Per la prima volta vengo colto dal “blocco del recensore”. Arrivato all’ultima pagina di Cinacittà mi trovo nella sgradevole situazione di non riuscire a capire se ho avuto ad che fare con una buona lettura o con qualcosa di facilmente dimenticabile.
Ci ho messo un po’ di tempo prima di decidermi ad acquistare questo libro. La storia mi sembrava poco interessante. Mi importa poco della Roma del prossimo futuro, riarsa da un sole infuocato e invasa dai cinesi. Non amo le storie che parlano di omicidi passionali. E se vogliamo dirla tutta, anche il titolo non mi piaceva per niente.
L’unico motivo per cui mi sono deciso a leggere l’ultima fatica di Tommaso Pincio è che, appunto, è di Tommaso Pincio, l’autore di uno dei pochi capolavori che la narrativa italiana sia riuscita a produrre in questo inizio di secolo, il bellissimo Un amore dell’altro mondo.
Con Cinacittà siamo sui livelli di La ragazza che non era lei, quest’ultimo forse un tantino più originale.
Ciò che più mi piace di Tommaso Pincio è il suo stile di scrittura: semplice, lineare, poco auto celebrativo, ironico. Sembra di leggere Kurt Vonneghut, più che Thomas Pynchon.
E’ facile intuire che molte pagine del libro hanno un’origine autobiografica. Se così fosse, la biografia di Pincio e simile a quella di molti giovani italiani: intellettualmente dotati ma privi di stimoli. Sognatori ai margini di una società dove altre qualità rendono una persona interessante: l’aspetto fisico, la ricchezza, il carisma, la popolarità.
Tommaso Pincio è riuscito a emergere, a venirne fuori. Ma quanti sono, quanti siamo, quelli rassegnati, quelli che non ce l’hanno fatta?
Archivi autore: Thomas M. Pitt
Un po’ di stanchezza
Improvvisamente ho smesso di pubblicare notizie su questo blog. Dall’oggi al domani. Cos’è successo? Niente di particolare, semplicemente il mondo della telefonia cellulare sta iniziando a stancarmi. I telefoni cellulari sono sempre più sofisticati, con sensori fotografici da 12 Mpx, sistemi operativi evoluti e interfacce tattili al contempo semplici e veloci. La memoria a disposizione è diventata perfino esagerata, tanto da poter contenere più file mp3 di quanti riusciremo mai ad ascoltare. Gli schermi, LCD, OLED o AMOLED, hanno raggiunto livelli di definizione, contrasto e luminosità da far invidia a quelli dei computer portatili. Si stanno affacciando all’orizzonte i primi cellulari con proiettore incorporato. Rimane da migliorare qualcosa sul fronte della durata delle batterie, ma anche qui ci si sta muovendo verso autonomie sempre più nell’ordine di settimane, anziché giorni.
E di tutto questo ben di Dio comincio ad averne le scatole piene. Se prima parlare di cellulari era una passione e un divertimento, con la prospettiva di cambiare spesso modello per rimanere tecnologicamente aggiornati, ora la cosa è diventata dispendiosa. In poche parole, come un appassionato d’automobili trova ragione del proprio interesse nel cambiare spesso modello d’auto, un appassionato di telefoni cellulari non può fare a meno di cambiarne come minimo un paio all’anno. Questa cosa qua, economicamente, non posso più permettermela. E siccome non parlo di cellulari per lavoro, mi vengono a mancare gli stimoli per continuare a seguire questo blog. Stimoli che in futuro potrebbero tornare, quando potrò permettermi nuovamente di giocare con l’ultimo modello dalle caratteristiche fantascientifiche.
Detto questo, il blog non chiude. Rimane aperto e chissà che ogni tanto non mi venga voglia di scriverci qualcosa.
Philip Roth – Complotto contro l’America
Nella mia personale classifica, l’ucronia più bella l’ha descritta Philip K. Dick con il romanzo The Man In The Hight Castle (tradotto in Italia con i titoli “La svastica sul sole” e “L’uomo nell’alto castello”). Non ho dati certi alla mano, ma ho la sensazione che si tratti dell’ucronia più letta in assoluto, o forse della più famosa. Faccio pertanto un po’ di fatica a riuscire a rintracciare qualcosa che possa raggiungere i livelli artistici dell’unico romanzo di Philip Dick premiato con un riconoscimento importante (il premio Hugo nel 1963).
Dopo aver letto Complotto contro l’America di Philip Roth, ho forse scovato anche il secondo più bel romanzo ucronico della classifica. Forse a pari merito con Fatherland di Robert Harris (ma l’ho letto troppo tempo fa per poter fare un paragone). E ora che ci penso anche La macchina della realtà di William Gibson e Bruce Sterling non era male. Meglio lasciar perdere la classifica, ho l’impressione che se ci penso ancora un po’ potrebbero venirmi in mente altri romanzi ucronici che meritano il podio.
