Alessandro De Roma è un giovane autore Sardo, già tradotto all’estero, i cui ultimi lavori sono stati pubblicati da Einaudi. La Fine dei Giorni è la sua seconda opera, pubblicata da Il Maestrale nel 2008, che segue di un anno Vita e Morte di Ludovico Lauter, ottimo esordio apprezzato dalla critica.
Romanzo distopico e apocalittico al tempo stesso, ne La Fine Dei Giorni De Roma racconta una storia sicuramente fantascientifica ma con solide basi nel nostro presente, proiettato in un futuro non troppo distante dai nostri giorni.
Il protagonista e io narrante è Giovanni Ceresa, un insegnate quarantenne dal carattere riflessivo, a tratti pavido e incline alla malinconia. Le vicende prendono il via dall’improvvisa sparizione del signor Baratti, un pensionato che abita nel condominio in cui risiede lo stesso Ceresa. Gli abitanti del condominio non sembrano aver fatto caso alla strana sparizione, e molti addirittura non ricordano l’anziano signore. Lo stesso Ceresa, col passare dei giorni, si rende conto di non riuscire a mantenere vivo il ricordo del suo vissuto quotidiano. Inizia così a tenere un diario, dove registra tutto quello che gli capita e che vale la pena ricordare, nella speranza di riuscire a dare un senso agli eventi di cui non sa di essere ignaro protagonista. Quella di Baratti infatti non è l’unica sparizione dimenticata, mentre in una Torino sapientemente descritta si moltiplicano le persone in preda alla demenza, gruppi di senzatetto più o meno lucidi vagano per le strade, orde di cannibali abitano i cimiteri e bande di delinquenti militarizzati si barricano nei centri commerciali.
Nella sua ricerca meticolosa, Ceresa riesce a far riemergere il ricordo di alcuni eventi significativi che hanno segnato la sua esistenza, tra i quali un inquietante test ministeriale che precede la maggiore età, e che sembra collegato a una drammatica e scabrosa vicenda familiare. Il flusso dei ricordi scaturisce mentre percorre in lungo e in largo una Torino man mano sempre più spopolata e in preda al caos, coi negozi vuoti e le strade desolate e pericolose. L’unico ad aiutarlo in questa affannosa ricerca è Willy, un amico apparentemente immune alla perdita selettiva della memoria.
Romanzo davvero molto bello, scritto perfettamente e mai inutilmente prolisso. I misteri che il protagonista tenta di risolvere vengono svelati con sapiente tempismo, caratteristica che contribuisce a tenere il lettore incollato alle pagine. Purtroppo, l’espediente scelto da De Roma per concludere la vicenda e tirare i fili di tutta la storia, somiglia troppo a un infodump mascherato, e l’alchimia creata col lettore sembra improvvisamente disciogliersi nel brusco cambio di registro narrativo. Peccato, perché il romanzo, fino a quel momento, rasentava la perfezione.
Poco male. La Fine dei Giorni rimane comunque un romanzo superbo, per appassionati del genere e non, di cui volutamente evito di svelarne gli evidenti riferimenti alla nostra attualità politica, economica e sociale. Leggetelo e capirete il perché.