Archivi autore: Thomas M. Pitt

Windows 7: quel cerchietto che gira, che gira…

Windows 7, siamo alle solite...

Windows 7, siamo alle solite...

Dopo quasi tre anni di onorato servizio, il mio fido notebook HP Pavillion con monitor da 17” ha tirato le cuoia. Vani sono stati i tentativi di rianimazione. Semplicemente, si è spento.
A causare la tragedia è stato quel maledetto alimentatore universale da mezzo chilo, che a causa di qualche forza misteriosa (uno spiffero, un calcetto, un fenomeno magnetico, il pavimento non in piano) ho trovato con il selettore della tensione spostato di una tacca, col risultato che per tutta una notte ha alimentato il notebook a 21 V. anziché a 20.
Dopo essermene fatto una ragione, e senza aver trovato un capro espiatorio sul quale riversare la mia frustrazione, decido di correre ai ripari nel modo più scontato e banale: spendendo dei soldi per comprare un nuovo computer portatile.
Mi reco all’ipermercato più vicino e valuto un po’ di offerte. La mia attenzione viene catturata da un Packard Bell da 599,00 €, esteticamente abbastanza orribile ma dai contenuti tecnici interessanti e in linea con il mio budget. In particolare, il notebook in questione è dotato nel nuovo processore Intel Core I3 M330. Non conoscendo ancora la frequenza operativa della CPU (abbiate pazienza, è uscita da poco e ho un po’ di letture arretrate), non riportata nel cartellino, chiedo lumi all’addetto alla vendita.
– Salve, mi interessa quel Pakard Bell, mi saprebbe dire la frequenza del processore
– 64 Bit
!?!
– No, la frequenza … megahertz …
– GIGAHERZ! -, esclama – Ora non me la ricordo, vado a vedere, e comunque la frequenza è un’altra cosa -, dice, con aria da stronzo.
– No, mi scusi, la frequenza quella è, si esprime in Hertz… 64 bit è l’indirizzamento…
Ma ormai non mi stava più ascoltando. Certe volte gli operatori di vendita informatici ti fanno proprio incazzare.
Comunque, nonostante l’istintiva antipatia reciproca, vengo a sapere che il processore viaggia a 1,7 Ghz per due core, cifra poi rettificata a 2,13 (dopo che, tanto per rompere i coglioni, sono andato a comprare una rivista che recensiva proprio i processori Core I3, togliendomi la soddisfazione di far leggere al commesso la cifra esatta nella colonna FREQUENZA…).
Insomma il notebook valeva qualcosa, ma era l’ultimo modello disponibile. Altra soddisfazione: gli dico di tenerselo. Un notebook già aperto che il giorno dopo avrebbero svenduto a 100 € in meno in quanto ultimo pezzo non mi interessa.
Cambio ipermercato.
Per non farla lunga vengo subito al sodo: trovo in vendita un Asus con core I3 M350, quindi un po’ più veloce del packard bell; scheda video ATI 5mila-e-qualcosa con memoria dedicata da 1 GB; 4 GB ram; HD un po’ sottodimensionato da 320 GB; Windows 7 64 Bit. Prezzo 649,00 €.
Lo prendo (anche in questo caso il commesso fa un po’ il figo, ma lasciamo stare…).
Insomma, per farla breve, una volta a casa faccio tutta la procedura di installazione, installo gli aggiornamenti vari, riverso un po’ di file estratti da vecchi backup, programmi, immagini e quant’altro… e alla fine, alla prova dei fatti, quando clicco con il tasto destro del mouse sullo sfondo del desktop che succede? Che il cerchietto blu inizia a girare… Soltanto per aver richiesto l’apertura di un banale sottomenù!!!
Ma è possibile! E dire che Windows 7 doveva essere più scattante, veloce, nuovo. Siamo alle solite invece. Qualsiasi cosa faccia, il cerchietto blu si mette a girare, come su windows vista, come nei vecchi computer con XP (in quelli lenti, per lo meno) con la clessidra sempre in movimento.
Poi sa Seattle si chiedono perché i computer con la mela piacciono di più…

