Eguagliare la qualità, narrativa e interpretativa, della prima stagione di True Detective era pressoché impossibile. E infatti, vuoi per gli interpreti, vuoi per la trama un po’ troppo incasinata e ramificata, questa seconda stagione del serial di Nic Pizzolatto s’è rivelata non ai livelli della precedente. Detto questo, avercene…
Regia, fotografia e colonna sonora sono quanto di meglio si possa vedere e sentire non solo in TV, ma anche al cinema. E anche se Matthew McConaughey e Woody Harrelson sono inarrivabili, alla fine, diciamo dalla quinta puntata in poi, anche gli interpreti di TD2 se la sono cavata dignitosamente. Soprattutto Rachel McAdams, se non altro per l’evidente sforzo che deve esserle costato rinunciare ai suoi consueti ruoli da ragazza carina in procinto di convolare, e accettare di recitare le solite frasi yankee stereotipate da ispettore Callaghan con IRONIA MODE OFF.
Colin Farrell ha la stessa espressione con gli occhi spalancati dai tempi del villain in Daredevil, ma riesce comunque a trasmettere sofferenza e conflitto interiore, quindi 6+ di stima.
Mi aspettavo di più da Vince Vaughn, indubbiamente affascinante nel ruolo di cattivo romantico, ma mentre lo guardo recitare non riesco a scacciare quella sensazione per cui ti aspetti che da un momento all’altro saltino fuori Owen Willson o Ben Stiller e finisca tutto in commedia.
Di Taylor Kitsch non mi ero mai accorto in passato, e posso continuare a ignorarlo. Infine Kelly Reilly, indubbiamente brava, ma spesso costretta a recitare frasi improbabili.
Sulla trama ho già detto: troppo incasinata e ramificata, e anche poco interessante, ad eccezione della sotto-trama alla Eyes Wide Shut, che avrebbero dovuto approfondire adeguatamente.
Però… c’è un però: tutte queste considerazioni partono dal fatto che il primo True Detective era davvero un capolavoro assoluto, recitato mostruosamente, diretto magnificamente e perfettamente sceneggiato. Il secondo tentativo invece sta in mezzo tra l’ottimo prodotto televisivo e un buon film al cinema. Diviso otto.
Archivi autore: Thomas M. Pitt
Umberto Eco, Il Cimitero di Praga
Dico subito che la lettura di questo libro mi ha preso molto, troppo tempo. Più volte mi sono trovato sul punto di cedere, metterlo da parte e ripromettermi di finirlo “più in la” (mentendo spudoratamente a me stesso). E invece no: da buon sardo – tanto per citare un abusato luogo comune – mi ci sono intestardito, e finalmente sono arrivato all’ultima pagina, col fiatone. Ne è valsa la pena? Vediamo.
Il Cimitero di Praga narra le vicende di tal Simone Simonini: una sorta di notaio, truffatore, falsario e agente segreto piemontese poi trapiantato in Francia, transitoriamente schizofrenico e vagamente psicopatico, coinvolto in tutta una serie di fatti storici realmente accaduti. Si va dalla caduta di Napoleone III, alla Spedizione dei Mille, alla Comune Parigina, alle trame della Chiesa, dei Gesuiti, dei Prussiani, della Polizia Zarista; si finisce col narrare le vicende legate ai falsi storici dei Protocolli dei Savi di Sion e dei culti Palladiani, Luciferini e della Massoneria più o meno coperta, fino al crescente antisemitismo, quello che pochi decenni dopo sfocerà nella Soluzione Finale. Questo in estrema sintesi.
Il romanzo è narrato in prima persona da Simone Simonini e dal coprotagonista Abate dalla Piccola, in buona parte in forma di diario e scambio epistolare (i due sono “strettamente” legati), e dalla terza figura del narratore anonimo.
Simone Simonini e l’Abate sono personaggi inventati, ma ispirati a figure realmente esistite, che soltanto uno studioso risorgimentale può sperare di riuscire a individuare. Sempre che di personaggi risorgimentali si tratti. In realtà Simone Somonini pare l’alter ego di alcuni personaggi assolutamente attuali, almeno nei modi e nell’intendere potere e politica.
