Sarà che l’avrò letto senza la necessaria attenzione, ma questo L’Onnipotente di Michele Vaccari mi lascia un po’ con l’amaro in bocca.
Vaccari pare avere una spiccata padronanza della lingua italiana, ma lo stile appare abbastanza pesante e pomposo. Periodi interminabili, spesso senza punteggiatura, con iperboli linguistiche che si aggrovigliano apparentemente senza capo ne coda, salvo poi dover tornare indietro per riprendere il filo del discorso. Oppure si passa avanti e pazienza se non si è colto il senso.
Alla fine la storia sembra interessante, e personaggi sufficientemente caratterizzati, ma a volte troppo caricaturali, troppo eccessivi.
L’Onnipotente narra le gesta di un potente, figlio di potenti, che ambisce al trono di Pietro, massima aspirazione per chi ha nell’ambizione, nell’attitudine al comando e nella brama di potere la propria ragione d’essere. Diventare Papa per governare le coscienze.
E per far questo mette da parte la sua di coscienza. Cosa che gli viene facile, visto che non ne ha mai avuta una realmente cristiana. Tutto suo padre: politico di razza che persegue il fine e si sbarazza dei mezzi.
Provate a leggerlo, ma con attenzione.