza, il che non guasta, e un’esperta di serie televisive. Pertanto occhio alle citazioni, non sempre comprensibili se non si dispone di un certo background culturale “alternativo”.
L’ebook è gratuito, disponibile qui in tutti i formati. Perché non approfittarne?
Bruno Arpaia – Qualcosa, là fuori
Non capita spesso di leggere un romanzo così ben documentato, che potremmo definire come una sorta di saggio romanzato, o una docu-fiction su carta, come argutamente l’ha definita un altro recensore.
Proprio questo è il maggior pregio di Qualcosa, là fuori, del giornalista e scrittore napoletano Bruno Arpaia, dove l’apocalisse immaginata (o profetizzata) è, tra tutte, quella più probabile: uno sconvolgimento climatico mondiale. Perché la più probabile? Perché il riscaldamento globale è sotto gli occhi di tutti, e secondo alcuni studi, citati nell’opera, oltrepassato un non troppo distante punto di non ritorno, gli eventi non possono far altro che precipitare.
Questo succede nel romanzo di Arpaia, e l’autore ce lo racconta attraverso la vicende che vedono per protagonista Livio, anziano docente universitario che intorno al 2080, insieme a una carovana composta da migliaia di disperati, partirà per un lungo viaggio a piedi verso i paesi nordici, gli unici che in questo futuro apocalittico potranno ancora godere di un clima stabilmente mite.
Il romanzo è costruito con un’alternanza di capitoli che raccontano: 1) il viaggio di Livio e dei suoi amici migranti – per lo più italiani, disperati e in fuga, al pari di quelli che sbarcano oggi nelle nostre coste – verso l’ambita meta; 2) la storia stessa di Livio, dagli anni dell’università in Italia a quelli della migrazione verso nord, passando per la storia d’amore con una ragazza d’origine Siriana, figlia di migranti dei giorni nostri. Con lei si sposterà negli Stati Uniti d’America, ed entrambi verranno assunti da importanti università dove potranno approfondire le loro ricerche.
L’escalation climatica tuttavia non accenna ad arrestarsi e la situazione diverrà sempre più drammatica e pericolosa, finché la coppia, insieme a loro figlio, non sarà costretta a tornare in un’Italia irriconoscibile e disastrata, agitata da conflitti sociali, religiosi e etnici.
Quella di Arpaia è una scrittura nervosa, lucida, secca, quasi a voler ricalcare le condizioni climatiche estreme di cui parla il romanzo.
Tutti quei paesaggi riarsi dal sole, il caldo, la polvere, le sterpaglie… ambienti descritti così bene che a volte vorresti avere un bicchiere d’acqua a portata di mano, in modo da placare la sete atavica che ti coglie mentre t’immedesimi nei tormenti dei protagonisti.
Bello il finale, forse scontato ma onesto, che non illude il lettore.
Impossibile non provare timore per un futuro del tutto plausibile, che noi già iniziamo a intravvedere, e che purtroppo lasceremo in eredità ai nostri figli.
Davvero un bel romanzo, mai monotono, lungo il giusto e ben documentato. Da leggere e approfondire, grazie numerose alle fonti citate nella nota di chiusura.
Altri due racconti per Brevi Autori
Altri due miei racconti finiranno nel secondo volume dell’antologia Brevi Autori. Si tratta dei due racconti horror Ritorno a casa e Mamma, papà…
Diciamo pure che l’horror non è nelle mie corde, pertanto il risultato mi rende particolarmente contento.
“Il Canile” selezionato per lo Speciale SF n. 3 della Writers Magazine
Il mio racconto inedito “Il Canile” è stato selezionato per la pubblicazione tra i 50 racconti del Terzo Speciale SF della Writers Magazine Italia. Avevo già partecipato sia al primo che al secondo contest. Nel primo presentai tre racconti. Vennero scartati in sequenza (il regolamento prevede la presentazione di un racconto alla volta, e se si viene scartati si può provare con un nuovo tentativo), tuttavia il terzo – Il Promontorio – rientrò tra i 200 racconti raccolti per l’antologia Il Magazzino dei Mondi n. 1. Fu il mio primo racconto ad essere pubblicato.
Nel secondo speciale feci nuovamente tre tentativi, e al terzo – con il racconto Un Tenue Bagliore Azzurro, forse il migliore che abbia mai scritto – centrai la pubblicazione tra i cinquanta (poi “cresciuti” a 70) selezionati per la rivista (foto a lato). Tutti e tre i racconti – questo e questo gli altri due – finirono poi nell’antologia Il Magazzino dei Mondi n. 2.