Se non si è, come già detto, studiosi risorgimentali, conviene leggere il Cimitero di Praga di fianco al computer. Si potrà così scoprire che tutti gli altri personaggi citati nell’opera sono realmente esistiti. A parte quelli famosi (Garibaldi, Ippolito Nievo, Bixio, Freud, Dreyfus, ecc.), faremo la conoscenza di personaggi storici alquanto singolari, quali ad esempio gli scrittori Leo Taxil e Hermann Goedsche, e il satanista Joseph-Antoine Boullan.
Oltre all’impeccabile ricostruzione storica, Eco si diverte a inserire nel suo romanzo numerosi riferimenti alla cucina francese dell’epoca, interessanti digressioni sulla scienza degli esplosivi, e scampoli dell’imminente irruzione della modernità (la metropolitana, la posta pneumatica, le navi a vapore…). Ad arricchire e inframezzare il tutto, una ricca serie d’illustrazioni e stampe d’epoca.
Insomma, un’opera quasi enciclopedica condensata, si fa per dire, in poco più più di 500 pagine che, come dicevo in apertura, non è stato facile portare a termine. Primo perché 520 pagine non sono poche (il Pendolo di Focault superava le 700 pagine, e lo lessi in una settimana, ma erano altri tempi); secondo perché le citazioni e i fatti narrati sono davvero tanti, e una ripassatina di storia ogni tanto s’è resa necessaria; terzo, perché come negli altri romanzi di Eco, i dialoghi la fanno da padrone, e leggere pagine e pagine di botta e risposta alla fine stanca (a me fa questo effetto).
Quindi, tornando alla domanda iniziale, ne è valsa la pena? Se si parte dal presupposto che ogni libro letto rappresenta un arricchimento, diretto o indiretto, allora la risposta non può che essere affermativa. Se invece ci limitiamo a valutare la godibilità dell’opera, bè, che vi devo dire? Ne è valsa comunque la pena: alla fine è un bel romanzo. Sinceramente.
Ma che fatica, però!
Come Usare Apple Music gratis per 3 mesi e disattivare OGGI il rinnovo automatico
Se state leggendo questo articolo probabilmente sapere già cos’è Apple Music, altrimenti googolatelo. Probabilmente sapete anche che per tre mesi sarà disponibile gratuitamente, e che alla fine del terzo mese, se non provvedete per tempo alla disdetta, vi verrà addebitato l’importo di €9,99 o €14,99, a seconda dell’abbonamento da voi scelto per la prova.
Ora, fatta questa pallosissima doverosa premessa, vediamo come disabilitare da subito (si, si può) il rinnovo automatico, per evitare di dovercene ricordarvene tra tre mesi appiccicando post-it ovunque (troppo difficile per molti impostare un promemoria sull’iPhone…).
Il metodo più semplice consiste nell’andare su iTunes e cliccare su gestione account, in alto a destra dove c’è l’icona a forma di vagin… di ritratto, selezionare Informazioni Account. Vi si aprirà la scheda iTunse Store (se non succede andateci manualmente) e scorrete fino a Impostazioni. Li vi troverete la voce Abbonamenti, cliccate su Gestisci e poi, una volta individuato l’abbonamento a Apple Music, cliccate su modifica. Qui potete selezionare l’opzione che vi disabilita il rinnovo automatico.
Semplice, no?
AGGIORNAMENTO 14.07.2015
In realtà il rinnovo automatico si può disabilitare direttamente dall’iPhone, e io PIRLA non l’ho verificato quando ho scritto questo articolo. Vediamo di rimediare, basterà seguire questi 6 passaggi.
1. Aprite l’app Musica (che ricordo comparirà nel vostro device dopo aver installato iOS 8.4)
2. In alto a sinistra troverete l’icona dell’Account, che se non avete personalizzato avrà la forma di una testa di caz… stilizzata.
