Abbozzai questo racconto, intitolandolo inizialmente “Il nesso”, mentre attendevo di sapere se il mio racconto Progressione Geometrica sarebbe stato selezionato per l’antologia 365 Racconti sulla fine del mondo. Mi resi subito conto che il racconto avrebbe avuto possibilità di essere apprezzato esclusivamente dagli attenti conoscitori dell’opera dickiana, pertanto decisi di metterlo da parte, in attesa di capire in che modo renderlo meno criptico. E da parte c’è rimasto fino ad oggi, visto che il modo per migliorarlo ancora non l’ho trovato.
Se la cosa può interessarvi, il racconto riguarda fatti e circostanze realmente accadute. Soltanto le ultime righe sono inventate di sana pianta. O così voglio credere.
ATTENZIONE: il racconto risulta comprensibile esclusivamente agli appassionati di Philip Dick, quelli che, come me, ne hanno letto buona parte della produzione e ne conoscono la biografia. Diversamente, lasciate perdere.
Philip K. Dick, Androide.
Settembre 2012. Mancavano tre mesi alla fine del mondo, predetta dai Maya per il 21 dicembre 2012, giorno in cui accidentalmente avrei festeggiato il mio trentanovesimo compleanno. Mentre cercavo in rete l’ispirazione per un racconto apocalittico, da presentare in un concorso letterario a tema, mi ritrovai a leggere un articolo sulla singolare vicenda dell’Androide Philip K. Dick, progetto risalente al 2004 portato avanti da alcuni ricercatori del Fedex Institute of Technology.
Il risultato, dal punto di vista tecnologico, fu clamoroso. L’Androide, di cui fu realizzata soltanto la testa, pareva dotato di empatia e intelligenza propria. I video su YouTube furono visti da migliaia di persone e anche TV e stampa se ne occuparono con servizi e approfondimenti.
Poi accadde un fatto curioso: all’inizio del 2006 l’Androide Philip K. Dick sparì misteriosamente, mentre veniva trasportato in volo da Orange County a San Francisco, con destinazione Mountain View, presso la sede di Google Inc.
Tutto ciò mi ritorna in mente oggi, mentre a fatica cerco di tenere gli occhi aperti durante la mezz’ora di cazzeggio pomeridiano su internet, che in mancanza di altre urgenze di solito mi concedo al rientro in ufficio, dopo la pausa pranzo. In realtà si tratta di un cazzeggio “attivo”, considerato che il mio lavoro mi impone di consultare quotidianamente le news più interessanti su informatica e tecnologia. Così facendo la mia attenzione viene catturata da un link pubblicato nell’area related post di un articolo dedicato ai sistemi di sicurezza informatica utilizzati nei laboratori di ricerca. Il link fa riferimento a una notizia, vecchia di qualche anno, che illustra la teoria formulata da un gruppo di scienziati riguardo agli incidenti accorsi all’LHC presso il CERN di Ginevra.
La teoria, giudicata perlopiù bizzarra dalla comunità scientifica, sosteneva che gli incidenti sopraggiunti all’acceleratore di particelle venivano causati dal suo stesso futuro. O da Dio, infastidito dal fatto che prima o poi avrebbero scoperto la Sua particella: il bosone di Higgs. Evidentemente Dio non è poi così permaloso, visto che pochi anni dopo il bosone è stato trovato, mentre il tempo ha continuato a fluire nel solito verso.
Mi chiedo quale possa essere il nesso tra le due cose, ossia tra il ricordo della news sulla testa di Dick e l’essermi imbattuto per caso nella teoria metafisica sugli incidenti all’LHC. E così, senza un’apparente connessione logica, mi viene in mente che la prima domanda rivolta dagli sviluppatori di Google all’androide Philip Dick, molto probabilmente, sarebbe stata: “Cos’è la realtà?”. Per lo meno, è esattamente ciò che gli avrei chiesto io.
LHC, Google, Dick, Realtà. Digito su Google le quattro chiavi di ricerca e il primo risultato è un link a un file torrent: “A che ora è la fine del mondo – free download – (4 files)”, celebre canzone di Ligabue. Deglutisco. Provo ad aprire il collegamento e vengo dirottato verso uno di quei siti pieri di malware, adware, spyware e altra robaccia. Per scaricare il file dovrei compilare il form con le mie generalità, cosa che ovviamente non faccio per evitare di beccarmi le infezioni di cui sopra. Lì per li trovo comunque curioso che il primo risultato restituito dal motore di ricerca sia inerente a qualcosa che ha a che fare con la fine del mondo.
Rieseguo la ricerca sostituendo il termine Realtà con l’equivalente inglese Reality e il primo risultato è la news “Pakistan may ban Yahoo, Google, MSN – The Express Tribune”. Solo che in questo caso il Dick menzionato nel testo della notizia è un certo funzionario di nome Tom, e LHC è acronimo di Lahore High Court.
Un attimo, io mi chiamo Tommaso… Tom Dick. Altra coincidenza. Tra l’altro Tommaso è il nome di un alter ego onirico col quale Dick diceva di essere in contatto.
Le coincidenze iniziano ad essere un po’ troppe. Mi viene in mente che il Pakistan è una potenza nucleare, e quel Lahore ha una certa assonanza con Tagore, soggetto della lettera che Horselover Fat invia a Dick verso la fine di Valis.
Avverto una sorta di inquietudine. Apro la finestra e mi affaccio sulla strada. Due centurioni con il mitra in mano e il gladio alla cintura presidiano un posto di blocco. Hanno fermato una ragazza coi capelli lunghi e neri, che si trova a passare da quelle parti. Indossa t-shirt bianca, resa quasi trasparente dal sole basso all’orizzonte. Si intravedono in trasparenza i suoi piccoli seni.
In fondo alla strada un cartello luminoso informa che l’allarme attentati è ancora in corso.
Se sei interessato alla pubblicazione del racconto, contattami tramite questo link.