Sciacallaggio al contrario, o di riflesso. Ecco di cosa si tratta. Mettendo un attimo da parte le esternazioni quotidiane di Gianfelice Facchetti, che in quanto figlio del compianto Giacinto gli si può perdonare la mancanza di senso della misura (sarebbe utile capire chi sono i “quattro barboni” che attaccano il ricordo del padre), ritengo vergognose e immorali le esternazioni quotidiane in difesa della memoria del celebre presidente dell’Inter, scomparso poco dopo i fatti di Calciopoli.
Tutti pronti a gridare “Giù le mani da Facchetti”. Tutti pronti a sparare raffiche di “sciacalli” al vento. Ma i veri sciacalli sono loro. Nessuno, NESSUNO, di quelli che in questi giorni stanno esaminando e commentando le intercettazioni telefoniche scovate dalla difesa di Moggi (buona parte delle quali vedono proprio Facchetti quale interlocutore di designatori vari), si è mai sognato di dire che Facchetti era un farabutto, o un poco di buono, o un disonesto, per chiamare le cose con il proprio nome.
Tutti, da Moggi all’ultimo dei tifosi Juventini, sono concordi nel dire che Facchetti era un galantuomo. E’ la premessa standard di qualsiasi discorso che abbia a che fare con i fatti di Calciopoli 2. Oltre che una verità storica è diventato quasi un luogo comune. Facchetti era un galantuomo. Siamo tutti d’accordo. Punto. Che bisogno c’è di difenderne la memoria a spada tratta o di cecchinare in continuazione qualsiasi commentatore si permetta soltanto di pronunciare il suo nome?
E’ una forma di difesa isterica, diciamolo, una coda tra le gambe che non riesce a rimanere ferma.
Un muro dietro il quale nascondersi.
E questo è vero sciacallaggio. Difendetevi con argomenti validi, non nascondendovi dietro una bara. Lasciate in pace i defunti, nessuno li accusa. Cercate di difendere, se ci riuscite, le vostre azioni e le vostre responsabilità. Il vostro definirvi paladini degli onesti.
Il Re è nudo. E vivo. Difendete quello.