Archivi autore: Thomas M. Pitt

Previsioni sull’iPhone 6s

iPhone 6c ConceptVisto che il sottotitolo di questo blog recita “il mio blog su lettura, scrittura, opinioni e tecnologia…”, vedrò con questo articolo di rispolverare l’argomento evidenziato in grassetto, in memoria dei bei vecchi tempi, quando da queste parti si facevano 1000 utenti unici al giorno parlando di cellulari e regalando sfondi, temi e suonerie.
Peccato che la minaccia di una causa di copyright trolling mi ha costrinse a chiudere baracca e burattini… e a ridimensionare di un buon 99% il traffico sul sito.
L’oggetto dell’articolo è in puro stile fanboy, categoria alla quale non appartengo, ma che spesso gli utenti Apple si sentono affibbiare da… tutti gli altri (soprattutto nerds smanettoni su Linux e geek fanatici di Android).
Ora, per non farla troppo lunga, e per chiudere finalmente questa lunghissima introduzione (ah, la nostalgia!), passo subito al dunque: di seguito metterò per iscritto quelle che sono le mie previsioni sulle novità che verranno introdotte nel prossimo iPhone 6s, in uscita per Agosto/Settembre 2015. Iniziamo…
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Massimo Fini, Una Vita: un libro per tutti, o per nessuno.

Bellissima autobiografia di Massimo Fini, che ho letteralmente divorato.
Massimo Fini è in testa a una delle mie tante categorie di “preferiti”, quella dei giornalisti. Mi piace perché è un ribelle, un anarchico. Non è etichettabile. Non lo si può collocare né a destra né a sinistra, né tanto meno al centro, come un Galli della Loggia qualsiasi. È un “antipatizzante” del berlusconismo (e già questo me lo fa piacere), ma certo ha poco a che vedere con i dogmi e i rituali della sinistra. È ateo e figlio di un’ebrea russa, e ha scritto un libro dedicato al Mullah Omar, che lui considera un eroe. Insomma: è uno di quei pochi giornalisti totalmente liberi, forse l’ultimo rimasto in Italia. E tutto questo l’ha pagato con l’emarginazione.

“È che con l’ambiente ‘radical chic’ non ho proprio nulla a che fare. Anche se mi chiedo, a volte, qual è il mio ambiente, avendoli via via rifiutati tutti.
Onestamente non posso lamentarmi se sono finito isolato e emarginato. Scalfari poi, che è un calabrese vendicativo, non me l’ha mai perdonata”

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Umberto Eco, Numero Zero

Aiuto! Devo recensire un romanzo di Umberto Eco, nientepopodimeno che… E già parlare di recensione mi fa arrossire, quantomeno. Da quando ho deciso di mettere per iscritto in questo blog le impressioni (ecco: forse parlare di “impressioni” è più appropriato) che ricavo dai libri che leggo, non posso certo evitare di farlo con quei pochi autori importanti (e difficili) che raramente decido di affrontare.
Umberto Eco è innegabilmente uno di questi, tranne che per questo romanzo, devo constatare, con mia enorme sorpresa.
Soltanto distrattamente Il Nome della Rosa, secoli fa, e divorato il Pendolo di Focault (in meno di una settimana) qualche anno dopo, le mie letture di Eco si sono fermate a questi due romanzi, e alle Bustine di Minerva che pubblicava sull’Espresso. Poi basta. Provai un certo interesse per Il Cimitero di Praga, ma rimandandone in continuazione l’acquisto ho finito per rinunciare alla lettura. E così ci ho riprovato con questo Numero Zero, aspettandomi le dissertazioni filosofiche, le citazioni dotte e le trame intricate che caratterizzavano gli altri due romanzi. Continua a leggere