Per questo terzo speciale sono stato selezionato al primo tentativo, il che mi riempie d’orgoglio e mi fa capire che, probabilmente, la mia micro produzione letteraria sta migliorando. Ho scritto anche un secondo racconto di riserva che, se la redazione riaprirà le selezioni per gli autori già passati tra i 50 per la rivista, proporrò per la pubblicazione nel Magazzino dei Mondi n. 3.
Massimiliano Santarossa – Metropoli
Questo articolo è stato scritto originariamente l’27 maggio 2015 e oggi – maggio 2016 – ripreso, rivisto e ampliato per la rivista online Adromeda.
Sarò poco originale, ma anch’io non posso fare a meno di sostenere, come hanno fatto altri recensori, che questo romanzo deve molto, moltissimo ai classici distopici della prima metà del secolo scorso: Zamjatin, Huxley, Orwell e, poco dopo il 1950, Bradbury. Non solo: durante la lettura ho colto evidenti richiami alla fantascienza sociologica degli anni 60/70, alla Herry Harrison per intenderci, con chiari riferimenti ad alcune tematiche affrontate nel romanzo Largo! Largo!, dal quale è stato tratto il film cult con Charlton Heston “2022: I sopravvissuti“. Ipotizzo che Massimiliano Santarossa, l’ottimo autore di questo Metropoli, per la stesura del suo romanzo abbia attinto più o meno consapevolmente dal ricordo che conservava del film suddetto.
Vale la pena riassumere subito la storia. A seguito di un catastrofico e più volte citato collasso produttivo – una sorta di evoluzione iperbolica dell’attuale crisi economica – il mondo è piombato in un’irreversibile dissesto ambientale, economico e sociale. La temperatura media del pianeta è crollata, gli stati e le istituzioni sono collassati, la maggior parte delle specie viventi estinte. Sopravvivono nella miseria e nella barbarie pochi esseri umani, tormentati dal freddo e dalla fame.
L’unica speranza per chi prova a sopravvivere consiste nel tentare di raggiungere la città fortificata di Metropoli. Continua a leggere
Walter Tevis – Solo il mimo canta al limitare del bosco
La lettura de Solo il mimo canta al limitare del bosco di Walter Tevis ha portato la mia memoria in dietro di decenni. Anni eroici nei quali passavo il tempo a scartare i pacchi postali che il postino mi recapitava con cadenza quasi settimanale. All’epoca ero cliente abituale di Nord e Fanucci, ma acquistavo anche i volumi di collane già estinte ma col servizio arretrati ancora attivo, come la celebre Galassia de l’Editrice La Tribuna. Frequenti erano le mie scorribande per librerie e edicole, dove facevo incetta di Urania e Oscar Mondadori come se non ci fosse un domani, e non disdegnavo le edizioni rilegate Mondadori e Rizzoli.
Il tutto durò meno di dieci anni, poi iniziai a lavorare stabilmente e i ritmi di lettura inevitabilmente calarono, finché non mi bloccai quasi del tutto: tra il 1997 e il 2002 lessi davvero poco, per poi riprendere gradualmente ma senza quegli eccessi giovanili.
Walter Tevis lo scoprii intorno ai primi anni ’90, quando lessi del tutto casualmente, e a poca distanza l’uno dall’altro, l’antologia Lontano da Casa e i due romanzi L’Uomo che Cadde sulla Terra (capolavoro assoluto, così come il cult movie con David Bowie che ne è stato tratto qualche anno dopo), e l’ottimo A Pochi Passi dal Sole, libro pubblicato su Urania una volta soltanto, nel 1992, e che a mio avviso sarebbe il caso finalmente di riproporre.
In pratica, 4/3 della produzione fantascientifica di Tevis l’avevo già fatta mia più di 25 anni fa, e mi mancava soltanto questo Solo il mimo canta al limitare del bosco. Per qualche motivo, tuttavia, ne rinviai per troppo tempo l’acquisto. Probabilmente l’editore Nord all’epoca non lo aveva più in giacenza, in libreria non si trovava più, e l’osceno titolo Futuro in Trance*, con il quale Mondadori lo ripropose in un paio di edizioni Urania e in un Oscar, me lo resero indigesto. Errore madornale.