L’iPad non mi entusiasma

Apple iPad

Apple iPad

Aspetto di vederne uno dal vivo. L’iPad di Apple, quello visto in TV, nei giornali e nei siti internet, non mi entusiasma per niente.
Sarà che i tablet non mi hanno mai attirato. Sarà che mi piacciono le apparecchiature tecnologiche dalle dimensioni contenute o, al contrario, con la massima potenza disponibile. Sarà che mi fido troppo del mio istinto. Ma di questo iPad non ne sento assolutamente la mancanza.
E’ vero: in Italia non ha ancora preso piede il mercato degli eBook, e per quanto mi riguarda difficilmente rinuncerò a mettere un bel romanzo “cartaceo” in libreria per portarmi appresso la sua versione elettronica. La mia idea di libro elettronico è questa: uno acquista un libro vero e proprio, in libreria o in internet, e insieme a questo, anche pagando un piccolo sovrapprezzo, gli si da la possibilità di scaricare la versione elettronica dello stesso.
Diverso per le riviste e i quotidiani, che in pochi conservano. Per questi ultimi il formato eBook può rivelarsi pratico e conveniente.
E’ vero, l’iPad fa altro, è un tablet a tutti gli effetti con il quale si può fare un po’ di tutto: navigare in rete; giocare; scrivere; scaricare applicazioni; scaricare musica; telefonare. Ma a parte il fatto che le stesse cose si possono fare, più o meno comodamente, con un normale iPhone o un netbook, per quale motivo Apple si è imbarcata nella creazione di un gadget che non “crea” nessuna nuova “esigenza” ?
Con l’iPod si sentiva la mancanza di un lettore MP3 evoluto abbinato a un pratico sistema di acquisto di contenuti. Ed è stato un successo.
L’iPhone ha portato finalmente la vera navigazione in rete su un cellulare, abbinato a un vero sistema operativo touch screen. E anche qui il successo è stato clamoroso.
Ma l’iPad cosa fa di nuovo?

Tornare ai Videogames a 36 anni

PS3 Slim

PS3 Slim

La mia generazione ha visto nascere il fenomeno Videogames. Ho iniziato a frequentare le sale giochi in tenera età, accompagnato da mio padre. Introducevo le monete da 100 o 200 lire, o i gettoni, e mi immergevo in quei giochi che i miei coetanei sicuramente ricordano: Space Invaders, Pacman, Snake, Poleposition.
Ho assistito attivamente alla nascita del fenomeno home computer. Gli home computer erano quelle macchine che i genitori regalavano ai propri figli “per studiare”. Allora si diceva così, ma in che modo gli home computer potessero essere utilizzati “per studiare”, in assenza di internet e di software apposito, nessuno l’ha mai capito. In realtà qualcuno, tra i quali il sottoscritto, alla fine il computer lo usava davvero per crearci qualcosa di utile a livello didattico. A 12 anni programmai in MSX-BASIC (sono uno dei rari freack a NON aver avuto un commodore 64 o uno ZX Spectrum) un software con “dentro” tutte le formule della geometria solida che un bambino di 12 anni poteva conoscere. Per il resto, decine di cassette (quali CD?, quali Floppy?) con dentro intere compilation di videogames. Il 3D ancora non esisteva, se non in fase embrionale. Qualcosa di simile al 3D erano la grafica “isometrica” e quella “vettoriale”. I giochi erano fatti di sprite, ed erano molto simili a quelli dei primi cellulari java, quando erano fatti bene.
Compiuti i 15 anni, per uno strano gioco del destino, persi interesse nell’informatica (proprio quando iniziavano ad affermarsi le interfacce grafiche, i processori multi task e i colori visualizzabili non erano più soltanto 16, 64 o, per pochi fortunati, 256) e spostai la mia attenzione verso “altre cose”…
Per quanto mi riguarda il capitolo Videogames era quasi del tutto chiuso. Ogni tanto accendevo il Sega Master System o il Game Gear, ma l’adolescenza era andata via del tutto e così mi ritrovai negli anni 90 con la passione per l’informatica che si faceva nuovamente sentire.
A 20 anni comprai il mio primo PC, un 486 sx della packar bell con scheda grafica integrata della cirrus logic. Non disdegnavo qualche partita con questo o quel videogame rigorosamente piratato, ma non si trattava di passione vera e propria. Un passatempo e niente più. Fino a che non mi capitò Doom tra le mani. Doom non era un videogioco, era un’esperienza. Per un po’ la passione si riaccese, toccando l’apice con i vari Tomb Raider, Max Payne e War Games Assortiti, fino ad affievolirsi e sparire del tutto nei primi anni dello scorso decennio.
Nel frattempo l’informatica era diventata il mio lavoro. Nella mia lista delle passioni preferite internet e cellulari avevano preso il posto dei videogames. Di conseguenza i computer super pompati con scheda grafica ultra potente e overclock vari vennero sostituiti da innocui notebook da lavoro.
All’uscita della Playstation 3 pensai che se mai avessi deciso di spendere un po’ del mio tempo con i videogames, quella sarebbe stata la mia console… Tuttavia lasciare passare del tempo. La mia vita privata era, ed è, piena di altre priorità.
L’anno scorso compro un televisione full HD, l’impianto Dolby DTS già ce l’avevo, ed entro nel modo dell’alta definizione grazie a Sky (sottoscrivo tra l’altro il servizio my sky). L’HD riesce a entusiasmarmi. Penso che anche i videogames in full hd devono essere qualcosa di spettacolare. Un parente mi fa giocare alcune partite con una Xbox 360 e, siamo a natale 2009, mio figlio vede in un ipermercato il gioco Wall-e per PS3 in offerta. Babbo mi compri quello?
E così mi ritrovo con una playstation 3 slim collegata al resto del mio impianto multimediale. E mi ritrovo a passare ore a uccidere nemici (virtualmente parlando, ovvio) risolvere enigmi e immergermi in quelle sempre più coinvolgenti realtà virtuali.
A 36 anni.
Che c’è di male?