Dopo l’entrata in guerra di Francia e Inghilterra contro la Germania Nazista, negli Stati Uniti d’America la popolazione si divide tra interventisti e neutralisti. Il presidente Franklin Delano Roosevelt, pur condannando l’aggressività tedesca, temporeggia. Ne approfitta un personaggio a quei tempi all’apice del successo: il celebre aviatore Charles Lindbergh, il primo ad effettuare la trasvolata atlantica in solitario sul monoplano Spirit of St. Luis. Si da il caso che Lindbergh sia anche un simpatizzante Hitleriano (dal quale riceverà un’onorificenza) e nutra sentimenti antisemiti. Il corso della storia cambierà quando Lindbergh deciderà di sfidare Roosevelt alla elezioni presidenziali.
Phlip Roth, scrittore ebreo vincitore del premio Pulitzer con il romanzo Pastorale Americana, mischia sapientemente elementi autobiografici con personaggi, anche minori, realmente esistiti, catapultati in una realtà alternativa più che plausibile. A volte i personaggi del racconto appaiono caricaturali, forse anche volutamente, mentre un sottile (molto sottile) umorismo permea le pagine del libro. Alcuni momenti drammatici fanno fatica ad impressionare il lettore, ma ciò penso sia voluto, considerata la narrazione in prima persona delle gesta e dei ricordi di bambino delle elementari. Un’ottima lettura, che pur trattando personaggi e temi complessi può essere affrontata in spiaggia sotto l’ombrellone.
Cosa si vuole di più dalla vita?
Marco Travaglio, Peter Gomez, Marco Lillo – Papi – Uno scandalo politico
Purtroppo anche questo libro servirà soltanto ad alimentare le ragioni di chi già non vota per il regime in carica.
In un paese normale un’inchiesta del genere, suffragata da prove documentali, intercettazioni e atti processuali, avrebbe spostato l’ago della bilancia elettorale. In Italia no. In Italia libri come Papi servono a ingrossare il fegato di chi già sa con chi abbiamo a che fare, di chi è già disgustato dal malcostume degli uomini di potere italiani. E dalla altrettanto disgustosa rassegnazione, dalla connivente accettazione che dimostrano le donne italiane. Papi rivela cose che già si sanno, ma che molti ignorano. Deliberatamente. Perché è vero che in Italia tutti guardano una televisione di parte, censurata e autocensurata. E’ vero che in Italia in pochi leggono i giornali, ancor meno i libri d’inchiesta. Però è anche vero che in Italia la morale comune, fiaccata da anni di imbarbarimento mediatico, culturale e politico, chiude entrambi gli occhi di fronte a una serie di comportamenti che il 50% della popolazione equipara a semplici peccati veniali. Viviamo in un paese dove le donne non solo evitano di indignarsi, ma anzi giustificano chi “è costretto” a resistere e poi a “cedere” alle tante adoranti ragazzine impertinenti… I virgolettati provengono a discorsi reali, ai quali ho assistito senza avere la forza di replicare. Discorsi fatti da persone, da donne, che pur di giustificare un minimo di tornaconto elettorale accettano pacificamente di votare per quell’”utilizzatore finale” che può disporre in “grandi quantità” dei loro corpi, trattati come vuoti supporti per gli orifizi destinati al piacere del capo.
Carmine Fotia – La Rovina Romana
Questo breve romanzo di Carmine Fotia (220 pagine di piccolo formato) dipinge un affresco abbastanza plausibile di quello che potrà accadere in Italia tra qualche anno, alla vigilia delle prossime elezioni politiche e in concomitanza con la scadenza del mandato per il presidente Napolitano. L’azione si svolge a Roma e i protagonisti sono i principali attori della scena politica contemporanea. Per evitare grane, l’autore non cita i personaggi per nome. Lo stratagemma utilizzato è quello solito che consiste nell’affibbiare al personaggio di turno un soprannome o un titolo che, in abbinamento a qualche cenno biografico, ne facilitino l’identificazione. Dal punto di vista stilistico il racconto risulta abbastanza anonimo, ma non è la consacrazione artistica ciò che l’autore persegue. L’obiettivo è quello di imbastire una speculazione politico sociale abbastanza plausibile, anche se (SPOILER) mi risulta difficile accettare l’idea della nascita di un nuovo partito di estrema destra con conseguente vasto seguito popolare (FINE SPOILER). Altra obiezione: la strumentalizzazione e l’amplificazione mediatica della paura, così come è stato fatto durante le ultime elezioni politiche e durante la campagna per l’elezione del sindaco di Roma, difficilmente verranno riproposte in futuro. Sarebbe come ammettere che il voto dato alla destra non abbia contribuito sufficientemente alla risoluzione il problema.