Ho acquistato questo libro in ebook qualche mese fa, ciononostante l’ho messo in coda per dedicarmi alla lettura di alcuni romanzi più recenti. Purtroppo, passati gli anni eroici di cui sopra, ho perso interesse verso la fantascienza “vecchia”, per via del fatto che buona parte di quanto scritto fino all’inizio degli anni ottanta risulta ormai superato dal punto di vista tecnologico. Certo, non ci sono ancora in viaggi intergalattici, ma le tecnologie che hanno a che fare col quotidiano hanno reso eccessivamente obsolete buona parte delle previsioni fatte dai gradi scrittori di SF, fino a farle apparire estremamente ingenue, e questo un po’ mi fa storcere il naso. Per fortuna, prima di maturare nuovi interessi, di buona fantascienza posso dire di averne letto davvero tanta.
Mi mancava giusto Il mimo: un romanzo stupendo, malinconico, a tratti struggente e con un finale bellissimo, che m’ha fatto accapponare la pelle (letteralmente, reazione che ho sperimentato in vita mia non più di una decina di volte, una volta arrivato alla fine di un libro).
Tuttavia, prima che il libro iniziasse a ingranare, ci sono voluti almeno quattro o cinque capitoli di “assestamento”. Dopodiché, la voglia di riprendere il libro in mano ad ogni minima occasione s’è fatta irrefrenabile.
La sinossi in poche parole, senza spoiler: tra qualche centinaio di anni, in una Terra ormai spopolata, gli uomini vivono un’esistenza tranquilla: le droghe legali, la privacy, il “sesso rapido” ed una relativa stabilità economica, rendono la vita di ogni singolo individuo tanto semplice quanto piatta e monotona, e l’unica alternativa allo status quo consiste nell’immolarsi, bruciarsi vivi, come sempre più persone scelgono di fare, senza che questo desti il minimo interesse.
Il tutto viene regolato, controllato e pianificato dai Robot, di cui Spofforth ne rappresenta l’esemplare più evoluto. Dalle bellissime sembianze perfettamente umane, ma privo di organi genitali, Spofforth, creato per servire gli uomini e al quale vengono assegnati col tempo incarichi sempre più importanti e determinanti per le sorti del pianeta, vorrebbe porre fine alla proprie esistenza, ma la sua programmazione glielo impedisce: finché ci saranno uomini sulla terra, lui dovrà vivere per servirli.
Paul Bentley è invece un professore universitario (alter ego dello scrittore?) che su incarico di Spofforth visiona decine di vecchi film, e per capire il senso delle didascalie dei primi film muti, rimpara a leggere e scrivere, abilità ormai perse nel futuro immaginato da Tevis (ho fatto un po’ fatica, dal punto di vista logico/scientifico, a digerire questo aspetto del romanzo).
Mary Lou è invece una giovane donna, una vagabonda che in qualche modo è riuscita a sottrarsi al “controllo” e a vivere indipendentemente. Paul incontra Mary allo zoo, uno zoo finto, dove animali e bambini sono in realtà dei robot.
I due iniziano una relazione. Grazie agli insegnamenti di Paul, anche Mary Lou impara a leggere e scrivere. Ma Spofforth non può permettere tutto questo, e farà in modo che Paul venga processato e imprigionato in un carcere da dove poi tenterà la fuga. Spofforth porta Mary Lou a vivere con se, e lei nel frattempo scopre di aspettare un bambino: sarà l’ultimo esemplare della razza umana, in un mondo giunto al capolinea e dove i bambini non esistono più?
Il romanzo è narrato alternativamente in prima persona da Paul e Mary Lou , mentre i capitoli dedicati a Spofforth vengono narrati in terza persona. L’alternanza dei punti di vista non fa che impreziosire la lettura dell’opera.
L’edizione è corredata da una ricca prefazione di Goffredo Fofi (da leggere DOPO aver letto il romanzo), una presentazione (abbastanza inutile) di Jonathan Lethem e da un profilo bio-bibliografico.
Aggiungo infine che benché non possa pretendere che questo libro piaccia a tutti, ritengo che meriti il suo posto nella libreria di ogni vero appassionato di fantascienza. Si tratta di un vero classico del genere, un romanzo importante scritto sulla scia del Il Mondo Nuovo, 1984 e soprattutto Fahrenheit 451. Fidatevi.
* Non si offenda nessuno, specie se tra i miei “amici” su FB…
Mauro Corona – La Fine del Mondo Storto
Questo articolo è stato scritto originariamente l’8 dicembre 2010 e oggi – maggio 2016 – ripreso, rivisto e ampliato per la rivista online Adromeda.
Con La Fine del Mondo Storto di Mauro Corona non abbiamo a che fare con un romanzo vero e proprio, e neanche con un saggio. Quella che ci racconta lo scrittore è invece una bella fiaba, priva del classico lieto fine. Il tema apocalittico (il solito tema apocalittico, verrebbe da dire, tanto caro agli scrittori mainstream), è stato sviluppato da Corona senza l’ausilio di rigorosi studi scientifici, analisi sociologiche o proiezioni storiografiche.
