Margaret Atwood (Autore), R. Belletti (Traduttore), Copertina flessibile: 303 pagine, Editore: TEA (29 ottobre 2009), Collana: Teadue
Per qualche strano motivo in vita mia ho letto pochissimi libri scritti da autrici del gentil sesso (definizione abusata, ma scrivere donne o femmine mi suonava cacofonico). Non ho granché voglia di spiegare questa anomalia, anche perché non credo di avere argomenti sufficientemente validi a mio discapito. Dico soltanto che, generalmente (e colpevolmente), associo la narrativa femminile ai quei generi dai quali mi tengo volentieri a debita distanza: young adult, saghe varie, trilo/quadrilogie assortite, triller piccanti e porno patinati.
E siccome nel 99% delle cose che leggo tengo conto della storia e non chi l’ha scritta (salvo POI appassionarmi a questo o quello scrittore), ecco spiegato in buona sostanza il motivo per cui ho avuto così poco a che fare con signore scrittrici.
Detto questo, vista la mia passione (ossessione?) per i romanzi ad ambientazione pre e post apocalittica, mi sono imbattuto in questo L’Ultimo degli Uomini, della scrittrice canadese Margaret Atwood.
Avevo letto qualcosa in passato a proposito di questa autrice, ma senza approfondire. La immaginavo come una sorta di Doris Lessing un po’ più femminista e un po’ più dedita alla fantascienza (in realtà la fantascienza è un parte quantitativamente minoritaria della sua produzione), oppure un Orwell Donna dei nostri tempi che usa la fantascienza come medium utile a veicolare un certo tipo di speculazione socio politica.
Ok, sto vaneggiando. Torniamo a L’Ultimo degli Uomini. Il romanzo narra in prima persona le vicende di Jimmy/Uomo delle Nevi, dalla comoda infanzia trascorsa all’interno di un “recinto”, sorta di campus/eden/azienda per ricchi dipendenti di multinazionali dell’industria genetica, alla difficile e solitaria esistenza in un mondo post apocalittico abitato da strani animali mutanti e da una razza post umana, i Figli di Crake, che a loro volta considerano il protagonista un messaggero dei “creatori” Crake e Oryx.
Crake e Oryx (titolo originale del romanzo) sono in realtà gli altri due protagonisti della storia. Il primo è un geniale amico d’infanzia di Jimmy/Uomo delle Nevi, divenuto poi scienziato e messo a capo di un importante progetto genetico. Oryx è invece una bambina asiatica, sfruttata sessualmente fin da piccola e protagonista di alcuni video pornografici che catturarono l’attenzione dei giovani Jimmy e Crake. In qualche modo Oryx, ormai donna, viene liberata e assunta da Crake in qualità di guida per i mutanti umani da lui creati.
Questa in sintesi la trama, senza troppi spoiler. Veniamo alla “critica” (mi fa un po’ impressione usare questo termine). Il romanzo è avvincente, ben scritto e ben tradotto. Si legge facilmente, senza pause e senza cali di ritmo. Sottilmente ironico – a tratti spassoso – e scientificamente ben documento e abbastanza coerente.
Ovviamente non è tutto oro ciò che luccica. Mancano, a mio modo di vedere, delle parti autenticamente drammatiche, o quando ci sono non vengono rese al meglio. Il finale è un po’ troppo sbrigativo. Ma si tratta di dettagli. Il libro è veramente bello e vale la pena leggerlo. E non rimarrà l’unico della Atwood in bella mostra tra gli scalfali della mia libreria.
Copertina flessibile: 303 pagine
Editore: TEA (29 ottobre 2009)
Collana: Teadue