Fatte salve le obiezioni di cui sopra, anch’io ho maturato la convinzione che in Italia stiamo seriamente correndo il rischio di assistere ad un qualche tipo di deriva autoritaria. I segni ci sono tutti, e prima o poi, come sostiene l’autore, si realizzerà l’instaurazione di una sorta di “regime democratico”. I passi da compiere andranno dall’inasprimento delle pene per i reati violenti ai condoni a pioggia a vantaggio dei propri elettori; proseguendo con depenalizzazioni e/o sanatorie per i reati amministrativi e tributari. Salteranno fuori diversi “Casus Belli” relativi a scandali più o meno gravi che coinvolgeranno autorevoli esponenti dell’opposizione. In alcuni casi di tratterà di meschine strumentalizzazioni, in altri le circostanze verranno costruite artificiosamente con conseguente eco mediatica degli organi di informazione controllati dal Capo. Verranno depenalizzate truffe e bancarotte, crescerà il potere dei servizi segreti e ampi settori della criminalità organizzata opererà in combutta con apparati dello stato.
Fino alla proclamazione dell’uomo forte. A quel punto l’opera sarà compiuta. Non si parlerà di dittatura perché rimarranno in circolazione alcuni giornali ostili a regime, i partiti di opposizione se ne staranno al loro posto a leccarsi le ferite, la libertà di pensiero e di voto continuerà ad essere garantita dalla costituzione così come l’impunità per i soggetti organici alla maggioranza che governerà il paese. E le cose per gli oppositori del regime si faranno sempre più difficili …
Spero davvero che a quel punto ci rimanga la possibilità di abbandonare questo paese e ricominciare da capo su altre sponde, dove la democrazia è un bene consolidato, a uso e consumo della collettività. E non uno strumento in mano a chi ha il potere di metterla da parte ogni qualvolta senta la necessità di consolidare la propria leadership.
Addio Jacko
Giuseppe Lo Bianco – Sandra Rizzo – Profondo Nero
Un po’ stiracchiate come ipotesi. Per quanto riguarda il collegamento tra la morte/omicidio del patron dell’Eni Enrico Mattei e il sequestro/assasinio del giornalista dell’Ora Mauro de Mauro, le ipotesi fatte sono più che plausibili (anche se in Sicilia per essere uccisi dalla mafia non è necessario scoprire qualcosa di clamoroso, è sufficiente fare un po’ troppe domande in giro). Ciò che sembra un’ipotesi molto imparentata con la dietrologia è quella relativa all’omicidio Pasolini.
Ipotesi che parte dal presupposto che Pasolini in qugli anni stesse scrivendo un romanzo, Petrolio (pubblicato postumo nel 1993), che parlava di Eni, Enrico Mattei, Eugenio Cefis (l’uomo nero che nel libro di Lo Bianco e Rizzo che fa da trait d’union nei tre omicidi). Senza voler rivelare il finale, sono e rimango dell’opinione che Pasolini sia stato assassinato da un gruppo di balordi, le cui motivazioni potevano anche essere politiche, ma che a mio modo di vedere non avevano bisogno di mandanti altolocati che agissero alle loro spalle. Pasolini si è trovato nel posto sbagliato, nel momento sbagliato, con le persone sbagliate. E in questo modo è stato tolto di mezzo uno degli intellettuali più importanti del 900 italiano.
Michael D. O’Brien – Il Nemico
Parto subito dal giudizio: discreto. Il Nemico di Michael D. O’Brien tratta un argomento affascinante, quello dell’anticristo e dell’apocalisse, e lo fa dal punto di vista della religione cattolica. Il libro è edito da Edizioni San Paolo, pertanto non vi aspettate scene di sesso ed eloquio corrente (ossia parolacce). Per quanto mi riguarda, mi sarei aspettato qualcosa di più terra terra. Per dirlo in parole povere, da cristiano convinto (sul fatto di essere cattolico nutro qualche dubbio), credo nella fine del mondo e in un’apocalisse prossima ventura. Ma non credo che per vedere avverarsi le profezie del nuovo testamento siano necessari miracoli, incantesimi e sortilegi. Il male fa parte dell’uomo, e in questo il demonio ha già vinto buona parte delle sue battaglie. Quando si avvicinerà la fine dei tempi, i segni ci saranno (se già non ci sono…), ma saranno del tutto umani e molto poco trascendenti. L’anticristo non sarà consapevole di essere tale. Sarà una figura pubblica, sicuramente carismatica, certamente importante, che agirà in buona fede. E in buona fede aprirà la strada alla distruzione e al male, creando e alimentando lo scontro contro i cristiani. In questo caso la guerra viene mossa nei confronti della chiesa cattolica, perché l’autore è cattolico per lui vale l’equazione Chiesa di Roma = Chiesa Universale. In passato mi è capitato di leggere romanzi sull’apocalisse scritti da autori protestanti. In quelle storie la chiesa cattolica è uno strumento nelle mani dell’anticristo e il Papa rappresenta il falso profeta (colui cha affianca la bestia) di turno. Questione di punti di vista.
