Sono mesi che non riesco più a scrivere recensioni, articoli o semplici testi che siano più lunghi di un post su Facebook o una storia su Instagram. Colpa dello stato d’animo conseguente all’emergenza coronavirus e al relativo lock down? Forse. Oppure mi trovo in una fase della mia vita in cui ho perso lo slancio creativo, e per me scrivere è diventato faticoso. Tutto questo preambolo serve per giustificare la brevità – o la superficialità – di questa recensione. Non che io sia mai stato un grafomane, ma Kakfka sulla spiaggia, del celebre scrittore giapponese Murakami Haruki, meriterebbe una lunga e esaustiva disanima critica, mentre io mi limiterò a raccontarvi le mie impressioni a freddo, visto che il romanzo ho finito di leggerlo ormai un paio di mesi fa.
Seconda opera di Murakami da me affrontata, dopo 1Q84, Kafka sulla spiaggia è un romanzo caleidoscopico, nel quale si intrecciano miti, situazioni e fatti appartenenti alla contemporaneità, alla mitologia giapponese egli archetipi culturali occidentali. Il romanzo è caratterizzato dall’alternarsi dei capitoli, nei quali vengono raccontate le vicende dei due protagonisti principali: il quindicenne Tamura Kafka e l’anziano Nakata.
Tamura Kafka è un ragazzo dalla personalità atipica. Taciturno, inquieto, fisicamente e psicologicamente più maturo rispetto alla sua età, e in contatto telepatico con un amico immaginario chiamato Corvo, suo oscuro alter ego. Vive una situazione familiare difficile. Figlio di un famoso e ambiguo artista giapponese, decide si scappare di casa, in fuga dalla profezia edipica lanciatagli dal padre: “ucciderai tuo padre e giacerai con tua madre e tua sorella“. Soffre a causa dell’abbandono da parte della madre, che porterà via con se la sorella maggiore, avvenuto quando lui aveva quattro anni. Il suo peregrinare lo porterà a fare alcune importanti conoscenze, strettamente intrecciate con la profezia del padre. Conoscerà l’amore per una donna matura, una ex cantante e scrittrice, impiegata nella biblioteca nella quale Tamura Kafka andrà a vivere e lavorare, e dove stringerà amicizia coll’erudito ermafrodita Sig. Oshima.
Nakata invece è un pacifico vecchietto che soffre di un forte ritardo mentale, conseguenza di un fatto misterioso accaduto a lui e alla scolaresca della quale faceva parte da bambino, durante la seconda guerra mondiale. Nakata ha la capacità di parlare con i gatti, capacità che lo porterà a conoscere il terribile personaggio di Johnnie Walker, il principale punto di contatto con la storia di Tamura Kafka… E non aggiungo altro per evitare spoiler.
Kafka sulla spiaggia è un romanzo bellissimo e avvolgente (non è un errore: non volevo scrivere “coinvolgente”). Le pagine scorrono senza che ci si stanchi di chiedersi cosa stia per accadere. Gli argomenti per lo più fantastici sono trattati con linguaggio semplice e quasi fiabesco, ma non privo di sfumature inquietanti, erotiche, finanche ironiche. La lettura di un romanzo di Murakami è giocoforza immersiva. Si entra in un modo parallelo nel quale ci si sente a proprio agio, come se la normalità fossero i gatti che parlano, le pietre magiche e i villaggi perduti tra i boschi. In tanti da sostengono che Aruki Murakami meriterebbe il premio Nobel, motivo per cui non lo vincerà mai.
E con quest’ultima mia profezia dichiaro la recensione finita. Me la sono cavata?