Alla fine i falchi tiratori smisero di lanciare bordate a vuoto, e con maggioranza semplice la destra riuscì a far eleggere il Presidente più divisivo della storia della Repubblica, il quale, durante la sua prima conferenza stampa, non rinunciò al solito repertorio.
Tanto per cominciare, tirò subito una bomba incendiaria istituzionale, di quelle che fanno male. In sostanza auspicò, di fronte alle telecamere, che i magistrati continuassero a fare i magistrati e “soprattutto” chiedessero scusa per come s’erano comportati in passato, in particolare nei suoi confronti. Qualcuno gli fece notare che in quanto Presidente della Repubblica era anche il presidente del CSM, e forse affermazioni di quel tipo non erano consone a suo ruolo di garante delle istituzioni. Senza scomporsi rispose: “Appunto. Andiamo avanti”. I giornalisti si scambiarono sguardi interrogativi.
La corrispondente di una tv estera gli chiese conto dei suoi trascorsi con le donne, accusandolo neanche troppo velatamente di maschilismo antistorico. Lui le fece l’occhiolino e l’invitò a cena per approfondire la questione in separata sede. Un brusio insistito pervase la sala.
Alle domande su immigrazione e integrazione rispose che lui non è mai stato razzista e che, anzi, non disdegna le donne “abbronzate”, specie se nipoti di dittatori egiziani. Riguardo la questione LGBTQ+ aggiunse che con le sue televisioni aveva dato un sacco di lavoro a “quelli lì”, e ripropose la solita battuta, già spesa in altri contesti, dove afferma che se anche in lui si nascondesse una personalità femminile, probabilmente sarebbe lesbica. Risero in pochi.
Qualcuno gli chiese di chiarire i suoi rapporti con la Russia, e sempre più compiaciuto e senza freni inibitori rispose che da quelle parti aveva tanti amici, uno in particolare, e aggiunse che tra l’altro era pieno di figa. Il giornalista, esterrefatto, cercò di rimanere sul punto e obiettò che forse dall’altra parte dell’Atlantico avrebbero avuto qualcosa da ridire al riguardo, al che lui rispose che tanto alla prossima elezione avrebbero eletto nuovamente il suo amico col ciuffo biondo. Aggiunse che con lui andava ugualmente d’accordo e condivideva gli stessi ideali, e soprattutto la passione per quella cosa là.
Un cronista gli chiese se riteneva di riuscire a ricoprire l’incarico per l’intero il settennato, considerati i suoi recenti problemi di salute, e lui in tutta risposta si diede una bella strizzatina alle parti basse, a favore di telecamere. Poi aggiunse: “E perché non anche i mandati successivi?”
Il giornalista obiettò: “Forse perché ha ottantacinque anni e benché si ritenga unto dal Signore non può pretendere d’essere immortale…”
Il Presidente a quel punto sogghignò e con estrema calma si slacciò il nodo della cravatta, si sbottonò la camicia, tirò su la canottiera e, dopo aver premuto sul capezzolo destro, aprì un piccolo sportellino sotto il costato, in corrispondenza di una lunga cicatrice, dietro il quale si intravedeva un display ricco di numeri e indicatori. Puntò il dito indice verso lo schermo, finendo per sfiorarlo.
“Immortale forse no, ma se questo coso funziona come la pompetta che qualche anno fa mi hanno messo là sotto, tre o quattro mandati potrei f-f-f-f…”
Il Presidente immobilizzò, con gli occhi spalancati. Nel display sotto il costato comparve a tutto schermo un triangolo rosso con punto esclamativo. Pochi istanti dopo sopraggiunse dietro di lui un tizio in completo nero e occhiali scuri, gli afferrerò le grandi orecchie e le girò entrambe in senso antiorario. Sul display sparì il triangolo e comparve la scritta RESTART, con a seguire un punto per ogni secondo trascorso. Il presidente fu colto da un fremito meccanico, batté le palpebre a ritmo un numero imprecisato di volte e poi finalmente, completato il riavvio, parve rianimarsi. Dopo qualche secondo esclamò: “Cribbio! Avevo detto di disattivare il touch screen!”