Efe Tobunko, Risoluzione 23

Sarò banale, ma neanch’io posso esimermi dal far notare quanto questo romanzo breve ricordi, per stile e tematiche, le migliori storie cyberpunk degli anni 90′.
In molti hanno paragonato Efe Tobunko, talentuoso e ramingo scrittore africano, di cui non avevo mai sentito parlare, al miglior Gibson, con forti rimandi alla fantascienza distopica di Orwell e Huxley. Personalmente, forse per via della narrazione in prima persona, ci vedo qualcosa di G.A.Effinger, quello della trilogia del Budayeen e del Gattino di Schrödinger, e mi fermo qui coi paragoni.
La storia è ambientata in un futuro non troppo lontano, nel quale immani sconvolgimenti climatici hanno trasformato gran parte della Terra in un pianeta freddo e inabitabile. Soltanto nella fascia compresa tra i due tropici le temperature consentono la sopravvivenza della razza umana, e proprio a Lagos, città più grande del mondo e capitale di una Nigeria tecnologica e sviluppata, si muovono i protagonisti del racconto. Continua a leggere

Matthew Dicks, L’amico immaginario

Comprai questo libro qualche anno fa, appena uscito. Non ne avevo mai sentito parlare, ma l’avevano esposto nel reparto novità/best seller, reparto che passo in rassegna ogni volta che mi trovo in libreria. Difficilmente mi faccio catturare da tali proposte. Anch’io, con lo sguardo schifato come il Giacomino di Tre uomini e una gamba, normalmente mi sposto alla ricerca del mattone polacco minimalista di scrittore morto suicida giovanissimo, oppure nel reparto Fantascienza, o in quello Libri Strani. Quella volta invece la sinossi pubblicata nella quarta di copertina attirò la mia attenzione, e così comprai il libro, rifilandolo sadicamente a mia moglie, la quale lo divorò in tre giorni, nonostante le quasi 400 pagine di lunghezza. In teoria l’avrei dovuto leggere anch’io, ma tra una lettura arretrata e l’altra me ne dimenticai. Non solo, lo rimossi totalmente dalla mia memoria, al punto che mi sono ritrovato ad acquistarlo in formato ebook su Amazon (anche questa volta attirato dalla sinossi e dal costo di un paio di euro), senza di ricordarmi di averlo a disposizione nella versione cartacea.
Non ho la più pallida idea di chi sia l’autore, tale Matthew Dicks, per il quale non esiste una pagina dedicata su wikipedia, ne in italiano ne in inglese. Allo stato attuale, so soltanto che è il giovane insegnante autore di questo libro.
Un bel libro, lo dico subito. Non certo un capolavoro, e neanche il massimo dell’originalità, ma comunque una buona lettura. Perché non lo ritengo originale? Perché si da il caso che qualche anno fa abbia letto “Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte” di Mark Haddon: storia di un bambino autistico affetto dalla sindrome di Asperger, che si trova ad affrontare una complessa indagine, nonostante i limiti imposti dalla sua malattia, ma che riuscirà a risolvere grazie alle sue incredibili qualità mnemoniche e matematiche.
L’amico immaginario è per certi versi simile, ma il protagonista narrante non è il bambino autistico, bensì il suo amico immaginario di nome Budo.
Ora, o è un caso, oppure Budo deve qualcosa a Boda, amico immaginario d’infanzia di Kurt Cobain, al quale curiosamente indirizza la lettera che scrive prima di suicidarsi. E lo stesso Boda immaginato dal leader dei Nirvana è protagonista e voce narrante del capolavoro di Tommaso Pincio “Un amore dell’altro mondo”.
Coincidenze, forse.
Budo è l’amico immaginario di Max, bambino affetto da autismo ad alto funzionamento, un bambino apparentemente uguale a tutti gli altri (per il padre è soltanto “un po’ lento”, convinzione che lo porta a scontrarsi con la moglie, madre premurosa e perfettamente consapevole dei problemi del figlio), ma con alcune delle limitazioni tipiche dei disturbi dello spettro autistico: goffaggine, manie e fobie, incredibile capacità di concentrazione, problemi nell’interazione col prossimo, comportamenti stereotipati, impossibilità di comprendere l’umorismo, le frasi fatte, le metafore, tendenza a chiudersi in se stessi e rifugiarsi in una realtà interiore. Di questa realtà fa parte Budo, del tutto simile a un bambino normale, che non può essere visto dalle altre persone, ma che può comunicare e interagire con gli altri amici immaginari, quelli che un po’ tutti i bambini si costruiscono (immaginandoli in fattezze perlopiù bizzarre) e che presto abbandonano, condannandoli a “sparire” non appena si rendono conto che si tratta di un prodotto della loro fantasia.
Budo, da questo punto di vista, è un’eccezione, perché molto più longevo e definito, e molto intelligente per giunta. Non solo, Budo è relativamente autonomo, e questa sua caratteristica, unità alla sua innata curiosità, lo porta spesso ad allontanarsi da Max, in brevi scorribande che lo vededo attento osservatore dei luoghi e delle persone che ruotano intorno al suo “immaginante”.
Budo sa bene che prima o poi Max smetterà di immaginarlo, e ciò lo rende molto “umano” nella sua voglia di vivere, seppur in un mondo col quale non può interagire. Ma queste sue angosce vengono messe da parte da un fatto terribile. Max viene rapito, e Budo non riesce a seguirlo. Cercherà in tutti modi di trovarlo e, limitatamente alla sua condizione di essere immaginario, proverà ad aiutarlo a mettersi in salvo. Ci riuscirà?
Libro che si legge tutto d’un fiato, scritto e tradotto bene, e che vedrei bene come soggetto di un film di Zemeckis. Consigliato.