Semplicemente, Corona immagina che un giorno, d’improvviso, i combustibili fossili spariranno dalla faccia della Terra, con tutte le conseguenze nefaste del caso. Il tema era già stato trattato dal celebre scrittore/alpinista qualche anno prima, in forma di racconto, e pubblicato nelle pagine culturali de La Repubblica.
Corona auspica un ritorno dell’uomo alla natura, sennonché è proprio la natura, in questo caso quella umana, ad apparire inesorabilmente votata all’autodistruzione.
Il libro è privo di protagonisti veri e propri, i dialoghi sono rari e non esiste un unico filo conduttore, un plot, che leghi le tante vicende narrate dall’autore. Semplicemente, si tratta della cronistoria di tutto quello che accadrà quando mancherà l’energia elettrica, si spegneranno le luci, e l’uomo non saprà più come fare per riscaldarsi e sfamarsi. I sopravvissuti dovranno pertanto imparare a procurarsi il cibo, piantare un orto, seminare i campi, accendere e mantenere vivo un fuoco. E dovranno farlo con la giusta umiltà, e con il rispetto dovuto a chi può trasmettere tutti questi insegnamenti. I furbi e gli approfittatori, manco a dirlo, non fanno una bella fine.
Ovviamente lo sguardo che Corona rivolge al futuro deriva dalla sua visione politica, il che è evidente nella descrizione di certi personaggi che paiono ispirati ad alcune figure istituzionali e imprenditoriali del nostro presente facilmente identificabili. Così come chiaro e inequivocabile è il giudizio che ne dà l’autore, che tuttavia non si limita a criticare tali figure, ma estende le sue valutazioni verso intere categorie sociali. Corona ne ha per tutti: giornalisti, ingegneri, padroni e tecnocrati, e nel farci capire quale considerazione abbia di questi individui è decisamente schietto, come ci si aspetta da lui. Soltanto contadini e montanari paiono a loro agio nel nuovo mondo post apocalittico, e Corona li mette in un piedistallo, facendone i nuovi padroni del mondo, quelli ai quali rivolgersi (con rispetto, e senza dargli troppo fastidio) per imparare a sopravvivere.
Lettura leggera, a tratti divertente, spesso comica, saltuariamente ripetitiva. Gradevole lo stile di scrittura, anche se a volte l’autore indugia un po’ troppo in elenchi e sinonimi.
Vale la pena affrontare la lettura di questo libro, consci del fatto che non si è di fronte a un capolavoro, aggettivo spesso utilizzato per definire altre opere di Corona. Un buon libro, insomma, niente di più e niente di meno.
Il divismo di Sky
Ora, Judd Law è sicuramente un tipo affascinante. Da uomo non lo metto in dubbio. È anche un discreto attore, non fenomenale, ma sa il fatto suo. È anche una celebrità affermata, universalmente conosciuta. Tuttavia, ciò non basta a giustificare la presa per i fondelli che Sky propina al suo pubblico quando gli attribuisce il ruolo di protagonista in un film nel quale è poco più di una comparsa. È successo per il film Spy, che si da il caso il sottoscritto abbia visto lo scorso ottobre in aereo, durante una pallosissima trasvolata atlantica.
Il quel film la protagonista principale è la diverte e brava Melissa McCarthy, e ruoli importanti vengono interpretati da Jason Statham e Rose Byrne, che sono i coprotagonisti. Jud Law compare all’inizio e alla fine del film. Leggete invece nell’immagine a sinistra come descrive il film Sky nella sua newsletter quotidiana. Gli altri tre attori non si degna neanche di nominarli. Non solo, non dice una parola sulla vera natura del film, apparentandolo a un film di James Bond qualsiasi, mentre invece si tratta di una divertente commedia, quasi demenziale, diretta dal regista de Le Amiche della Sposa.
Mi chiedo: una Pay TV che vive – non solo, ma soprattutto – di cinema, non dovrebbe essere più sincera col suo pubblico?
Aggiungo che, benché il vero motivo sia essenzialmente economico, ieri ho dato disdetta a Sky Cinema e all’opzione HD. Ventuno euro risparmiati al mese. Così imparano…
Alessandro Bertante – Nina dei Lupi
Questo articolo è stato scritto originariamente il 16 aprile 2011 e oggi – aprile 2016 – ripreso, rivisto e ampliato per la rivista online Adromeda.