Per questo motivo ritengo che l’anticristo, quando si manifesterà, sarà riconosciuto dai cristiani in quanto tali, a prescindere dalla loro appartenenza religiosa, e la persecuzione sarà indirizzata verso di loro. Cattolici romani, protestanti o ortodossi che siano. L’unico vero miracolo sarà il ritorno del Signore, e anche in questo caso, secondo me, non ci saranno effetti speciali.
Tornando al romanzo: avvincente in buona parte, scritto e tradotto bene, un po’ troppo prolisso e noioso quando si affrontano tematiche teologiche.
Abbastanza deludente il finale, che non rivelerò.
Aggiungo un’altra considerazione. Una certa morale traspare nel corso della narrazione: i riformatori della chiesa cattolica appaiono come strumenti nelle mani del male supremo. E in questo l’autore è molto bravo a far nascere un sottile senso di colpa in quei cattolici non ancorati all’ortodossia.
A me è successo questo. Spero che si sbagli.
Ferruccio Pinotti – Fratelli d’Italia
Più di 700 pagine, quasi tutte corredate da note a margine scritte con un font microscopico, sono difficili da digerire. E certo non si può dire che questo Fratelli d’Italia di Ferruccio Pinotti sia un libro avvincente, coinvolgente o che ti tiene inchiodato fino alla fine, per dirla con i soliti luoghi comuni.
Tuttavia lo si può definire quantomeno interessante. Con qualche lacuna.
Le parti interessanti riguardano i soliti Misteri d’Italia, e qui di nomi se ne fanno parecchi, compreso quello, ripetuto più volte, dell’attuale presidente del consiglio. Numerose sono le interviste ai massimi esponenti delle principali fratellanze italiane, tutti impegnati a definire e spiegare la Massoneria sotto il profilo iniziatico, religioso e sociale. Senza però far luce quali sono queste pratiche iniziatiche, o questi percorsi interiori, o tutte quelle pratiche che esulano dalla mera frequentazione opportunistica, a fini di potere o speculativi, delle centinaia di logge, più o meno coperte, sparse per il paese. Questa è la lacuna principale. Se la Massoneria non è un centro di potere, Il Centro di Potere, dalla lettura di Fratelli D’Italia non si capisce per quale motivo decine di migliaia di privati cittadini, personalità pubbliche e uomini di potere decidano di far parte di qualcosa di così indefinibile e sfuggente, osteggiato dalla chiesa (con qualche eccezione), e visto con sospetto da buona parte dell’opinione pubblica.
Massimo Carlotto e Mama Sabot – Perdas de Fogu
Perdas de Fogu, Romanzo inchiesta scritto da Massimo Carlotto insieme al collettivo Mama Sabot, alla fine ti lascia con l’amaro in bocca. Tanto per iniziare, per essere un romanzo d’inchiesta sembra poco documentato. Si sa che al poligono militare di Perdas de Fogu, in Sardegna, si sperimentano armamenti di tutti i tipi. Si sa che intorno a questo poligono vengono conclusi un bel po’ di affari, leciti e illeciti. Si sa che molte persone hanno accusato patologie, a volte mortali, legate alla presenza del poligono.
Queste cose si sanno già, soprattutto in Sardegna, e da un romanzo d’inchiesta ci si aspetta un approfondimento, una qualche rivelazione scottante. Invece l’argomento sembra essere trattato superficialmente.
Un esempio concreto: nel romanzo viene coinvolto un certo politico, di cui non si fa il nome ma che è facilmente identificabile. Questo politico, parlamentare ed ex ministro con attuali incarichi istituzionali, ha un certo peso nella politica Sarda e, a quanto si dice nel romanzo di Carlotto e Mama Sabot, fa da garante per un comitato di industrie, aziende e militari (che viene definito il “combinat”) che fanno affari intorno al poligono di Perdas de Fogu. Un minimo di approfondimento avrebbe voluto che di questo politico si menzionasse la vecchia appartenenza alla P2 e gli strani rapporti con faccendieri sardi, membri della Banda della Magliana, portavoce di mafiosi di spicco e coinvolgimenti ambigui nel fallimento del Banco Ambrosiano e dell’omicidio Calvi. Di tutto ciò nel romanzo non se ne fa menzione.
Per il resto il romanzo si legge tutto d’un fiato, è ben scritto (si nota lo stile asciutto e cinico di Carlotto) e avvincente. I personaggi sono le solite “carogne” di Carlotto e non ci sono eroi e santi.
Una buona lettura dalla quale non bisogna spettarsi più di tanto.