Dopo aver letto, abbastanza casualmente, il romanzo Mette Pioggia di Gianni Tetti, ed esserne rimasto piacevolmente colpito, ho voluto approfondire l’opera di questo autore mio conterraneo, col quale condivido città di nascita e passione per il genere distopico e apocalittico. Ho optato naturalmente per il suo romanzo successivo, Il Grande Nudo, nel momento in cui scrivo la sua ultima pubblicazione, testo che è stato candidato ufficialmente durante la settantunesima edizione del Premio Strega. Mi è piaciuto? Si, mi è piaciuto. Ci tengo a dirlo subito e a scanso di equivoci, perché da questo momento in poi ne illustrerò quelli che a molti potrebbero sembrare dei difetti.
Prendiamo Mette Pioggia, il suo romanzo precedente, innaffiamolo con la benzina, mettiamo un petardo al suo interno, incendiamolo e facciamolo esplodere. Avremo così Il Grande Nudo: romanzo deflagrante che riporta più o meno le stesse tematiche, gli stessi personaggi, gli stessi luoghi del romanzo precedente, ma elevati all’ennesima potenza. Con, ancora più evidente, un unico principale protagonista: la crudeltà umana, maschile, italiana, sarda.
Razzismo, misoginia, pedofilia, opportunismo, meschinità, fascismo, dipendenze, perversioni, vizi. Nei tanti personaggi de Il Grande Nudo troviamo tutto questo, ma non solo. Troviamo quel misticismo atavico ereditato da nostri antenati, quell’appartenenza e venerazione per la Madre Terra e per la natura che scandiva la quotidianità dei nostri progenitori nuragici.
Come in Mette Pioggia, le vicende vengono ambientate nella città di Sassari. Il vento malefico, i cani, il morbo e alcuni personaggi pare abbiano fatto un balzo da un romanzo all’altro. Attentati sempre più frequenti e letali sconquassano la città, mentre i militari prendono progressivamente il potere. Il nemico, i nemici, sono gli Infetti, alleati di quei cani diventati improvvisamente indipendenti e feroci, e capitanati da Maria, ex valletta televisiva, piombata in una spirale di violenza e perdizione. Torturata e violentata all’inverosimile da persone apparentemente normali, Maria – il cui nome viene sussurrato dal vento – riuscirà a fuggire e entrare in comunione con i branchi di cani che circondano la città, e insieme al Majarzu (una sorta di sciamano della tradizione sarda) guiderà gli infetti e i derelitti rifugiatisi nelle campagne e nel sottosuolo, e con i quali cercherà di uccidere e annientare gli abitanti della città, bambini esclusi.
Questa è per sommi capi la trama. In realtà si tratta di un romanzo fiume di 670 pagine dove decine di racconti, sotto trame e personaggi si incontrano e si incrociano, fino al criptico e per nulla consolatorio epilogo.
Anche ne Il Grande Nudo l’autore utilizza parole e modi di dire tipici della lingua sarda e del dialetto sassarese, finalmente tradotti e spiegati grazie alle note, a uso e consumo dei “continentali”.
Ho accennato a inizio recensione ai difetti del romanzo, ma rileggendo quanto ho fin qui scritto, mi rendo conto che non si tratta di difetti, ma di caratteristiche peculiari dello stile narrativo di Tetti, che per alcuni potrebbero essere di non facile lettura. Mi riferisco ad esempio all’estrema frammentarietà delle storie, che su un romanzo breve come Mette Pioggia risulta piacevole e sorprendente, mentre in un tomo importante come il Grande Nudo finisce per dilatare i tempi di lettura. Poi però, arrivati alla fine, si ha voglia di andare avanti, motivo per cui leggerò quanto prima I Cani La Fuori, primo libro della Trilogia del Vento, di cui Il Grande Nudo, insieme a Mette Pioggia, fa parte.