Viene facile accostare Nina dei Lupi di Alessandro Bertante a L’Uomo Verticale di Davide Longo. È stato d’altra parte lo stesso Bertante a omaggiare e allo stesso tempo prendere le distanze dal romanzo di Longo: “Ci sono delle assonanze con La Strada di McCarthy e il recente ‘L’uomo verticale’ di Davide Longo, ma il mio percorso è diverso, non è ‘classico’. Mi sono ispirato ad alcuni testi di antropologia culturale e alla mitologia dell’arco alpino, che ha un’origine addirittura neolitica*”. Un semplice lettore come me, invece, non può fare a meno di notare che i due romanzi, benché diversi, sembrano costruiti lungo la stessa linea temporale. Volendola sparare grossa si può dire che Nina dei Lupi può essere letto come il seguito de L’Uomo Verticale.
Il romanzo di Longo è ambientato nel bel mezzo della prima ondata di barbarie scatenatasi a seguito di sconvolgimento sociale che ha annichilito istituzioni e forze dell’ordine. Le vicende narrate da Bertante invece sembrano svolgersi qualche anno dopo ed hanno per protagonisti alcuni abitanti di un villaggio di montagna isolato dal resto del mondo. Un mondo ormai in rovina abitato da piccole comunità che, scendendo a compromessi con la loro natura pacifica, sono costrette a impugnare le armi e difendersi dalle bande di violenti.
Se quello di Longo è in prevalentemente un romanzo “on the road”, Bertante concentra l’azione in mezzo alla natura, tra le montane, con le sue leggende e i suoi riti ancestrali, gli stessi ai quali l’autore stesso fa riferimento nella citazione dell’intervista sopra riportata.
Altra differenza consiste nella natura stessa dei protagonisti: quello principale de “L’Uomo Verticale” è in fin dei conti una persona mite, un intellettuale decaduto con un passato di successo, che durante lo svolgersi degli eventi dovrà imparare a sopravvivere e a proteggere le persone a lui care, abdicando alla propria natura pacifica e passiva. I personaggi di Bertante, dalla psicologia ben delineata, hanno invece qualcosa di eroico e mitologico. Addirittura epico, tanto che, come ha fatto notare lo scrittore Giovanni Cocco nella sua recensione pubblicata su Carmillaonline.com, il romanzo riecheggia alcune atmosfere tipiche dei racconti fantasy**.
Riassumo in breve la breve la trama: a seguito di un cataclisma non meglio precisato che ha fatto mutare il colore del cielo e che ha sprofondato il pianeta (o quantomeno l’Italia) nell’anarchia e nella barbarie, alcuni abitanti del villaggio di Piedimulo vivono in perfetto isolamento, dopo aver distrutto l’unico passaggio agibile tra le montagne: soluzione estrema che non sarà sufficiente a fermare una banda di predoni incline alla violenza e al sadismo, composta da persone un tempo normali e appartenenti a un’umanità eterogenea, che col precipitare degli eventi hanno dato libero sfogo ai loro peggiori istinti. Il gruppo prenderà possesso del paese decimandone brutalmente la popolazione e schiavizzando i sopravvissuti. Tra questi una bambina in procinto di diventare donna, già scampata ai disordini scoppiati in città, che riuscirà a fuggire nel bosco fino a rifugiarsi presso una sorta di eremita con passato cittadino. Un solitario che vive di caccia e provviste nella sua baita in mezzo al bosco. Insieme a loro vivono i lupi, i veri padroni della montagna.
Benché nel complesso abbia preferito L’Uomo Verticale, anche Nina dei Lupi è un gran bel romanzo, finalista del premio Strega e dal buon riscontro di critica e pubblico.
Il romanzo è caratterizzato da un buon ritmo, è abbastanza breve e si legge tutto d’un fiato. Se proprio gli si vuole trovare qualche difetto, posso dire che a tratti Bertante indugia troppo su una narrazione di stile fiabesco, anche in quei passaggi che, per contro, meriterebbero una prosa maggiormente realista. Penso ad esempio al racconto dello scoppio delle violenze che fanno da preludio al crollo della civiltà. Altre parti invece, finale compreso, vengono liquidate troppo velocemente, senza l’approfondimento che avrebbero meritato. Ma sarebbe davvero il voler trovare il capello nell’uovo.
* Intervista pubblicata su affaritaliani.it, 2 marzo 2011, a cura di Antonio Prudenzano
** Recensione pubblicata su carmillaonline.com, 11 marzo 2011, a cura di Giovanni Cocco