Marcello Fois – Stirpe

Bel romanzo di Marcello Fois. Bella la storia, bello lo stile, le ambientazioni, i personaggi. Peccato per un finale che lascia un po’ l’amaro in bocca. Rispetto a “Memoria del Vuoto”, primo romanzo di Fois letto dal sottoscritto, qui manca l’eroe, il protagonista. E mentre Memoria de Vuoto può essere considerato un piccolo capolavoro, Stirpe rimane semplicemnte un’ottima lettura, che non è poco.

Storia di una famiglia sarda, Stirpe sembra scritto con l’obiettivo finale di ricavarne un film per il cinema, o una fiction. Purtroppo le storie sarde, in televisione o sul grande schermo, interessano a pochi. Peccato, perché noi sardi di cose da raccontare ne abbiamo tante, ma in Italia o si fa commedia, o si parla di mafia, poliziotti, brigatisti, e poco altro.

Tempo fa scrissi alcune mie considerazioni riguardo la rinascita culturale della Sardegna. Passati un paio di anni, di Sardegna nelle cronache nazionali non si parla più. E’ cambiata l’aria. E anche la politica, in fondo, qualcosa c’entra.

Mi fermo qui…

Jon Ronson – L’Uomo che fissa le capre

Reso celebre grazie al film che ne è stato tratto, con protagonista George Clooney, il saggio/romanzo L’Uomo che fissa le capre, del giornalista e documentarista Jon Ronson fa luce su un particolare aspetto dell’imperialismo americano: l’influenza nelle alte gerarchie militari delle ideologie New Age.

Prima di leggere questo libro non sapevo quanto fossero diffuse negli usa le dottrine New Age. Parliamo di milioni di persone che credono negli alieni, nella telepatia, negli spiriti guida…

Milioni di persone che si fanno abbindolare, il più delle volte, da truffatori pronti a tutto, soprattutto a svuotargli le tasche o ad approfittarne sessualmente. Altre volte si tratta nientemeno che di pazzi scatenati che per qualche arcano motivo riescono a passare per santoni illuminati.