3. Cliccate su Visualizza ID Apple, dopodiché vi verrà chiesto di inserire la la vostra password
4. Cercate la voce “Abbonamenti” e cliccate su “Gestisci”
5. Cliccate sull’abbonamento a Musica e…
6. Scorrete l’interruttore che disattiva la voce “Rinnovo automatico”.
True Detective 2
Ho iniziato ieri a seguire il telefilm True Detective 2, serie televisiva creata da Nic Pizzolatto, che nella prima stagione (bellissima) aveva per protagonisti Woody Harrelson, un fenomenale Matthew McConaughey e una Michelle Monaghan con un ruolo defilato (e un po’ antipatico) ma ugualmente brava.
Se la prima stagione era ambientata tra le tetre paludi della Luisiana, questa pare puntare su un’ambientazione più cupa e urbana. Ma, soprattutto, sono i protagonisti a essere totalmente cambiati: Colin Farrell, Rachel McAdams, Kelly Reilly, Vince Vaughn (che già promette bene) e Taylor Kitsch (che non conosco…).
Che dire? Sia che abbiate seguito la prima stagione (e se non lo avete fatto potete rimediare, in modo lecito, su sky on demand, oppure vedete voi come), sia che ve la siate lasciata sfuggire, vi consiglio di seguire questa seconda, del tutto indipendente rispetto alla prima. Le premesse sono ottime: ottima regia, ottima fotografia (che pur tuttavia difficilmente raggiungerà i livelli della prima), buona sceneggiatura e discreta recitazione (no, McConaughey è decisamente inarrivabile).
Anche perché, diciamolo, si tratta in realtà di otto film da un’ora, dove gli standard di riferimento sono quelli cinematografici, e non quelli televisivi.
Link al racconto Migrante
Ho pubblicato qui l’incipit e l’estratto del mio ultimo racconto, intitolato Migrante. In realtà il racconto, benché completo, necessita di una serie revisione, che cercherò di fare nei prossimi giorni. L’obiettivo è quello di proporlo per la pubblicazione come racconto breve o, se riuscirò a farlo crescere, di media lunghezza.
Sopravvissuto – Trailer Ufficiale
Che dire? Non vedo l’ora!
A giudicare dal trailer ufficiale, il film tratto da The Martian (“L’uomo di marte” il titolo del romanzo in Italia [leggi la recensione], mentre al cinema, tanto per cambiare, viene cambiato in Sopravvissuto) promette bene. Continua a leggere
Neolingua
Io una cosa non riesco proprio a capirla: per quale motivo nei media il termine “migrante” ha sostituito quello più corretto di “profugo”? Questi disperati che scappano dalle guerre e dalle dittature, attraversando il mare su mezzi che a malapena galleggiano, sono profughi. PROFUGHI. Per caso il termine “profugo” contiene in se una qualche accezione negativa? O forse il termine migrate serve a far apparentare i profughi, in maniera subliminale, ai nostri connazionali emigrati a cavallo tra i due secoli e nel primo dopoguerra (e questo in maniera del tutto consapevole e con una certa dose di paraculaggine, senza necessità di scomodare complotti occulti)? Se la risposta è questa, dubito il risultato finale sia quello sperato. L’intolleranza si combatte con la cultura e con serie politiche di integrazione. Per la cultura ci vogliono decenni, e il tempo stringe. Per serie politiche di integrazione, invece, non voglio dire che bisogna dare la cittadinanza, una casa e un lavoro ad ogni persona che sbarca sulle nostre spiagge. No, questo non è possibile. L’integrazione la si costruisce in modo armonico, di concerto con gli altri paesi europei. E se gli altri paesi europei se ne infischiano, non si fa spallucce, ma si combatte per una politica di condivisione dell’emergenza che soltanto con personalità autorevoli, e non con cazzari e indossatori di felpe, si può sperare di portare avanti.