Nicola Skert, Hitorizumo

Provo una certa difficoltà a recensire questo romanzo. Primo: perché mi è capitato di scambiare qualche parola con Nicola Skert via Facebook, e questa seppur risicatissima conoscenza rischia di compromettere il mio giudizio (sono fatto così…). Secondo: perché ho fatto una gran fatica ad arrivare alla fine del romanzo, ma gli ultimi capitoli valgono da soli l’intera lettura. Terzo: perché l’idea alla base della storia è ottima, e alcune trovate sono davvero geniali. Purtroppo però devo dire che alcuni difetti (o quelli che io soggettivamente reputo tali) rischiano di rovinare il tutto.
E parliamo subito di questi difetti, che poi stringi stringi è uno soltanto: i dialoghi. Troppo innaturali, artificiosamente brillanti, ricchi di battute spiritose ma che non fanno ridere, che vorrebbero essere cinici o sarcastici, senza riuscirci, anzi, che sembrano presi dalle pubblicità alla TV per quanto paiono forzati.
Peccato, perché al netto di questo grave difetto (e di qualche refuso qua e la), il romanzo è scritto davvero bene, e molte descrizioni vengono rese in maniera magistrale, anche se la soglia tra il racconto e lo spiegone viene lambita in più di un’occasione (senza peraltro mai tracimare in infodump logorroici).
La storia: improvvisamente la Terra piomba nel buio. Un buio impenetrabile e apocalittico, per il quale non esiste apparentemente una spiegazione scientifica. Un’oscurità sinistramente preannunciata da misteriose ombre che furtivamente, senza mai rivelarsi del tutto, sfiorano il campo visivo dei protagonisti.
Presto l’umanità si troverà a combattere contro il gelo polare dovuto al brusco calo termico, la totale assenza di luce e energia, gli incendi, i fumi tossici e le bande di gente comune in preda al panico o, peggio, a una incontrollabile follia omicida.
Paolo, un giovane meteorologo accompagnato dal suo amico Mirco, cercherà di raggiungere sua moglie Angela e il loro figlio Giulio, barricati tra le mura domestiche insieme a Luca, un amico e vicino di casa reso psicologicamente instabile dall’improvvisa scomparsa della luce. Sarà un viaggio difficile, pericoloso e drammatico, ma dopo il ricongiungimento qualcosa cambierà…
Basta, il rischio di rovinare la sorpresa nel lettore che si appresta a leggere Hitorizumo è alta, pertanto mi limito a dire che la trama non è soltanto quella da me sommariamente riportata. È altro, molto altro.
Un romanzo da leggere, e soprattutto da finire. Fidatevi.