Il fenomeno è talmente diffuso che perfino alti ufficiali dell’esercito e funzionari della Cia ci sono cascati a piè pari, credendo di poter mantenere la supremazia imperialista degli Stati Uniti d’America grazie anche a maghi e ciarlatani.

Lettura interessante e divertente, perfino spassosa in alcuni capitoli. Certo, niente a che vedere con le opere di Michael Morre, al quale Ronson in qualche modo sembra ispirarsi. Ma vale la pena arrivare fino all’ultima pagina e, dopo esserci fatti qualche sana risata, riflettere  su quale razza di idioti pretendono di governare il mondo. A quel punto smettiamo di ridere…

L’iPhone ti cambia la vita

iPhone 3GS

iPhone 3GS

Non sono un fan boy, lo dico subito. Ho da poco compiuto 36 anni, tengo famiglia con prole, lavoro sodo e sono un pragmatico.
Di conseguenza, quando le sparo grosse come nel titolo, lo faccio con cognizione di causa. L’iPhone, letteralmente, ti cambia la vita… tecnologicamente parlando.
Lo uso ormai da alcuni mesi (3GS da 16 GB), e con profitto. Ho avuto diversi cellulari evoluti: Windws Mobile, Symbian e UIQ. Con o senza wi-fi, tutti più o meno multimediali, tutti sfruttati intensamente e pesantemente personalizzati.
Cellulari, smarthphone o PDA phone, che ho usato per lavorare, divertirmi e comunicare.
Ma l’iPhone è un’altra cosa. Migliaia di software disponibili, di tutti i tipi. Molti in italiano, tantissimi gratuiti, la maggior parte con un costo d’acquisto risibile.
Scaricare questi software e tenerli aggiornati è di una banalità sorprendente, grazie all’app store di Apple (e tutti gli altri produttori a corrergli dietro).
Il Wi-Fi funziona a meraviglia e la navigazione in internet è realmente una “navigazione in internet”. l’abbonamento con il quale l’ho acquistato mi permette comunque di accedere ai siti che mi interessano senza costi esorbitanti in bolletta. Senza contare il fatto che molti siti sono comunque ottimizzati per iPhone, e quindi il consumo di banda è davvero ridotto.
L’integrazione con iTunes è perfetta. Quando collego l’iPhone, miracolo, il dispositivo viene riconosciuto, si attiva tutto quello che si deve attivare e fine della storia. Niente di tremendamente macchinoso come per gli altri cellulari (configurare le com, verificare la porta usb…).
Nessun manuale da consultare. Semplicemente, l’iPhone impari a usarlo… usandolo.
Ci sono anche i difetti, è vero. Multitask inesistente, sensore fotografico poco performante, bluetooth bloccato, costo esorbitante…
Ma chi se ne frega, il beneficio ottenuto grazie a tutto il resto supera di gran lunga i pochi disagi che dobbiamo sopportare.
Ho molta fiducia nello sviluppo dei dispositivi Android. Loro probabilmente diventeranno gli iPhone del futuro. Ma non è detto. Apple può permettersi un modello nuovo all’anno, e secondo me stanno centellinando le novità. Quando inizieranno a sentire il fiato sul collo da parte di qualche concorrente, gli basterà pigiare il piede sull’acceleratore. E, salvo improbabili suicidi tecnico/societari, continueranno a rimanere i numeri uno.

Curzio Maltese – La Bolla

Per questo libro vale la stessa considerazione che ho fatto riguardo a Papi, di Travaglio, Lillo e Gomez. Sarebbe bello se questi scritti servissero per mobilitare le coscienze, fare aprire gli occhi alle persone, destarle dal torpore politico/mediatico nel quale sono finite.

Ma così non è. Questi libri vengono letti da chi già conosce la verità. Da chi già conosce lo stato attuale della nostra nazione, il livello di degrado sociale, economico e politico.

Da chi non ha votato questa maggioranza.

Questi libri, purtroppo, non spostano voti. Non mobilitano le coscienze. Sono opere scritte dal quella generazione di perdenti che amavano l’Italia, e che assistono impotenti al suo sfacelo. Persone che vorrebbero scappare. Persone con le armi spuntate, o inoffensive.