Carlo Rovelli, Sette brevi lezioni di fisica
Dico la verità: da questo libro, letto il titolo e trascurata la sinossi, mi aspettavo una sorta di ripasso delle lezioni di fisica delle superiori, tipo il moto rettilineo uniforme, l’accelerazione centripeta e le tre leggi della dinamica. No, niente di tutto ciò. Qui le cose si fanno serie, e nelle sette lezioni, oggetto di altrettanti articoli pubblicati nel domenicale del Sole 24 Ore, si affrontano argomenti complessi, apparentemente non alla portata di tutti. Allora come mai, mi sono chiesto, questo libro svetta tra le classifiche dei libri più venduti di Amazon?
Mettendo da parte le prime due risposte abbastanza ovvie (perché è lungo soltanto 84 pagine nella versione cartacea e costa poco, soprattutto se si colgono le offerte Kindle), il successo di questo libro è da ricercare nell’ottimo stile di scrittura dell’autore, nella semplicità dell’esposizione, e nel fatto che gli argomenti trattati, seppur a carattere rigorosamente scientifico, solleticano in modo quasi subliminale certe corde sensibili al trascendente.
E poi, finalmente direi, non si parla dei soliti buchi neri (non soltanto), della solita materia oscura (non solo), o dello scontatissimo Bosone di Higgs (anche di quello, ma a margine). Si affrontano argomenti abbastanza inediti nel panorama della divulgazione scientifica a larga diffusione. Personalmente, mi hanno colpito alcune riflessione sui geni che hanno rivoluzionato la fisica a cavallo tra il diciannovesimo e il ventesimo secolo e, venendo al sodo, l’illustrazione di alcune particolari teorie riguardanti il fluire del tempo e la composizione dell’universo basata su grani di spazio.
Ammetto tuttavia di non aver propriamente capito tutto, e in questo non hanno certo aiutato le mie abitudini di lettura (la sera sul divano con la TV accesa; a letto prima di dormire e la mattina… insomma, avete capito). Oltre a ciò, devo ammetterlo, ho come l’impressione che per la lettura di tematiche così complesse sia preferibile il supporto cartaceo a quello digitale. Non chiedetemi il motivo, però. Urge comunque una seconda e più attenta lettura.
Libro consigliato se siete appassionati di scienza & fantascienza, e anche se non lo siete ma vi piacciono la filosofia e siete sufficientemente curiosi. E, tra l’altro, non è certo indispensabile una preparazione accademica.
Anathema, Untouchable part 2
Trovo sia una vera ingiustizia il fatto che un gruppo come gli Anathema non abbia ancora riscosso quel successo planetario che certamente merita. Probabilmente non gli viene perdonato l’essersi scelti un nome che ricorda troppo le origini doom metal, genere che tuttavia hanno definitivamente abbandonato dopo pochi album, per poi evolvere verso quei “paesaggi solari” che vengono spesso evocati quale metafora del loro sound. Un vero peccato, perché gli Anathema meriterebbero di state accanto a band ben più celebri, come i REM e Radiohead.
Massimiliano Santarossa, Metropoli
Sarò poco originale, ma anch’io non posso fare a meno di sostenere, come hanno fatto altri recensori, che questo romanzo deve molto, moltissimo, alle distopie della prima metà del secolo scorso: Orwell, Huxley, Bradbury e Zamjatin. Non solo, durante la lettura ho colto evidenti rimandi alla fantascienza sociologica degli anni 60/70, alla Herry Harrison per intenderci, con chiari riferimenti ad alcune tematiche del romanzo Largo! Largo!, dal quale è stato tratto il cult con Charlton Heston “2022: I sopravvissuti“.
La storia.
A seguito di un catastrofico collasso produttivo, usa sorta di evoluzione iperbolica dell’attuale crisi economica, il mondo è piombato in un’irreversibile dissesto ambientale e sociale. La temperatura media del pianeta è crollata, gli stati e le istituzioni sono collassati, la maggior parte delle specie viventi estinte. Sopravvivono nella miseria e nella barbarie pochi esseri umani, tormentati dal freddo e dalla fame.
Unica speranza per chi tenta di sopravvivere è quella di raggiungere la città fortificata di Metropoli. Continua a leggere