PS: In appendice al romanzo vengono riportati alcuni studi scientifici che sviluppano l’ipotesi alla base del racconto, ossia l’improvviso spegnimento (o oscuramento) del sole. Purtroppo non si tratta di articoli divulgativi, e alla seconda equazione ho iniziato a perdere il filo. Peccato, perché l’argomento è interessante, ma per come viene trattato sembra rivolto a studiosi e accademici, non a appassionati di narrativa fantastica.

Andy Weir, L’Uomo di Marte

Dopo aver letto l’ultima pagina sono stato tentato di assegnare al romanzo cinque stelle su cinque nella recensione Amazon, poi ho ritenuto più adeguato un quattro su cinque, e alla fine della recensione per poco non correggo a tre stelle. Ma andiamo per ordine.
Finalmente un gran bel romanzo di fantascienza hard, dove tecnologia, chimica e fisica – ingredienti principali per concetti spiegati molto bene, senza l’utilizzo di formule matematiche o termini incomprensibili – vincono su qualsiasi forzatura narrativa di comodo, tipo [SPOILER]alieni, viaggi nel tempo, motori a curvatura, tachioni, superpoteri[/SPOILER]. Tuttavia ritengo che cinque stelle si possano dare soltanto ai capolavori assoluti, quelli che ti cambiano la vita, e questo certo non lo è. Si tratta di un ottimo romanzo, una gran bella storia che si legge tutta d’un fiato, senza cali di ritmo e che pagina dopo pagina mantiene la giusta tensione. Per questo quattro stelle.
Poi a ben vedere manca di un po’ di sana introspezione, le situazioni drammatiche non vengono rese con la giusta profondità, e le questioni psicologiche e filosofiche lasciano il passo alla successione degli eventi e alle descrizioni scientifiche/tecnologiche. Per questo alla fine sono stato tentato di levare un’altra stella, ma poi ho pensato al piacere che ho provato nella lettura, a quella voglia di non staccare mai gli occhi dalle pagine fino alla fine della storia. Insomma: quattro stelle e non se ne parla più. Continua a leggere

Alok Jha, Manuale dell’apocalisse: Cinquanta ipotesi sulla fine del mondo

Ho acquistato questo saggio per tre motivi: 1) L’argomento mi affascina fin da bambino (ho letto tutta l’Apocalisse di Giovanni che ero ancora alle medie); 2) Mi sono fidato della casa editrice, la Bolati Boringhieri; 3) Mi è stato gentilmente offerto da Amazon a 99 centesimi, e questo è forse il motivo principale.
Nonostante l’eccessiva enfasi posta nelle tante possibilità di sventura che potrebbero sconquassare questo sfortunato pianeta, il saggio rimane ben confinato entro una certa plausibilità scientifica, per cui non si ha anche fare, nel corso della lettura, con profezie Maya, Nostradamus, liste di papi e quant’altro.
Ma se è vero che non ci si discosta mai dal sentiero tracciato entro i suddetti steccati scientifici, la superficialità con la quale vengono esposte le cinquanta ipotesi catastrofiche è spesso a livelli da scuola elementare. E l’autore non è ne spiritoso, ne acuto.
Si tratta sostanzialmente di una lettura tremendamente noiosa, e non vale la pena spendere altre parole. Non compratelo, a meno che non ve lo ripropongano a pochi euro e avete la fissa per i manuali escatologici.

Tom Perrotta, Svaniti nel Nulla

Lo confesso: più di una volta sono andato vicino all’abbandono della lettura di questo libro. Ma alla fine, prendendomi molto più tempo di quello necessario, sono riuscito ad arrivare alla 398ttesima pagina di questo estenuante episodio mal riuscito di Ai Confini della Realtà.
Si, perché è evidente che l’intento dello scrittore italo americano Tom Perrotta è quello di ricalcare esattamente quel tipo di atmosfere alla The Twilight Zone. Obiettivo fallito.
Ma allora come ho fatto io, omicida seriale di libri abbandonati nei dintorni di pagina cinquanta, a portarne a termine la lettura? Andiamo per ordine…
Prima di affrontare la lettura del libro, ho seguito su Sky fino all’ultima puntata la serie TV che ne è stata tratta, e che vede lo stesso Tom Perrotta nel duplice ruolo di produttore e autore del soggetto. Continua a leggere