L’autore è molto bravo nel trasmettere alcuni particolari tipi di sensazione: il rammarico e la frustrazione. E, soprattutto, la rassegnazione.

Curzio Maltese sostiene che tutto questo avrà una fine. Ma quello che verrà dopo, purtroppo per noi, potrebbe essere anche peggio (se possibile…).

Le bugie sulla banda larga

Le Bugie sulla Banda LargaBene, visto che ho deciso di stravolgere completamente questo sito, riprendo le “pubblicazioni” con un articolo di critica nei confronti di un operatore telefonico, la Telcom (non l’ho scritto male, diciamo che preferisco evitare una causa per diffamazione).

Stamattina in una trasmissione radiofonica il conduttore ha esclamato nei confronti di un dirigente Telcom “Ma quando porterete dappertutto questa benedetta banda larga!”. Il dirigente Telcom ha risposto che l’attivazione della banda larga è legata alla domanda e all’offerta.

Bugia.

La faccio semplice. Telcom mantiene ostinatamente l’ADSL a 7 mega laddove c’è necessità di quella da 20 mega semplicemente perché quella da 7 mega le costa di meno. Abito in un comune di 15.000 abitanti. Un comune dall’economia florida, uno dei più ricchi d’Italia a livello di reddito procapite. E’ un comune turistico, e d’estate il numero di abitanti si moltiplica per 10.

Qui non arriva l’ADSL da 20 mega!

Perché? Perché non c’è sufficiente richiesta dice la Telcom. Bugia. Perché a Telcom la 7 mega costa di meno, molto meno. E gli alberghi, le industrie, le agenzie e quant’altro si possono sempre arrangiare con l’HDSL o l’SHDSL, che costa un botto ed è pertanto preclusa al normale cittadino, all’artigiano, alla piccola azienda o al professionista. Soprattutto ora, in tempo di crisi.

E così nel 2009, quasi 2010, la gente dalle mie parti rinuncia all’ADSL perché viste le prestazioni tanto vale prendersi una chiavetta HSDPA e usare quella (e fanno male, perché non esiste una flat per le connessioni mobili, usano il portatile sempre e comunque a casa, spesso si trovano delle sorprese in fattura e la qualità del servizio 9 volte su 10 è penoso).

Qualche anno fa sembrava che l’ADSL da 20 mega, o più, sarebbe arrivata in tutta Italia. Invece rimane nelle città, nei capoluoghi di provincia, nei posti dove costa meno installarla e grazie ai quali la Telcom può continuare a operare in regime di semimonopolio.

Ma quando ci si deciderà a scorporare la gestione delle reti dalla Telcom? Quando ci si deciderà a regolamentarla e a farla funzionare in regime concessione governativa (così che i gestori possano pagare tutti la stessa quota di competenza e gli utili possano essere reinvestiti nel miglioramento della rete, anziché per tappare i buchi di bilancio)?

Cormac McCarthy – Non è un paese per vecchi

Dopo aver letto La Strada ed esserne rimasto allo stesso tempo impressionato e affascinato, ho deciso di affrontare la lettura dell’altro romanzo “famoso” di McCarthy, questo Non è un paese per vecchi dal quale è stato tratto l’omonimo film capolavoro dei Fratelli Cohen.
E non ne sono rimasto deluso, tutt’altro.
Si tratta anche in questo caso di un romanzo bellissimo e coinvolgente, tanto che i fratelli Cohen hanno pensato bene di non stravolgerne dialoghi, trama e atmosfere.
Bellissimi i capitoli nei quali lo sceriffo Ben espone i propri ricordi e le proprie riflessioni in prima persona. Parole semplici, vere e autentiche. Nessun autocompiacimento, nessun virtuosismo verbale.
I romanzi di Cormac McCarthy dovrebbero essere letti a scuola. Si dovrebbe dire agli alunni: “Se da grande vorrai fare lo scrittore, impara a scrivere in questo modo”.
Mai banale o prolisso. Semplice, diretto e commuovente.
Altro capolavoro, punto e basta.